Disincanto – La recensione della nuova serie animata targata Matt Groening

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Disincanto, la nuova serie tv Netflix, giunge sul piccolo schermo per dissacrare i vari stilemi del genere fantasy, strappando qualche risata e affascinando lo spettatore per lo stile visivo, che Matt Groening ha scelto di adottare per questa sua nuova avventura.

Ispirata leggermente alle ambientazioni di Game of Thrones, Disincanto opera riesce ad intrattenere il pubblico di riferimento, divertendolo e delineando una storia godibile, seppur a tratti prevedibile. Un intreccio narrativo che con il passare degli episodi, si fa maggiormente marcato e distinguibile, andandosi a differenziare così dallo stile ciclico de I Simpson, ormai inadeguato per questa generazione.

Se nel 1989, sia per la società dell’epoca e sia per l’artista Matt Groening, il concetto di famiglia da proporre in televisione seguiva dettami classici, oggi, dopo essere passati da Futurama ed infine giunti a Disincanto, questo dogma viene infranto e sostituito con uno più moderno. Il concetto di madre, padre e figli viene così cambiato con uno più attuale e che vede negli amici, dei perfetti sostituti dei parenti e dei genitori, spesso imposti dalla vita e mal sopportati.

Una famiglia composta dalle persone che un individuo decide consapevolmente di avere accanto a sé e con cui scegliere di condividere un’avventura, che non è altro che la vita stessa. Questo è il fulcro della nuova serie targata Netflix; un prodotto che sceglie consapevolmente di seguire una scia politica, già tracciata da film come I Guardiani della Galassia di James Gunn e che vuole aprire le braccia alle differenze e svegliare le giovani coscienze, portandole a discostarsi da delle antiche concezioni.

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I punti di forza di Disincanto si possono trovare sicuramente nel mondo delineato da Matt Groening e nella costruzione di alcuni personaggi chiave, sempre carismatici ed iconici.

Partendo dall’atipica ed anticonvenzionale principessa Tiabeanie, fino ad arrivare al demone Luci, tutti si dimostrano ben caratterizzati e con un qualcosa da dire. Figure fuori dagli schemi, antieroi ed emarginati, pronti a vivere odissee sgangherate e assurde, ma pur sempre divertenti. A colpire lo spettatore quindi è anche la fantasia degli eventi che appaiono sullo schermo, situazioni che mettono sempre a dura prova i vari personaggi, che si ritrovano quindi a fronteggiare il fato e la società nei quali vivono.

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Una scelta classica e tradizionale, che da però modo al pubblico di esplorare il mondo nel quale si dipanano le vicende e di scoprire come funzionano alcune meccaniche sociali al suo interno. Matt Groening offre così un prodotto variegato, colorato e con uno stile accattivante, che sa prendere forza dai prodotti sui cui ironizza, ma da cui trae ispirazione. Una serie tv in grado di allietare lo spettatore per diverse giornate, nonostante alcuni imperdonabili ed evidenti difetti. Disincanto infatti non è un prodotto impeccabile, ma bensì ricco di sbavature ed imperfezioni che purtroppo non gli consentono di raggiungere un livello tale da rendere tutti quanti contenti ed appagati. La ripetitività di alcuni eventi, in aggiunta ad una storia che trova una certa fatica ad ingranare ed a trovare una sua forma, non consentono al pubblico di affezionarsi fin da subito alla serie, facendo subentrare prima una noia indesiderata. Un problema che si acutizza maggiormente con il binge watching serrato e che non permette al prodotto di sedimentarsi adeguatamente e di prendersi il suo giusto spazio.

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Difetti che tuttavia consentono ugualmente a questa serie tv di essere godibile, di emozionare e di strappare qualche sincera risata, anche allo spettatore più ostico e distaccato.

Un serie che purtroppo recentemente è stata ingiustamente affossata da alcuni detrattori su internet che, molto probabilmente, non ricordano con chiarezza ed onestà come era Futurama. Un’opera che nonostante la genialità e l’umorismo di molti episodi, trovava i suoi limiti e le sue imperfezioni in una sceneggiatura poco coraggiosa. Accostando i due prodotti infatti si può notare come entrambi riescano a trovare la loro forza nell’ambientazione e nei personaggi iconici che riescono a creare, ma siano rallentati tutti e due davanti a limiti dettati dalla ciclicità di alcune situazioni.

Un problema che in Disincanto però trova una maggiore prepotenza, sia a causa di una società ormai troppo abituata a prodotti seriali dal ritmo serrato e sia per le aspettative decisamente elevate da parte del pubblico, non del tutto rispettate. Il risultato quindi è un’opera che si lascia guardare piacevolmente, che sa emozionare, ma che tutto sommato non riesce a reggere il paragone con le sue rivali come: Bojack Horseman o Rick and Morty.

Quello che è mancato maggiormente a Disincanto è stato quindi il coraggio essere più cinico, di portare avanti una trama più elaborata ed intricata e di distaccarsi fortemente dagli altri prodotti contemporanei, lasciando così un segno ben più marcato e piacevole. Una scelta che ha portato quindi alla luce una torta dall’ottimo sapore, ma di cui tutti noi ormai conosciamo benissimo il gusto.