Focus: cos’è il piano-sequenza?

Un viaggio dentro il Piano-Sequenza, cos'è e come dovrebbe essere usato e alcuni esempi di grandi piano-sequenza della storia del cinema

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da Orson Welles ad Alejandro G. Iñárritu

La sequenza è un’insieme di scene che rappresenta un’unità narrativa. Mentre la scena cambia nel momento in cui cambia l’unità di spazio e/o di tempo, la sequenza non necessita di una continuità spazio-temporale. Quando quest’ultima è girata in un’unica inquadratura, quindi senza stacchi e senza un montaggio, che in questo caso si può dire “interno”, si parla di piano sequenza.
Tale tenica è resa popolare, insieme all’uso del grandangolo e della profondità di campo, dal rivoluzionario Orson Welles, nel film Quarto Potere del 1941.

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Nodo alla gola – A. Hitchcock.

Tra i primi a fare un uso importante di questa tecnica ricordiamo Alfred Hitchcock, con Nodo alla gola del 1948. Il regista aveva l’ambizioso progetto di girare l’intero film in un unico piano sequenza, ma le scarse possibilità tecniche dell’epoca non gli consentirono di realizzarlo. Quello che infatti appare come un film da un’unica lunga inquadratura si rivela essere costituito da 10 lunghi piani sequenza, sovrapposti nel momento in cui la mdp (macchina da presa) inquadrava superfici nere o uno dei protagonisti le passava davanti ricoprendo l’intera inquadratura. Il risultato è comunque ottimale e moderno, non solo per la tecnica con cui il film è stato girato ma anche per il modo in cui riesce a mantenere alta l’attenzione, come solo Hitchcock era in grado di fare, restando sempre in un unico ambiente, ovvero l’appartamento dei protagonisti.
Molti anni più tardi sarà Alejandro Gonzalez Inarritu a riproporre la stessa tecnica con Birdman (2014), ai lettori sicuramente più familiare. Anche qui non si tratta di un’unica ripresa, ma di un’insieme di più piani sequenza, montati insieme nell’arco di due settimane.
Il film che è riuscito nell’impresa è Arca russa, diretto da Aleksandr Sokurov. 96 minuti ininterrotti di ripresa fanno di questo film un gioiello del cinema russo. La ripresa, avvenuta nel palazzo dell’Ermitage di San Pietroburgo, è riuscita al quarto tentativo.

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Arca Russa – A.Sokurov

Un oggetto di scena fuori posto, un errore da parte degli attori o dell’operatore della steadicam, Tilman Büttner, avrebbe significato un’interruzione della ripresa e la ripartenza dal primo secondo del film. L’unico elemento aggiunto successivamente, in fase di montaggio, è il suono. Questo lungometraggio del 2002 merita di essere visto già solo per il grande lavoro che c’è dietro, per la dedizione e l’ambizione che ha portato ad un risultato unico.

Tuttavia questa tecnica oggi molto popolare, che da tempo ormai è preferita da molti registi hollywoodiani rispetto al montaggio narrativo ed il découpage classico, ha avuto nel corso degli anni anche e sopratuttto un utlizzio ridotto rispetto alle opere di Innaritu o Hitchcock, regalando comunque un risultato eccezzionale. Jean-Luc Godard con À bout de souffle (1960) sperimenta la tecnica,realizza piani sequenza fissi, in movimento, o ancora, con movimenti laterali, accompagnati da una maggiore liberà della messa in scena, lasciando spazio all’improvvisazione e rompendo con le regole del montaggio narrativo. In generale, tutta la sua prima produzione, insieme a quella di altri registi della Nouvelle Vague, va a riassumere la produzione di autori precedenti, come il già citato Hitchcock.

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Nel 1977, con il film Una giornata particolare di Ettore Scola, ritroviamo l’utilizzo del piano sequenza, la macchina da presa infatti dall’esterno dell’edificio entra all’interno dell’appartamento senza compiere alcun tipo di stacco. Nel 1975 invece Michelangelo Antonioni sceglie di adoperare un’unica “sequence shot” per il meraviglioso finale di Professione: reporter con un piano sequenza di circa 8 minuti.

Parlando di un film recente, non possiamo non citare il piano sequenza di sei minuti (composto da tre riprese abilmente montate) di La la Land. Il film di Damien Chazelle del 2016 inizia con la prima, ma non ultima, ripresa continua di un numero musicale: senza dialoghi e titoli di testa, riesce in pieno a immergere lo spettatore nel mondo sognante e colorato del film.

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Il piano sequenza è andato a sottolineare l’importanza della singola inquadratura, ma soprattutto della sua composizione. Inoltre va ad amplificare l’immersione dello spettatore all’interno del film, del mondo creato dal regista. L’assenza di stacchi, l’assenza di salti temporali, che siano brevi o lunghi, rende il nostro sguardo continuo, soddisfacendo una sensazione di intimità svelata.

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Birdman – A.G. Iñárritu.

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