Le versioni di Blade Runner – Come approcciare il capolavoro di Ridley Scott

versioni di Blade Runner
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Ve lo state ripetendo da anni: “Mo’ lo vedo, è considerato un capostipite del cinema fantascientifico, è anche uscito il sequel e non ho ancora visto il primo, prima o poi mi tocca vederlo”.

Beh, sappiate che ci sono un paio di consigli che potrebbero aiutarvi nell’approcciarvi per la prima volta alle diverse versioni di Blade Runner. 

Quest’immortale opera d’arte su pellicola ha contribuito a plasmare il concetto odierno di fantascienza cinematografica, ma potrebbe rischiare di lasciarvi altamente perplessi senza le dovute premesse.

Partiamo subito con una secca constatazione: a meno che non siate cinefili navigati, c’è la possibilità che Blade Runner possa non piacervi ad una prima visione. O meglio, più che non piacervi, potrebbe lasciarvi parzialmente indifferenti. Questo perché a parità di uno stile visivo di cui è impossibile non riconoscere la qualità anche ad una prima visione, il film è caratterizzato da una complessità tematica difficile da assimilare in una sola volta.

Ciò che in Blade Runner viene spiegato a voce alta occupa una percentuale esigua.

La sua cifra narrativa, assolutamente unica e irripetibile, è basata sull’ambiguità che ruota attorno al protagonista e ai suoi silenzi, privando lo spettatore di un personaggio centrale con cui entrare in sintonia come una sceneggiatura classica prevede. E sono proprio questi silenzi che potrebbero rendere difficoltoso recepire quali siano le motivazioni degli antagonisti e la logica dietro le loro azioni.

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Roy Batty (Rutger Hauer) assieme a Pris (Daryl Hannah).

Ma ricordate: quello che state vedendo è un film che ha scritto la storia del cinema, su cui sono stati basati libri e analisi di ogni tipo, e che a distanza di 36 anni continua a far discutere attivamente su moltissimi suoi aspetti.

Sarebbe troppo facile etichettarlo bruscamente con un classico “A me non trasmette niente”; un errore madornale da non commettere. Una prima visione può lasciare spaesati, ma dev’essere nell’interesse dello spettatore dedicare al film ulteriori visioni per prendere confidenza col suo linguaggio e sciogliere l’intreccio che lo contraddistingue. Non darsi per vinti è la regola d’oro, al fine di abbracciare finalmente il massimo del potenziale che l’opera di Scott tratta dal romanzo Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick ha da offrirvi.

Ma tra le tante, qual è la versione migliore del film per una prima visione?

Dalla sua uscita nel 1982 ne sono state rilasciate ben sette: la Workprint Version, la San Diego Sneak Preview, la Domestic Cut, l’International Cut, la US Broadcast Version, la Director’s Cut e la Final Cut. Di queste, quelle più facilmente reperibili sono l’International Cut, la Director’s Cut e la Final Cut.

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“Sushi: così mi chamava la mia ex moglie. Pesce freddo”. Ma… c… cosa?! Quale ex moglie? Deckard non ha nessuna ex moglie!

LInternational Cut, che venne distribuita su larga scala nel 1982, si differenzia dalle altre due per essere stata pesantemente manomessa dalla produzione del film.

Insoddisfatta dai risultati degli screen test volle assolutamente conferirle un aspetto più “familiare” per il pubblico dell’epoca. Vi troviamo così la presenza di un voice over estremamente lezioso e innecessario, oltre ad essere recitato palesemente controvoglia da Harrison Ford. Privato dell’ambiguità che caratterizza la figura del protagonista, Blade Runner perde un’enorme fetta del suo fascino. Una versione orfana di un grande interrogativo riguardante il personaggio di Rick Deckard che dal rilascio della Director’s Cut arroventa le teste dei fan di tutto il mondo.

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ll finale viene letteralmente stravolto nell’International Cut, apparendo tonalmente fuori luogo rispetto il resto del film. La sua sbrigativa narrazione presenta innumerevoli illogicità e contraddizioni, rivelando gli intenti puramente commerciali che hanno portato alla sua aggiunta. Per questo finale inoltre vennero utilizzate delle riprese aeree scartate da Stanley Kubrick per la sequenza di apertura di Shining.

Tale versione viene oggi considerata da molti obsoleta e non canonica.

La Director’s Cut, rilasciata nel 1992, vede per la prima volta la rimozione del voice over e del finale cinematografico, oltre all’aggiunta di una scena onirica cruciale nella lettura del protagonista. Viene inoltre corretto un errore di continuity presente in un dialogo all’inizio del film. La Final Cut infine, rilasciata nel 2007, è fondamentalmente una versione restaurata e rimasterizzata della Director’s Cut, e si differenzia da essa per l’aggiunta di dettagli particolarmente gore, oltre che per le significative migliorie effettuate su alcuni effetti speciali e sull’aspetto cromatico del film.

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Tra le versioni di Blade Runner questa è quella dove Ridley Scott ha avuto più libertà, divenendo quasi una scelta obbligata per una prima visione.

Ma c’è un però.

Nonostante la Final Cut sia la versione più esteticamente pregevole e fedele alle intenzioni del regista, la sua rarefazione narrativa renderà certamente difficoltosa la sua totale comprensione ad una prima visione. L’International Cut presenta invece una voce narrante effettuata dal protagonista, dannosa per l’atmosfera del film, ma che rimane comunque una narrazione. Il protagonista, seppur in maniera grossolana, dà voce ai suoi stati d’animo e facilita la comprensione di diversi passaggi della storia, aiutando lo spettatore a prendere maggior confidenza col suo intreccio, che magari ad una prima visone poteva apparire a tratti troppo criptico. Chiarificazioni che ovviamente, una volta apprese, non saranno più necessarie per visioni successive.

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Per questo motivo, dopo aver visto la Final Cut, la visione dell’International Cut è consigliata; a patto di scordarsela subito dopo per tornare a guardare in terza visione la Final Cut, pronti a godere della reale entità della poetica del film con le necessarie consapevolezze.

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“I’ve seen things…”

Infine c’è da specificare una cosa: Blade Runner è probabilmente uno dei film più consigliabili da visionare in lingua originale.

Questo perché quella recitativa è una componente fondamentale nella costruzione delle sue atmosfere, e non esiste doppiaggio in grado di replicare fedelmente tale eccellenza. Soprattutto nella recitazione di Rutger Hauer nei panni del replicante Roy Batty, e nel suo celeberrimo monologo che viene identificato come uno dei momenti più intensi di tutta la storia del cinema. In quella manciata di secondi, ogni sua singola parola, ogni pausa, ogni cadenza è semplicemente qualcosa di intoccabile, e vedere tale monologo coperto dal doppiaggio va a limitare enormemente la carica emozionale di quella che è la scena madre del film.

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Gaff (Edward James Olmos)

Inoltre, e questo è ancora più importante, nel finale viene pronunciata dall’ambiguo personaggio di Gaff una battuta che ribalta totalmente le carte in tavola.

Una frase capace di mettere in discussione tutto ciò che si è visto fino a quel momento. Battuta che, inspiegabilmente, in italiano è stata tradotta in un modo che semplicemente non corrisponde al suo significato originale, rischiando di rendere lo spettatore ancora più perplesso di quel che dovrebbe essere e privandolo di una chiave di lettura fondamentale.

Bene, ora che avete le idee più chiare su come visionare le versioni di Blade Runner cosa state aspettando? Avete già rimandato fin troppo, correte a vedervi questa perla intramontabile, possibilmente nell’ordine suggerito: Final-International-Final; per poi dedicarvi al sequel che è un altro bel paio di maniche.