Credits: Ozzy Osbourne/ Getty Images / Randy Holmes
Indice
Condividi l'articolo
Principe delle Tenebre, padrino dell’heavy metal, icona senza tempo… ma anche semplicemente un pazzo scatenato a cui non si poteva che volere un gran bene. Tutto questo è stato Ozzy Osbourne, e ci mancherà tantissimo
Ozzy: icona senza tempo
Ozzy: basta dire questo nome per evocare tutto un universo. Non occorreva esserci ai tempi gloriosi dei Black Sabbath, negli anni ’70, nei giorni mitici della nascita dell’heavy metal. O nemmeno nei primi anni ’80, con le schitarrate di Randy Rhoads e l’incidente con il povero pipistrello. O nei primi anni ’00, con il reality su MTV che faceva discutere ma anche ridere tutti.
Non occorreva perché tutti sapevano chi era Ozzy Osbourne. Non occorreva neanche essere appassionati di metal o di hard rock, perché l’eco delle sue gesta era giunto in ogni dove e di suoi fan – da Elton John a Post Malone – se ne contavano anche tra le schiere di chi faceva e fa musica ben diversa.
Metal e autenticità
Un’icona se mai ce n’è stata una, Ozzy ha conquistato le platee, i fan, la critica (più o meno) e gli spettatori essendo sempre solo sé stesso: un pazzo, in parole povere – infatti il suo secondo album da solista, del 1981, si intitolava Diary of a Madman – ma stranamente talentuoso, convincente proprio perché sincero, con tutti i suoi difetti e le sue sregolatezze.
Certo, nessuno mette in dubbio che il suo successo nella musica si sia dovuto ad almeno tre brillanti chitarristi che gli hanno sempre fornito terreno su cui crescere – Tony Iommi, Randy Rhoads e Zakk Wylde – ma gran parte del merito si trovava certamente nella sua personalità dirompente, autentica, senza filtri.
Crazy, but that’s how it goes Millions of people living as foes Maybe it’s not too late To learn how to love And forget how to hate
Crazy Train, 1980
Mito, cantante, artista… amico
Una personalità che nelle sue canzoni ha sempre unito una passione sinistra per l’oscurità, i demoni, l’occulto, il gotico e tutto quel che di “cimiteriale” esisteva nella cultura pop ad un songwriting diretto e poetico, autobiografico, provocatorio e filosofico ma anche sensibile e spesso riflessivo.
Dai primi successi dei Black Sabbath come Paranoid e War Pigs, che denunciavano l’alienazione della condizione umana e le dinamiche grottesche dietro le guerre, a Crazy Train – in cui cantava: “Forse non è troppo tardi per imparare come amare e dimenticare come odiare” – Ozzy ha sempre spinto verso un messaggio di speranza, di consapevolezza, di comprensione.
Ecco perché nonostante la figura così “cupa” che si è sempre premurato di proiettare, tutti capivano come si trattasse in realtà di un essere ferito e resiliente, pronto a condividere la propria esperienza e le proprie paure per aiutare tutti quanti ad esorcizzare le ombre di questa nostra esistenza.
Nato nel 1948 e morto nel 2025 con il Morbo di Parkinson, dopo un ultimo concerto seduto su un trono in fin di vita ma attorniato e osannato da miriadi di musicisti che gli dovevano tutto, Ozzy se n’è andato come è vissuto: con gran fulgore, inneggiando alla voglia di vivere e di essere sé stessi – e specialmente, se possibile, a farlo nel modo più “metal” possibile.