Linkin Park – Meteora | RECENSIONE

Un album impresso nella memoria di una generazione

Linkin Park - Meteora
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Sono passati ben 20 anni dalla pubblicazione di Meteora, secondo album in studio dei Linkin Park. Due decenni possono enormemente pesare su un’opera d’arte, di qualsiasi settore, possono rendere quel materiale sorpassato a livello tematico, tecnico o situazionale. Se si lasciano da parte le emozioni e la pura malinconia questa alterazione di percezione può arrivare nella maggior parte dei casi, nel momento in cui si rispolvera un vecchio disco o ci addentriamo in nuove scoperte dal sapore vintage. Vien da sé che se un brano parla di Vietnam lo si possa tranquillamente traslare a situazioni affini ai giorni d’oggi ma potrebbe benissimo rientrare nella categoria su detta.

Meteora ha una doppia faccia. Musicalmente si capisce subito che si sta parlando di un album degli anni 2000 dove i suoni iniziavano a gonfiarsi e le dinamiche ad appiattirsi in favore di un impatto più diretto. Anche l’uso del dj in ambito rock/metal aiuta immediatamente a capire in che periodo storico ci troviamo e tutto questo fa finire quest’album tra i ricordi malinconici, tra sonorità del passato. Ci teniamo a precisare che non c’è niente di brutto o sbagliato in tutto questo, anzi, ma c’è semplicemente da analizzare quanto un dato disco, un dato brano, sia forte contro la prova del tempo.

Continuum musicale

Seguito diretto di un devastante album di esordio (qui la nostra recensione di Hybrid Theory), i Linkin Park utilizzano la tattica della “squadra che vince non cambia“. Meteora infatti suona come una vera e propria estensione del primo album. Alcuni critici dell’epoca penalizzarono questo secondo progetto proprio per il poco coraggio e per non aver osato di più. Fatto sta che, seppur le sonorità siano pressoché identiche, Meteora si pone come gradino evolutivo rispetto al già incredibile Hybrid Theory. Questo perché, oltre ad approcciarsi a nuove visioni musicali che abbracceranno poi negli album successivi, Meteora mette in evidenza l’incredibile alchimia che si era formata nel gruppo.

I toni, già duri in passato, diventano ancora più maturi per quanto riguarda i testi scritti da Mike Shinoda e da Chester Bennington. Rabbia, depressione e sofferenza diventano ancora più preponderanti all’interno di questo secondo disco. L’immenso successo sembra quindi non aver alleggerito l’animo della band che ha invece mantenuto un forte impatto sonoro ed emotivo in questo secondo progetto. Le prime demo dell’album furono nuovamente registrate nello studio della stesso Shinoda per poi passare ancora una volta sotto le sapienti mani di Don Gilmore, già produttore di Hybrid Theory.

Cavalcando l’onda del successo, Meteora riesce a confermarsi tra i fan del primo album ma soprattutto abbraccia nuovi fan ponendosi come ponte tra gli ascoltatori di musica alternativa e fruitori più casual. Sono anni decisamente particolari per il mondo musicale dove la vecchia concezione di pop stava crollando sotto l’ascia della monotonia di melodie sempre più simili tra loro da troppi anni. In questa decadenza si sono imposte quindi band che portavano uno stendardo diametralmente opposto, le smielate canzoni d’amore han lasciato la piazza a temi più crudi, individuali e che riflettevano meglio la società del momento.

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Linkin Park, supereroi del 2000

Nella recensione di Hybrid Theory abbiamo definito quell’album un faro generazionale. Questo perché vediamo la band in oggetto una sorta di Spiderman, l’emarginato che riesce a emergere fino a diventare una vera icona. Come il supereroe Marvel infatti Bennington e compagni indossavano la maschera dei Linkin Park per riflettere in musica problemi esistenziali, ansie e paure molto comuni nei giovani quali anche loro erano. Una nuova flotta di ascoltatori si rispecchiava in loro, nei loro problemi e nel loro essere nuovi. Negli anni ’60/’70 si parlava di Vietnam, una realtà purtroppo vicina a molti giovani. La musica tradusse i loro conflitti, le proteste sociali e gli orrori vissuti per renderli fruibili anche a chi poteva soltanto immaginare quel mondo.

I Linkin Park, così come tutta la nuova avanzata nu metal e alternative rock di quel periodo, si rivolsero alla propria generazione proprio come le grandi band del passato si rivolsero alla propria. Una società alienante figlia di cambiamenti socioeconomici velocissimi dove il capitalismo trascrisse un nuovo capitolo. L’individualità era sempre più pressante e la socialità sempre più ridotta lasciando così i più deboli ed emarginati ai lati di un’autostrada frenetica e senza meta.

Così i Linkin Park trascrissero queste ansie nei loro testi. La delusione del prossimo e la non fiducia in se stessi portano a delle conseguenze oppure a delle rinascite. Perché per quanto i brani presenti in Meteora trasudino la sensazione di soffocamento di un individuo, in alcune strofe si può ritrovare il riscatto verso una persona, verso il mondo o verso se stessi. Dalla sfiducia di From the Inside e Lying from You al riscatto di Breaking the Habit e Numb passando dal crollo emotivo di Nobody’s Listening e di Hit The Floor. Un insieme di emozioni comuni a tutti gli esseri viventi che divennero un vero e proprio muro per una generazione intera.

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Un album completo

Il bellissimo video musicale di Breaking the Habit

Seppur, come già detto, Meteora può venir considerato una vera e propria estensione di Hybrid Theory, ne condivide anche la qualità generale. Le sonorità sono oltremodo definite, un muro di suoni corposi che aprono la strada alla graffiante e spettacolare voce di Chester Bennington e all’inconfondibile flow di Mike Shinoda. A conti fatti ogni canzone è perfetta nel suo essere e all’interno dell’insieme. Ascoltare Meteora senza uno dei brani presenti ne taglierebbe una fetta importante. Ogni pezzo si amalgama perfettamente e, per quanto i gusti personali possano dire volendo il contrario, ognuno di essi non dà l’idea di mero riempimento per arrivare al fatidico minutaggio.

Ogni singola canzone aveva la possibilità di divenire una hit, un’ottima hit. Pochi album hanno questo privilegio soprattutto quando si considera un disco che non sia l’esordio. In Meteora troviamo infatti tra i brani più iconici e rappresentativi della band: Faint, Somewhere I Belong, From the Inside, Numb e Breaking the Habit. Proprio quest’ultimo pezzo ci porta nelle sonorità che i Linkin Park utilizzeranno in modo massiccio nei lavori futuri.

Riesce quindi Meteora a superare la prova del tempo?

Un disco indubbiamente iconico e chiave per l’epoca di uscita. Seppur musicalmente sia molto legato al tempo in cui è uscito, con chitarre molto gonfie e fraseggi dedicati al djing, Meteora è una rappresentazione dell’animo umano. Riesce a dipingere la rabbia e la delusione verso se stessi e il prossimo in maniera universale, senza quindi tempo o stilemi. Gli scambi tra Bennington e Shinoda sono come voci che rappresentano un conflitto nella propria testa, un duo vocalmente agli antipodi che però mostrano un’alchimia quasi unica.

Meteora è quindi una vera e propria meraviglia musicale. Ed è proprio dalla meraviglia che ne prende il nome visto che la band rimase letteralmente affascinata dall’incredibile scenario delle Meteore in Grecia. Un disco che viaggia all’interno di chi lo ascolta e che mette a nudo le proprie emozioni, che sono talmente vere e reali da essere letteralmente universali. Quindi sì, Meteora è stato e sarà un album indimenticabile che ha decisamente vinto la prova del tempo.

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