John Frusciante – : I I . | RECENSIONE

Frusciante
NASHVILLE, TENNESSEE - AUGUST 12: John Frusciante of Red Hot Chili Peppers performs at Nissan Stadium on August 12, 2022 in Nashville, Tennessee. (Photo by Jason Kempin/Getty Images)
Condividi l'articolo

: I I . è il nuovo progetto elettronico di John Frusciante. Ecco che cosa ha tirato fuori questa volta

Ah, il buon vecchio, eclettico John Frusciante. Un momento prima improvvisa jam funk rock in studio con i fedeli Red Hot Chili Peppers, e un momento dopo eccolo al computer a produrre un disco dark ambient imperscrutabile e inesplorabile della durata di quasi due ore. Diciamolo: è per questo che ci piace.

E solo chi non conosce la sua discografia e l’elasticità del suo lavoro (basta tornare all’ultimo album, Maya; o alle sue produzioni come Trickfinger) si stupirà nel sentire un album come questo, che con la sua attività “classica” come chitarrista non ha assolutamente nulla a che vedere.

Diciamo le cose come stanno: : I I ., già a partire dal titolo, è un disco per pochi. Brani che si perdono in atmosfere ambient che richiamano la poetica di un Brian Eno e non fanno nulla per mettere a suo agio o per attirare l’ascoltatore. Qui c’è poco da fare: se conoscete i RHCP ma non avete mai ascoltato ambient, drone, minimalismo o lo stesso Eno, il disco non vi piacerà.

LEGGI ANCHE:  Mother's Milk - Il suono come nutrimento

Si tratta del classico esperimento dell’artista navigato e di successo che, come nel caso del nostro Frusciante, può permettersi di provare a fare tutto quello che vuole perché i suoi fan gli rimarranno comunque fedeli. Il discorso è che ci troviamo di fronte ad un compositore a tutto tondo, che conosce la musica a 360 gradi e che pretende, giustamente, una pari conoscenza da chi vuole capire quella che fa lui.

Questo per dire: l’album è buono? Assolutamente sì, per il genere che esplora e per il tipo di suoni che la creatività del chitarrista dei Red Hot Chili Peppers qui propone. Diciamo solo che, come tutti gli album ambient, va “sentito” più che “ascoltato” e funzionerebbe molto meglio con dei visual o accompagnato a dei corti o a un film.

In ogni caso, fantastico pensare che viviamo in un’epoca nella quale un anno prima uno come il nostro John si dedica a ben tre album chitarristici con i Red Hot Chili Peppers e poi, l’anno dopo, ad un lavoro elettronico criptico e ostico dalla natura inconsueta. Vent’anni fa ci saremmo sconvolti: oggi è normale e va benissimo così. Se non siete d’accordo, forse dovreste dare un’altra occhiata al calendario.

LEGGI ANCHE:  Californication: Crocevia del pop-rock - Rileggere la pietra angolare dei RHCP

Continuate a seguirci su LaScimmiaSente