A Teacher: la recensione della serie su Disney+

A Teacher
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A Teacher: una storia sbagliata è una serie del 2020 distribuita da Hulu e, in seguito da Disney+, che racconta la relazione proibita tra l’insegnante di liceo 32enne Claire e il suo studente diciassettenne, Eric. Composta da dieci episodi, tutti molto asciutti e scorrevoli, la miniserie vede al timone di produzione Hannah Fidell che del progetto è sia la regista che la creatrice, accanto a Jason Bateman e alla stessa Kate Mara, che nella serie interpreta la controversa insegnante Claire.

A Teacher: la trama

Ambientata ad Austin in Texas, A Teacher: Una storia sbagliata, racconta l’inizio e lo sviluppo della relazione tra l’insegnante d’inglese Claire Wilson e il suo studente Eric Walker. Non troppi anni di età li separano, come spesso il cliché insegnante-studente vorrebbe, ancora meno le affinità che i due hanno in comune li uniscono. Lei è una trentenne appena arrivata nel nuovo liceo, bloccata in un matrimonio statico con la speranza che l’arrivo di un figlio riporti quel ritmo necessario che il rapporto ha perso da tempo. Lui un ragazzo annoiato che ha dovuto sostituirsi in casa all’assente figura genitoriale maschile.

Ecco dunque che sul teatro del piccolo liceo di Westerbrook va in scena quello spettacolo di sguardi languidi e sospiri mozzati che fanno da preludio alle grandi passioni proibite che sono in procinto di esplodere.

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La produzione

La serie è tratta dal film A Teacher del 2013, realizzato sempre della stessa Hannah Fidell che ha curato la produzione la regia della serie, che è stata invece girata nel 2019 ad Alberta, distribuita da Hulu e in seguito dalla The Walt Disney Company.

A Teacher: la Recensione

il potenziale di A Teacher si avverte immediatamente già dai primi episodi, quando ci vengono mostrate le vite dei due protagonisti che procedono senza troppi scossoni verso una statica routine, a cui entrambi sembrano voler sfuggire alla prima occasione. Occasione che non tarda ad arrivare. Complice un semplice momento condiviso di fronte a un frappé, che funge da palliativo alla noia, e che da lì in poi si sviluppa come un semplice antidoto alla soporifera routine a cui i due protagonisti sono costretti.

Salvo poi esondare verso le dimensioni di una vera e propria relazione, da prima solo sessuale, poi sempre più sentimentale. I toni sono sintetici e diretti. Il personaggio di Claire non ci viene ingentilito in alcun modo. Ci viene presentata subito come una donna sfuggente e annoiata che resiste con poco stimolo alla trasgressione, per poi decidere di approfittarne senza troppe remore.

Eric è un ragazzo brillante ma con tutta l’inesperienza e l’ingenuità emotiva che contraddistingue la sua età. Questo è giusto sottolinearlo, perché durante la visione dei dieci episodi della miniserie, saltelliamo da diverse prospettive e stati d’animo differenti, circa la liaison tra i due protagonisti.

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Da prima crediamo si tratti di una torbida relazione, come tante se ne sono viste raccontare sul piccolo e grande schermo. Nonostante il ruolo che la qualifica e l’età superiore, Claire potrebbe sembrare una coetanea di Eric. Sembra che gli sceneggiatori puntassero proprio a questo, ovvero a farci percepire che in lei qualcosa a livello adolescenziale sia rimasto inespresso nel corso del tempo. Poi la relazione, da solo sessuale che era, si muove verso corde diverse, quelle emotive. Tra i due nasce improvvisamente un sentimento vero di cui tuttavia, agli spettatori, non viene più di tanto mostrata la crescita.

A Teacher

Ed è da questo punto in poi che il potenziale di A Teacher va un po’ a compromettersi.

Storie di questa caratura generalmente ci vogliono raccontare qualcosa di preciso. Possono volerci banalmente dire che il vero amore non ha età, che la passione quando scoppia travolgente, dilaga senza controllo nonostante le buone intenzioni dei protagonisti che ne sono afflitti, così come possono raccontarci le dolorose conseguenze che certi abusi emotivi possono avere, compromettendo futuro ed equilibrio di chi li ha subiti.

La sensazione durante la narrazione è che Hannah Fidell abbia voluto fare tutte le cose insieme, creando quindi un certo disordine, che porta lo spettatore a sentirsi un po’ pilotato nelle sue considerazione. Come se gli autori volessero di proposito farci prima capire, poi perdonare e poi odiare Claire ma usando sempre gli stessi elementi iniziali, senza traghettarci a fondo nella sua psicologia, così come in quella del giovane Eric.

Persino l’amore tra i due protagonisti manca di mordente. se riusciamo a capire come la passione possa essere inizialmente esplosa imprevedibilmente tra i due protagonisti annoiati e affamati di novità, il sentimento che a un tratto li muove ci risulta più difficile da inquadrare, dal momento che non ci viene mostrata una tridimensionalità del loro rapporto che lo giustifichi. Quando il caso poi scoppia nella soporifera cittadina e Claire viene messa alla gogna pubblica, l’accanimento su di lei è quasi crudele. Assistere al post carcere e a tutte le umiliazioni che subisce dalla comunità è qualcosa che mortifica anche lo spettatore.

Viene da pensare che gli autori volessero farcela perdonare a forza, a suon di umilianti confronti pubblici e denigranti incontri sessuali. Così come nel mostrarci come la vita accademica di Eric proceda più o meno ininfluentemente, se non con la morbosa attrazione che lo segue, dell’America che guarda ai sopravvissuti di certe storie, come a voler sbilanciare di proposito l’ago della bilancia.

Il finale di A Teacher che cambia improvvisamente rotta

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Eric non è niente altro che una vittima, il suo equilibrio mentale è irrimediabilmente corrotto. Passa dall’essere un universitario afflitto dai sensi di colpa, innamorato della sua ex insegnante, che deve riadattarsi a una vita post-adolescenza più classica. Torna ad essere una vittima di abusi che fatica a inserirsi nella società. Come se lui non avesse avuto alcun tipo di ruolo nella vicenda e fosse deresponsabilizzato dalle conseguenze, poiché protetto dall’invalicabile titolo di vittima sessuale.

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La comunità massacra Claire, umiliata nei peggio modi, che per metà della serie ci viene mostrata come fredda ed ermetica, con l’intento di mostrarci come certe dinamiche si abbattano in modi disuguali, a seconda dei sessi che le esercitano. Ma ecco l’ennesimo cambio di rotta improvviso. Claire si è ripresa alla grande, è una madre di famiglia con un imbarazzante losco segreto, due figliolette graziose e un marito adorabile che la ama nonostante tutto. Ha persino recuperato il rapporto con il padre negligente e tutto è archiviato.

La serie si chiude con il confronto tra i due. Lei si scusa (ma neanche tanto disperatamente) e lui che le rinfaccia tutte le fratture psicologiche con cui deve fare i conti, a causa del suo mancato senso etico. Questo finale così slegato dal contesto che ci è stato raccontato, ha il sapore sgradevole del moralismo forzato, con quel retrogusto appena accennato di #METOO che si spaccia per alternativo, mostrando una chiave del racconto ribaltata. La donna che abusa del suo ruolo e irretisce il povero adolescente ingenuo.

Il coinvolgimento va scemando

Questo continuo cambio di prospettiva è più probabilmente frutto della decisione di voler dire troppo. Si finisce così per far sentire lo spettatore dirottato, anziché scegliere coraggiosamente di mantenere un punto di vista preciso e volerlo sviluppare con sensibilità.

Si poteva valutare di raccontare Claire come una vittima delle sue stesse sconsiderate scelte e che, come può capitare, va incontro a un destino eccessivamente severo a causa della crudeltà pubblica, che non vede l’ora di sbranare il primo colpevole di turno. Raccontando come a volte, anche annichilire un colpevole diventa, a sua volta, una forma di colpa.

Si poteva raccontare una “semplice” storia d’amore proibita e, come già capitato su altri schermi, mostrare come certe passioni segnino ma nel contempo insegnino molto.

Si poteva puntare sulla dimensione psicologica e raccontare un dramma intenso, sulle conseguenze che un abuso emotivo lascia nella crescita di un individuo ancora troppo giovane e sprovvisto degli strumenti per riconoscerlo.

La sensazione finale quindi, dopo la conclusione di A Teacher, è che si poteva decidere di polarizzare il tema verso un unico metodo di lettura, svilupparlo in modo curato e offrire un prodotto intenso e ben diretto, mentre invece si è deciso di usare molte chiavi narrative, finendo per confondere lo spettatore.