Paesaggio dopo la battaglia: Vasco Brondi e i richiami per gli esseri umani

Vasco Brondi
Credits: seenINsoul / YouTube
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Vasco Brondi ritorna con un album intimo ed essenziale dal titolo autoesplicativo: Paesaggio dopo la battaglia

Il 2021 è un anno di grandi novità musicali e tra gli artisti che tornano a far sentire la loro voce c’è anche Vasco Brondi. “Il fu Le Luci della Centrale Elettrica” ritorna con un nuovo disco da poco più di mezz’ora di ascolto. Paesaggio dopo la battaglia è un album fatto di pezzi brevi, semplici e diretti che senza tanti giri di parole presentano il nuovo mondo del cantautore ferrarese.

Vasco Brondi si presenta per la prima volta solo con il suo nome e cognome. Niente Luci della centrale elettrica per questo nuovo progetto musicale nato anche dalle difficoltà che Vasco, come tutti dall’inizio della pandemia, si è trovato ad affrontare nell’ultimo anno. Il risultato è una raccolta di 10 brani dal carattere omogeneo che si ispirano alla natura, allo scorrere del tempo, al cambiamento umano e alla ricerca di senso. In fondo già in altri pezzi delle Luci e in particolare nel precedente album intitolato Terra Vasco Brondi si avvicinava allo yoga, alla meditazione e alla ricerca interiore.

Paesaggio dopo la battaglia è un dipinto di rinascita e di crescita. Un disco dalle sonorità leggere che racconta come anche nelle situazioni più difficili si possano trovare ispirazione e bellezza. C’è la vita, la paura, il punk, l’Italia, la provincia ferrarese e la contrapposizione tra chi, un po’ per fortuna e un po’ per merito, è riuscito a sopravvivere alle avversità della vita e chi invece è stato sconfitto.

Vasco Brondi riesce a essere punk senza allinearsi alle sonorità comuni e agli stereotipi di genere musicale.

Dalla spontaneità e le immagini di vita vissuta dell’apertura 26.000 giorni fino al conclusivo e mistico Sentiero degli dei il cantautore dipinge un mondo vivo e variopinto. Non occorrono chitarre distorte, volumi eccessivi e ritmi incalzanti per fare punk nel senso più puro del termine. Per Brondi il “punk” è costruire una visione del mondo e cantarla senza paura. Si tratta di quella natura animale che viene magistralmente descritta nel commovente dialogo di Chitarra nera.

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A diciott’anni fai punk e sali sul palco senza pensieri, provocando il pubblico con eccessi e azioni imprevedibili. Vent’anni dopo (parafrasando i testi del disco) fai yoga e meditazione, stai ore a testa in giù e cammini nei boschi. Questo ritratto del cambiamento è evidente nel primo singolo Chitarra nera, ma si estende all’intero album e ne diviene la colonna portante.

Non diventeremo perfetti mai
Non illumineremo nessuno
Pieni di difetti, niente di cui vergognarsi
Anzi, li facciamo vedere meglio salendo sui palchi
Sotto le luci a gridare: ‘Guardami
Guardami, sono così’

L’album oscilla tra la nostalgia di un passato che non ritornerà e la speranza per un futuro che non è necessariamente buio e oscuro. Abbiamo 26000 giorni e non possiamo sprecarli. L’album parte proprio dal valore della vita e dalle innumerevoli esperienze che si vivono durante un’esistenza.

Si passa poi a un gesto che oggi come mai prima assume un significato fortemente simbolico. Ci abbracciamo ricorda che le canzoni sono “richiami per gli esseri umani” e che è l’umanità a salvarci nei momenti più difficili. L’atto di abbracciarsi sconfigge il tempo e diviene un monito a vivere, godere della vita e amarsi senza attendere.

Ci sono le immagini nitide dei cinghiali e delle stelle cadenti di Città aperta. Un confronto tra il passato e il presente trova la pace nella semplicità della natura, nei ricordi, a Parigi e nei riferimenti storici. Il disco prosegue poi con il pezzo che dà il titolo Paesaggio dopo la battaglia. E qui Brondi si fa portavoce della penisola italiana che tra le sofferenze, le catastrofi e le mille difficoltà trova sempre un modo per risorgere. Viva l’Italia cantava De Gregori, Brondi ci racconta in modo simile e attuale l’Italia benedetta e maledetta al tempo stesso, che si illumina nel suo paesaggio dopo la battaglia.

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Le leggi dell’universo
Non sono quelle di questa città
Non confondere le nostre brevi vite
Con l’eternità

Mezza nuda racconta Milano, le illusioni, la contapposizione tra presente e passato. C’è una complessa protagonista femminile che a tratti porta alla memoria alcune protagoniste della musica delle Luci della centrale elettrica (Cara catastrofe o le protagoniste de Le ragazze stanno bene), ma è adulta e la disillusione ha ormai fatto la sua comparsa. Il concetto del ritornello non lascia spazio a dubbi, non si possono confondere le illusioni con la felicità.

Un ritmo lento e malinconico accompagna le note della romantica e amara Due animali in una stanza. Si torna poi ai paesaggi italiani che prendono la forma del mare Adriatico. Un arpeggio e un crescendo orchestrale che celebra il mare e una spensieratezza e una poesia difficili da ritrovare. Meno orecchiabile ma della stessa intensità anche la seguente canzone intitolata Luna crescente.

Chitarra nera, come abbiamo già visto, è uno dei pezzi più significativi dell’intero album. Nel brano c’è lo spirito delle Luci della centrale elettrica con quel pizzico di maturità in più che il tempo e le esperienze hanno conferito a Vasco Brondi. L’autore toglie i filtri e con grande forza e spontaneità racconta la sua crescita attraverso un dialogo tra due figure diverse, due amici che rappresentano il passato e il presente. Il tutto porta poi alla degna e interessante conclusione con il brano Il sentiero degli Dei che chiude il cerchio.

In questo lavoro Vasco Brondi mantiene ancora alcuni tratti del suo progetto precedente. Alcuni passaggi di Paesaggio dopo la battaglia ammiccano un po’ a quel cantautorato indie moderno un po’ furbo di cui le Luci sono state un riferimento. Ciò non è però necessariamente un male, poiché già gli album Terra e Costellazioni avevano dimostrato le ottime doti di Brondi. Nel complesso il lavoro dimostra una buona maturità e Brondi sembra pronto a crescere in questo percorso da cantautore moderno.