#Venti2020: Oasis – Standing on the Shoulder of Giants

Un album degli Oasis che non è il loro migliore, ma è comunque uno snodo cruciale nella loro carriera

Oasis
- Credits: Oasis / Wikipedia / Will Fresch
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Gli Oasis tra Beatles, britpop e psichedelia

Il quarto album degli Oasis, quarto in sei anni, è un punto di transizione fondamentale per la storica formazione inglese. Innanzitutto, è il primo lavoro registrato senza gli storici membri Paul Arthurs e Paul McGuigan. Restano i fratelli Gallagher, Noel e Liam, con il batterista Alan White, che se ne andrà a sua volta nel 2004. Gli Oasis sono quindi, ancora più di prima, una faccenda di famiglia. L’ego sconfinato dei due fratelli, ormai ingigantito ulteriormente dal successo continuo che non cessa di arridere loro, si inoltra nella produzione di un album più che mai ambizioso.

Se i critici attaccano Be Here Now (1997) per la sua over-produzione e la sua natura megalomaniaca, Standing on the Shoulder of Giants (che prende il titolo da una nota frase di Isaac Newton) si muove in una direzione diversa. Gli Oasis esplorano la psichedelia, in una declinazione Beatlesiana. Ma, nel contempo, prestando il fianco ad una tendenza maggioritaria dello stesso britpop; tendenza che in quegli anni fa la fortuna di gruppi coevi come i Kula Shaker. La natura psichedelica del disco si rivela specialmente nelle maggiori hit da esso tratto. Parliamo di Go Let It Out, che trasuda Beatles da ogni nota, e Who Feels Love.

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Oasis – Go Let It Out, 2000

“Cause my family don’t seem so familiar, and my enemies all know my name”

Si sentono chiaramente altre influenze della musica dell’epoca, come la ritmica trip hop nella stessa Go Let It Out e soprattutto nella costruzione atmosferica del piccolo capolavoro nascosto del disco, Gas Panic!. Per il resto sono echi, tape loops, riverberi, voci distorte, tastiere e mellotron. Gli Oasis si addentrano tra pezzi tradizionalmente intimisti e profondi, come i due numeri cantati da Noel (Where Did It All Go Wrong? e Sunday Morning Call) e pezzi che riprendono la forza del tanto decantato rock and roll (Put Yer Money Where Yer Mouth Is, I Can See a Liar).

Nel mezzo c’è una delle poche canzoni scritte da Liam Gallagher per gli Oasis, ben riuscita ma che chiaramente non regge neanche lontanamente il confronto con i super-classici del fratello: Little James. In sostanza, gli Oasis in questo disco si ritrovano ancora in piena forma e anzi nel loro periodo più sperimentale, cosa che forse molti fan non capiscono, né all’epoca, né ora. Standing on the Shoulder of Giants è un album variegato, fantasioso, sfaccettato e interessante sotto molti punti di vista. No, non è il capolavoro degli Oasis, ma è di certo uno dei migliori album dell’anno 2000, nonché uno degli autentici ultimi gioielli del morente genere britpop. E come tale va riascoltato.

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Oasis – Standing on the Shoulder of Giants / Anno di pubblicazione: 2000 / Genere: Britpop, Neo-Psychedelia