Interstellar: una spiegazione dettagliata per chi ancora non ha capito il film

Interstellar
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Interstellar è sicuramente il progetto più ambizioso dell’intera carriera cinematografica di Christoper Nolan.

Il regista decide di trasporre sul grande schermo una disperata epopea spaziale; un viaggio il cui scopo è quello di trovare un modo per salvare l’umanità destinata all’estinzione.

Il contesto narrativo è quello ormai solito della maggior parte del cinema fantascientifico: una terra sull’orlo della catastrofe naturale, non più in grado di sfamare gli esseri umani che in essa vivono.

Ed è da questo presupposto che prende le mosse il racconto di Interstellar, il cui protagonista Cooper è mandato nello spazio profondo alla ricerca di un pianeta abitabile per la sua razza.

Interstellar risente notevolmente degli influssi stilistici e concettuali di 2001: Odissea nello spazio, di cui sicuramente è debitore. Dal quale tuttavia si discosta, per una scelta, forse influenzata dalla volontà di rendere il prodotto più vendibile ad un pubblico più ampio. Il finale di Interstellar, ormai lo sappiamo tutti, ricade nel territorio dei clichè, un po’ banale, un po’ insensato.

Ma non è nostra intenzione, in questa sede, tentare una recensione del film, che vi invitiamo a leggere QUI. Piuttosto, come specificato nel titolo, il nostro obiettivo è quello di fornire una pista, degli input che permettano ai nostri lettori di poter comprendere, in parte almeno, la linea narrativa e il finale di Interstellar.

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Alla ricerca di nuovi pianeti abitabili, l’astronave Endurance intrapriende un viaggio che la porterà ad attraversare un buco nero chiamato Gargantua.

Tramite questo, Cooper si ritrova catapultato in un tesseratto, costruito da dei fantomatici “loro”. Un luogo costruito su cinque dimensioni, dal quale sarà in grado di mandare messaggi nel passato alla figlia. Quei messaggi saranno poi gli stessi che egli aveva ricevuto, misteriosamente, e dato inizio al viaggio.

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Partiamo con ordine. Chi sono “loro” di cui il film parla, senza mai mostrarli? “Loro” siamo noi, o meglio discendenti di un’umanità sopravvissuta e progredita. Evoluta al punto di essere in grado di estendere il proprio dominio oltre le tre dimensioni che conosciamo noi.

Fino ad una quarta, costituita dal tempo, e una quinta dimensione quantica. In questo stato pentadimensionale, “loro” sono in grado di vivere il tempo in maniera non necessariamente lineare, capaci di creare cunicoli spazio-temporali, gli stessi che hanno permesso a Cooper di inviare messaggi al sè stesso del passato.

Queste espediente narrativo, tuttavia, pone in essere un cosiddetto paradosso ontologico, fornendoci un esempio del suo meccanismo.

Com’è possibile che loro esistano nel futuro, se Cooper non ha ancora salvato l’umanità? Da un punto di vista puramente teorico, il fatto non è del tutto confutabile.

Riprendendo la teoria della relatività di Einstein, possiamo considerare il tempo come qualcosa di percepibile in maniera differente rispetto alla nostra posizione spaziale nell’universo.

In pratica il nostro “adesso” potrebbe essere considerato come “passato” e percepito in maniera diverso da chi si trovasse su un altro pianeta, ad esempio. Secondo questa teoria non vi sono separazioni temporali tra passato, presente e futuro.

Intendendo il tempo in maniera simultanea, possiamo concepire il secondo passo per la comprensione di Interstellar, derivante sempre dalla teoria della relatività di Einstein.

Le curve chiuse di tempo, ovvero dei cicli chiusi spazio-temporali dai quali si generano gli eventi che si svolgono in uno stesso continuum, simultaneamente. Grazie al moto rotatorio del buco nero, che raggiunge velocità vicine a quelle della luce, si crea un loop temporale, in cui un evento è sia causa che effetto di sè stesso.

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Sono proprio queste teorie che hanno influenzato Kip Thorne, il consulente scientifico di Interstellar (LEGGI QUI), per creare graficamente e visivamente il buco nero di cui parliamo. Ed è attraverso il portale del buco nero che Cooper si ritrova nel tesseratto, luogo tra le cinque dimensioni.

Qui gli viene data la possibilità di inviare messaggi a sè stesso, generando così il loop alla base di Interstellar. Il Tesseratto, che definisce un spazio geometrico costituito da un cubo a quattro dimensioni, è stato costruito da “loro” per permettere a Cooper di entrare in contatto e portare a compimento la sua ”missione”.

Nolan porta Interstellar su piano scisso tra lo scientifico e il fantascientifico, fornendo nozioni pseudo-scientifiche alle quali chiede allo spettatore di credere come atto di fede. Teorie, tuttavia, non del tutto confutabili su un piano teorico, ripetiamo.

Purtroppo, la storia viene condotta verso un finale buonista e positivo alla Spielberg, in cui ha la presunzione di spiegare il tutto su un livello meramente emotivo.

Ciò apre il film a configurazioni melodrammatiche, in cui il pathos e la tensione generate e che accompagnano lo spettatore, cedono il posto alla rappresentazione dell’amore, come forza fisica in grado di trascendere tempo e spazio.

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Ma le cose sarebbero potute andare diversamente. Jonathan Nolan, fratello d Chritopher e co-sceneggiatore, ha dichiarato le sue intenzioni riguardo la stesura di un finale alternativo.

Il film si sarebbe dovuto concludere con il fallimentare tentativo di Cooper di attraversare il buco nero. Ciò avrebbe quindi impedito al protagonista di comunicare con la figlia nel passato, condannando l’umanità ad un oscuro destino.

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