In Sordina: Serie Tv – The Strain | Recensione

The Strain, la serie tv sui vampiri creata da Guillermo del Toro, è un piccolo gioiellino destinato alla nicchia

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Questa nuova puntata di In Sordina:Serie Tv ha uno scopo principalmente “propedeutico”, nel senso che cercheremo di prepararvi a riscoprire questa ottima serie, che andremo ad analizzare, per poi permettervi di gustarvi al meglio la quarta e conclusiva stagione, che sarà trasmessa questa estate.

La serie di cui vogliamo parlarvi è The Strain, prodotto horror nato dalla singolare e geniale mente di Guillermo del Toro che si è avvalso dell’aiuto dell’apprezzato scrittore americano Chuck Hogan (Lo stallo e Il principe dei ladri) per riplasmare, secondo la propria visione, l’antico mito dei vampiri.

La trama è semplicissima: all’aeroporto internazionale J. F. Kennedy è atterrato un aereo con qualcosa di anomalo. Le porte del velivolo sono sigillate, l’illuminazione è assente e non sembra esserci anima viva. Si scopre che causa della singolare circostanza è una misteriosa malattia che ha portato ad una morte rapida l’equipaggio e i passeggeri, tranne quattro di quest’ultimi, sopravvissuti per miracolo. L’epidemiologo Ephraim Goodweather (Corey Stol, Peter Russo di House of Cards) è stato contattato dalle istituzioni per studiare il virus che ha causato i decessi. Intanto, la città si prepara ad uno stato di quarantena. La cosa si fa più strana quando numerosi cadaveri scompaiono dagli obitori.

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La serie racconta i primi momenti di un’apocalisse, improntata sul survival, con una storia fantasy di sottofondo che accompagna soprattutto nella terza stagione. L’obiettivo di Del Toro era di fare uno show coinvolgente e realistico con una trama ben definita dall’inizio alla fine. Prima ne scrisse la trilogia di romanzi con l’aiuto di Chuck Hogan e poi offrì le puntate al network che garantiva il giusto connubio tra soldi e libertà artistica, la scelta ricadde su FX che era intenzionato a lasciare i contenuti forti di cui la serie è piena. Pertanto, lo show è davvero un impronta reale della visione di Del Toro su certi generi. Come accaduto per HellBoy, anche The Strain, ha una messa in scena stilizzata, ispirata dai fumetti, cosa che in HellBoy era naturale dato che lo è un fumetto, mentre per The Strain l’influenza è indiretta poiché omaggia chiaramente gli albi di Blade, personaggio favorevole a Del Toro data la sua esperienza con il secondo capitolo della saga cinematografica con Wesley Snipes.

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I Personaggi rispecchiano chiaramente questa caratteristica, poiché ognuno di loro ha un ruolo ben preciso, come una favola, una fiaba, un fumetto appunto. Quindi, lo show risulta leggero e divertente votato all’azione con momenti da videogioco, aiutato da una recitazione abbastanza convincente, conscia del proprio intento di cazzeggiare e fare un horror adrenalinico. Il risultato di tutto ciò è che The Strain si fa vedere senza stancare perché è veloce, atto solo ad impressionare.

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Questo era proprio l’intento di Del Toro che ha ammesso in un’ intervista l’importanza di coinvolgere il pubblico.


“Quello che faccio con i miei film, ovvero di mostrarli in modo realistico, ma un realistico stilizzato. Non è come CSI o The Wire, è reale ma sembra un po’ stilizzato. Ma il modo in cui la macchina da presa si muove sarà molto realistico. Vogliamo ottenere uno stile da documentario nonostante i libri non abbiano questo stile. Il look dello show è molto curato. Lo stile della camera e della narrazione sarà molto libero. Partirà da quella sensazione di realtà, e pian piano vogliamo che si evolva in uno stile più elegante e horror che richiede dei movimenti di camera morbidi, più suspense e momenti basati sull’atmosfera che si respira, quindi sarà un mix di vari stili. Non penso che si sia visto spesso in TV un mix così. “


l’obiettivo è centrato in pieno, facendo di The Strain un’opera profondamente deltoriana che emerge facilmente su tutte le altre serie horror in circolazione, grazie al suo tono grottesco e il ritmo serrato. Pur non riuscendo, dati i numerosi impegni, a girare molte puntate, Del Toro ha chiaramente espresso l’idea che aveva della serie ai numerosi registi che hanno partecipato al progetto, e lo stile rimane immutato per quasi tutte le tre stagioni, calando di tono nella terza per poi riprendersi con un’interessante finale che pone le basi ad una quarta stagione che si preannuncia come un lavoro ragionato, che ha come scopo quello di donare un finale all’intera storia che dia una coerenza, che spesso, in questi tipi di prodotti manca.

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Da come si può immaginare, uno show del genere ha bisogno di effetti speciali all’altezza, e Del Toro con la sua solida visione della serie ha permesso al fumettista Guy Davis e ai make-up artists Steve Newburn e Sean Sansom di lavorare su idee estremamente definite. Ne risulta un lavoro eccellente, con un trucco credibilissimo e con dei vampiri a metà tra il classico e il moderno alla Blade. L’imponente lavoro ha poi portato alla pubblicazione del libro The Art of The Strain in cui viene mostrata la mastodontica fatica portata avanti dai creatori.

Pertanto, se siete amanti del genere non potete perdervi questa visione d’autore, recuperate le prime tre stagioni e godetevi l’ultima quest’estate, il divertimento è assicurato. E se non vi abbiamo convinti, allora ci penserà Kevin Durand alias Vasiliy Fet dopo poche puntate.

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