Twin Peaks 3 – Recensione 03×03/03×04

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La terza stagione di Twin Peaks continua a meravigliarci con un altri due episodi che racchiudono,in parte,tutto lo stile cinematografico che ha caratterizzato negli anni la filmografia di David Lynch.

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Eravamo rimasti con l’agente Dale Cooper in fuga dalla Loggia Nera,che dopo essere comparso nel “cubo di vetro” presente a New York,viene materializzato in un altra surreale dimensione, precipitando nel vuoto cosmico fino ad atterrare sul balcone di un imponente edificio in mezzo ad un mare astrale.

Nell’attraversare questo sogno onirico ci rendiamo conto di quanto questa sequenza di apertura sia sensorialmente pazzesca e visivamente sorprendente,all’interno dell’edificio il nostro buon Dale si ritrova in una stanza illuminata da un camino,nella quale incontra una donna vestita di rosso seduta su un divano. La donna ha gli occhi cuciti e tenta di comunicare qualcosa all’agente Cooper,nel tentativo di aiutarlo,ma i suoni e le parole son distorti,indecifrabili,ed il tempo che scorre all’interno è diverso dal mondo reale,montato con continui loop temporali. Cooper inoltre nota un macchinario simile ad una cassaforte implementato nel muro con sopra un numero,il 15,ma la donna sembra voler far desistere l’agente dal raggiungerlo.

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Incalzato da una inquietante presenza esterna che tenta di entrare nella stanza,il nostro Cooper viene accompagnato dalla donna sul tetto dell’edificio,nel quale la vediamo attivare un interruttore che conseguentemente la fa cadere nel vuoto costellato,sotto lo sguardo sbigottito dell’agente,al quale sussegue l’apparizione del volto del defunto Maggiore Briggs che pronuncia le parole Blue Rose.

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Rientrato nella stanza,Dale nota che il numero della cassaforte è cambiato da 15 a 3,è che un altra donna siede nel divano (Ronette Pulaski). Questa lo invita a “passare” attraverso la cassaforte,dicendogli che «Quando arriverai là,sarai già là»,quindi la luce della lampada improvvisamente si accende,è il segnale che farà finalmente ritornare Cooper nella dimensione reale,risucchiato letteralmente dall’armadio blindato (che si rivela essere una presa elettrica) lasciando dietro di se solamente le scarpe.

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Contemporaneamente però accade qualcosa di sorprendente nella dimensione reale,ci viene presentata in una casa a Las Vegas,un altra surrogata copia di Cooper,di nome Dougie,con al dito il famoso anello con il simbolo del gufo.

La scena si sposta nuovamente,stavolta sul doppelganger malvagio di Cooper,lo vediamo sbandare con la macchina in preda ad un collasso,e conseguentemente vomitare letteralmente in grandi quantità la Garmonbozia (il nutrimento degli spiriti della Loggia Nera). Mentre davanti ai suoi occhi si materializzano le tende rosse della Loggia,assieme a lui anche “il nuovo” Dougie/Cooper subisce nello stesso momento gli stessi effetti,se pur in quantitativo minore,ma al contrario del primo viene però teletrasportato all’interno della Loggia Nera innanzi allo spirito MIKE che,dopo avergli sfilato l’anello,lo dissolverà,di lui rimarrà solamente una piccola sfera.

Scopriamo che Dougie è stato “creato per uno scopo” dal doppelganger malvagio,che onde evitare il ritorno dell’originale agente Cooper nel proprio corpo,ha fabbricato un fantoccio copia di se stesso,la cui Garmonbozia vomitata è evidentemente minore rispetto a quella del suo creatore. Ora uno dei due rimanenti Cooper dovrà morire.

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Quindi vediamo l’originale agente Dale prendere il posto di Dougie,fuoriuscendo da una presa elettrica nella stanza (torna il tema del cambio identità/volto già affrontato dal regista nel film Lost Highway). Risvegliatosi però nella dimensione reale,appare spaesato e confuso,come se avesse subito il peso di tutti quegli anni passati nella Loggia. Finisce in un casinò,dove lo vediamo andare incontro ad una serie di situazioni ironiche e surreali dovute al suo caos mentale (plausibile la scelta di Las Vegas per quanto riguarda questi momenti). Raggiunte le Slot Machine,gli si manifestano piccole visioni fluttuanti della Loggia che lo indirizzano esattamente nelle macchine da gioco vincenti,facendo sbancare l’ignaro Dale (del tutto estraneo alla situazione).

Non manca poi una sequenza per i nostalgici delle classiche situazioni bizzarre e ironiche che contraddistinguevano le vecchie stagioni di Twin Peaks,con il siparietto tra Lucy,Andy e il vicesceriffo Hawk,rari momenti che forse vedremo tornare piano piano con il susseguirsi delle puntate.

A fine episodio poi ci viene mostrato l’ufficio del FBI,con il grande ritorno di Gordon Cole e Albert Rosenfield (ovvero il regista David Lynch & il compianto Miguel Ferrer) intenti ad indagare sul duplice omicidio del “cubo di vetro” di New York,fin quando Gordon non riceve una telefonata,dalla quale scopre che l’agente speciale Dale Cooper,scomparso nel nulla 25 anni prima,è incredibilmente stato ritrovato.

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