Massimo Troisi, ricordando l’uomo e il comico delle emozioni

Massimo Troisi è stato uno degli attori comici più amati degli anni '80 e '90. Eccone un ricordo per celebrare il suo talento.

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Una voce diversa e uno stile comico unico

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La schiettezza dissacrante era sicuramente ciò che lo contrastingueva di più non solo sugli schermi, ma nelle apparizioni pubbliche in generale. Sincero quasi al punto di imbarazzare chi lo ascoltava, Troisi sembrava essere stato incantato al punto di non poter dire altro che la verità.

Indorare la pillola, allo stesso modo, non rientrava nelle sue corde, neanche quando parlava di sé stesso. Troisi non cercava di vendersi agli altri, non utilizzava uno storytelling calcolato o una postura che si conviene a un artista. Anzi si divertiva, forse, a decostruire l’immagine che gli altri avevano di lui nel bene e nel male. Con la stessa umiltà e sincerità, però, si mostrava orgoglioso di tutto ciò di cui era genuinamente fiero, pur ridimensionando le lodi eccessive.

Questo spirito, che ritroviamo nei suoi film, non è qualcosa a cui siamo necessariamente abituati o preparati. Il mondo dello spettacolo, anzi, è da sempre pieno di personalità impostate in pubblico, artisti che si prendono molto, forse troppo, sul serio. Troisi era così lontano e diverso da questo stereotipo da risultare quasi disarmante.

Un uomo sincero

Massimo Troisi

L’uomo Troisi, in pratica, non avrebbe finto neanche all’interno di quei limiti che noi pure accetteremmo. Ci rivelava dettagli di sé in modi che altri non avrebbero usato, sebbene non amasse affatto, invece, parlare dei suoi problemi di cuore. Ad esempio, in un’intervista del 1987 con Ciak affermava di non avere più la barba perché ormai andava di moda così o di avere copiato la giacca che indossava ad un famoso personaggio di quei tempi. E senza troppo esitazione, ammetteva anche di fare film con argomenti che erano di tendenza, con temi “di moda”, che interessavano alla gente.

Mica so’ scemo, io faccio cose che so che alla gente piacciono. Anche quest’intervista con Ciak la sto facendo perché so che mo a voi la gente vi guarda”. Non provocava, era semplicemente onesto, sempre. Questo era l’impegno, cosciente o meno, che aveva preso con il suo pubblico. Dire, nella vita e nell’arte, la verità e nient’altro che la verità. E’ per questo che è arrivato al cuore di molti, e che se ne sente ancora realmente, costantemente la mancanza.

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A Massimo non piacevano, insomma, le risposte scontate. Durante l’intervista a Ciak e in occasione dell’uscita del suo nuovo film Le vie del Signore sono finite alla domanda di quale fosse il messaggio di quel film risponde un po’ indolente: “Non lo so (…) é già talmente difficile riuscire a tradurre in immagini quello che pensi, ciò che è un’emozione”.

E poi, paragona il cinema alla psicanalisi:

“E’ come quando uno va in analisi. Non lo sa perché sta male, ci sta uno che ascoltando lo scopre. E’ lo stesso con il cinema, la gente in sala fa da psicanalista, scopre perché tu hai raccontato quella cosa“.

Intervista TV per “Ciak” – 1987

Napoli, una questione di sentimenti

Massimo Troisi

Per tutta la sua vita pubblica Troisi ha parlato sempre un italiano “napoletanizzato”, che da molti è vista come una delle sue caratteristiche più distintive. In un’intervista televisiva del 1981 dice che è l’unico modo in cui si sente di esprimersi, che lui sogna e pensa in napoletano.

In seguito, però, ha più volte mostrato insofferenza all’associazione automatica della sua persona o di altri (come il suo amico Pino Daniele) alla figura di “artista napoletano”. E’ riduttivo, dice. Non è che uno è bravo a recitare, a cantare o a suonare solo perché é napoletano. O che per forza un artista napoletano debba parlare delle complessità e contraddizioni della sua città:

Secondo me non si riuscirà mai a raccontare Napoli. Quelli che lo fanno, fanno sciacallaggio. Puoi raccontare dei pezzi, la tua Napoli. E’ una questione più di sentimenti“.

Eppure la pucundria, di cui canta lo stesso Pino Daniele e che secondo molti caratterizza da sempre Napoli e i napoletani, sembrava essere una fedele compagna della vita di Massimo Troisi. Quello stato di malinconia che scuote l’anima e il corpo, un malessere diffuso e una tensione all’irraggiungibile che però, come la “saudade” portoghese, la “Sensucht” tedesca o la “Malaise” francese, é allo stesso tempo vibrante di vita e di emozioni.

Il progetto del cuore: Il postino (1994)

Massimo Troisi; Il postino

Massimo Troisi amava la poesia, e amava la poesia di Pablo Neruda. Aveva letto il romanzo dell’autore cileno Antonio Skàrmeta (Ardiente paciencia) e insisté moltissimo per fare la sua trasposizione cinematografica.

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Il Postino fu, come si sa, il suo ultimo progetto. La sua salute, già cagionevole, era peggiorata nei mesi precedenti e l’aveva costretto ad un’operazione negli Stati Uniti, che non ebbe i risultati sperati. Di recente la sua fidanzata dell’epoca, Nathalie Cardonazzo, ha ricordato quei cupi giorni americani al Grande Fratello VIP. La ex soubrette afferma che proprio per completare il film l’attore aveva rimandato il trapianto di cuore.

Per la regia Troisi aveva ingaggiato il regista inglese Micheal Radford. L’attore francese Philippe Noiret interpretava Pablo Neruda e lui, Troisi, il suo postino personale. Tuttavia le riprese, come ricorda Radford, furono molto più lente del previsto proprio per i problemi di cuore di Massimo, che aveva bisogno di molto riposo e che per molte scene fu sostituito dalla controfigura Gerardo Ferrara (con cui strinse una tenera amicizia).

Poche ore dopo la fine delle riprese del film, mentre dormiva, il cuore gli cedette del tutto.

Il film, uscito nelle sale postumo, ricevette un grandissimo successo internazionale, e attori del calibro di Sean Connery ne tessero le lodi. Fu candidato a 5 premi Oscar, tra cui migliore attore e miglior regia, ma vinse solo quello per la bellissima colonna sonora. La regia vinse però un BAFTA e svariati altri premi nazionali e internazionali. A testimonianza di questo, il New York Times ha inserito Il Postino nella classifica speciale dei migliori 1000 film della storia.

La morte di Massimo Troisi ha lasciato un vuoto profondo nel mondo dello spettacolo e nei cuori degli italiani. Mai nessuno si era spinto ad un livello di trasparenza e tenerezza tale nel rapporto col suo pubblico.

Al suo funerale hanno partecipato, tra gli altri, l’amico e autore di molte delle colonne sonore dei suoi film Pino Daniele, Nanni Moretti, Lello Arena e Roberto Benigni, con cui aveva scritto, diretto e interpretato l’imperdibile commedia fantasy Non ci resta che piangere (1984).

Se non l’avete ancora fatto, è possibile recuperare questo e alcuni tra i suoi più bei film sulle piattaforme streaming come Prime Video e Netflix.