One Second, Recensione del nuovo film di Zhang Yimou

One Second
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One Second è il nuovo film di Zhang Yimou, già uscito nelle sale cinesi lo scorso anno. Il film ha avuto una première d’oltreoceano al Toronto Film Festival e fa parte della Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2021, in anteprima europea. Non sono note le finestre di distribuzione in Italia.

Trama

Il film è ambientato durante la Rivoluzione Culturale cinese. Un uomo riesce a fuggire da un campo di lavoro per raggiungere un villaggio ed assistere alla proiezione di un cinegiornale in cui, per pochi fotogrammi, è inquadrata la figlia. Una ragazza, orfana, ruba la pellicola prima della proiezione.

Entrambi ladri di cinema, le loro storie si intrecceranno all’ombra di un telo da proiezione, in un film che non è altro se non una spassionata dichiarazione d’amore al Cinema.

Cast

  • Zhang Yi: fuggitivo
  • Fan Wei: il proiezionista
  • Liu Haocun: Liu

Trailer

One Second: recensione

La carriera di Zhang Yimou è macchiata, negli ultimi anni, da uno dei film peggiori della rispettiva stagione. Lo è senza dubbio The Great Wall; uno sguardo straniero, esterno, su un’emblema della propria tradizione: un film turistico. Zhang Yimou è però uno dei principi del cinema asiatico, e con One Second ce lo ricorda in maniera inequivocabile. Ribaltando quello sguardo, torna al nucleo del suo cinema così impregnato di realismo, capace di leggere la propria storia recente, e non, con lucidità e poesia.

Si pensi a opere come Non uno di meno e La strada verso casa, ma anche a film come Hero e Ju Dou. One Second si inserisce nel solco della sua filmografia più autentica, prendendo a pretesto un momento chiave della storia recente della Cina e trasfigurandolo in un’apologia spassionata del Cinema nella sua essenza più pura.

Il cinema come spettacolo socialista

Ad un primo livello di lettura, One Second è essenzialmente un film storico. La Rivoluzione Culturale viene rappresentata come un polveroso scontro di classe, in cui elementi negativi devono guardarsi continuamente le spalle dalla Sicurezza. Il polo intorno al quale ruota questa trama politica è ovviamente il piccolo cinema di un villaggio dell’Unità 1.

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Il proiezionista è venerato quasi al pari di una divinità, perché possiede i segreti di quell’incanto che riunisce la piccola cittadina di fronte allo schermo. Una caratterizzazione quasi sacra avvolge il personaggio, circondato da un coro di iniziati che ammirano la sua arte, o lo aiutano a ripulire la pellicola e a riavvolgerla secondo le sue indicazioni.

Il rituale religioso si mischia però a quelli del regime: il film proiettato è Ying xiong er nü (Heroic Sons and Daughters), che esalta l’eroismo dei patriottici. Questo film nel film serve non solo a rafforzare il setting storico dell’opera, ma a declamare la sua natura fondante. Così quel pubblico proletario che si riunisce in un cinema improvvisato amplifica la distanza dal pubblico in sala, spezzando definitivamente il legame che il regista aveva istaurato con l’Occidente. Un cinema che allo stesso tempo è tempio e fabbrica, in quelle inquadrature così plastiche che dipingono la sala di proiezione come gli ingranaggi di una macchina. One Second è il film della storia di una nazione, della storia del suo Cinema.

La destrutturazione del family drama

L’ambientazione si fa sfondo per le vicende dei due protagonisti, ciascuno latore del proprio dramma personale. Il fuggitivo scappa dal campo di lavoro per assistere alla proiezione e rivedere finalmente il volto dell’amata figlia, Liu è un’orfana che ha bisogno della pellicola per risolvere un debito contratto da lei e dal fratellino.

Un duplice family drama serve a Yimou per scarnificare i crismi del genere, destrutturandolo nel segno di un’impossibile risoluzione. È chiarificatrice la scena in cui, attraverso l’espediente del doppio, Liu e il fuggitivo sono legati insieme nel cinema nel momento in cui sullo schermo passa il patetico happy ending di Ying xiong er nü, in cui la protagonista scopre suo padre in un colonnello. Nel momento in cui il Cinema avrebbe dovuto fungere da principio unificatore, Yimou sceglie la via dello straniamento a quella dell’identificazione.

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One Second

I due personaggi quindi non si riconoscono nelle immagini proiettate, che anzi servono a ribadire le loro rispettive tragedie. Questa complementarietà è perfetta per rafforzare la linea narrativa di One Second, che trova forza proprio da questo dramma famigliare atomizzato, nell’insolubile interdipendenza di queste due storie.

La filosofia di One Second

La reciprocità di Liu e del fuggitivo è la chiave del passaggio al livello successivo. Il metacinema secondo Zhang Yimou si articola come una riflessione ben precisa sulla settima arte, dai connotati quasi fenomenologici.

Liu cerca di rubare la pellicola: è la materia, il cinema in potenza. Il fuggitivo sfida il regime per essere partecipe della proiezione, assistendo quindi al cinema in atto. Tesi e antitesi, ovviamente, che trovano un’inevitabile sintesi. E se quel cinegiornale, così logoro sul versante visivo e sonoro, ribadisce l’indissolubile legame di forma e sostanza, il finale chiude il film su una meditativa e più radicale presa di coscienza.

Il proiezionista fa dono al fuggitivo dei due fotogrammi che ritraggono la figlia, tagliandoli via dalla pellicola: il momento impresso su celluloide, l’effettiva e unica risoluzione alla dicotomia che attraversa tutto il film. Nella conclusione però il regista ci spiega la natura più profonda dell’arte cinematografica, ribadendo la sua eterea e impalpabile evanescenza. Così in quel deserto, teatro lontano del silenzio che è l’unica vera colonna sonora del film, quel secondo di film viene perso per sempre.

Un film talmente intriso di cinema in maniera esplicita da chiudere il cerchio su un’ampia e stratificata metafora, in cui tutti i livelli di lettura sono tenuti insieme dal cinema stesso, rituale primitivo e primigenio. Tutto ciò di diritto rende One Second non solo uno dei film più belli e importanti di Yimou, ma anche uno dei più significativi di questa annata. Non avrebbe sorpreso vedere di nuovo il regista in corsa per un Oscar, per un film che avrebbe meritato una distribuzione e un’attenzione completamente diversa.

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