Tool: le dieci canzoni più belle [ASCOLTA]

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5. Schism

Forse il pezzo più noto del complesso americano, Schism è un’altra delle perle estrapolata da quell’altrettanto emblematico Lateralus in grado di segnare la storia del genere. Il 90% dei wannabe a bassplayer ammetterà di avere nel proprio armamentario di riff da asporto la pennata di Justin Chancellor. Il restante 10% probabilmente mente.

Incalzante, una sorta di mantra ritmico e bilanciato, trascinante quando le dinamiche si abbassano e tremendamente coinvolgente quando spinge sull’acceleratore, Schism è forse il sunto perfetto dei Tool. Una discografia in provetta, un frammento fondamentale di DNA.

4. The Grudge

Iniziare un album con un pezzo come The Grudge può essere definita una chiara (e velleitaria) dichiarazione d’intenti. “Grudge”, rancore, è proprio l’aggettivo che meglio descrive le vibrazioni del metallo di stampo “tooliano”.

Quello della opener di Lateralus è un sound strisciante e subdolo, un intrecciarsi ritmico che avanza lento ma incessante. Un crescere feroce ma ben premeditato, proprio come quel “rancore” che ne porta il nome, seme che spesso proprio covato nel tempo trova la sua linfa vitale.

Un sentimento oscuro che non può non esplodere con la rabbia più feroce, quella che Keenan mette in musica con 20 secondi di magistrale incrocio tra il grind e lo scream. Perché questo sono i Tool, sensazioni compresse allo sfinimento… fino all’esplosione.

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3. The Pot

Probabilmente l’apice delle prestazioni vocali di Maynard James Keenan, con la quinta traccia estratta da 10.000 days ci avviciniamo sempre più alla vetta. L’intreccio ritmico è sopraffino, l’orchestrazione strumentale incrementa con maestria e prendendosi il suo tempo.

Per una volta, però, la vera protagonista è proprio la voce di un Keenan in grande spolvero in grado di dare a The Pot quel carattere e quella dinamica in più. Un fiocco d’orato su di un pacchetto fatto di accattivanti beni di lusso.

2. Lateralus

Non è una novità, nella musica c’è molta matematica. Keenan però deve aver preso questa informazione in maniera un poco troppo letterale quando ha deciso di trasporre in musica la sequenza di Leonardo Fibonacci.

In una band che ha fatto delle arguzie ritmiche il proprio marchio di fabbrica ci ritroviamo di fronte ad un pezzo dove la ritmica non è solo licenza artistica ma vera e propria analisi matematica. Una spirale, quella di Lateralus, che risucchia l’ascoltatore in un’intricata e quanto mai coinvolgente psichedelia metallica. Senza ombra di dubbio uno dei momenti più alti nella storia del metal.

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1. Vicarious

Per qualcuno le ultime due posizioni di questa classifica dovrebbero essere invertite e, beh, non avrebbe tutti i torti. Ma se con Lateralus ci ritroviamo di fronte ad uno dei più fulgidi fiori all’occhiello della discografia dei Tool, con Vicarious abbiamo il manifesto della cinica e cruda realtà contemporanea.

Non posso fare a meno, osservando ogni giorno il mondo attorno a me, di sentir risuonare nella mia testa le argute e profetiche parole di KeenanCause i need to watch things die… from a distance”. Non avete bisogno che vi spieghi il significato di una frase simile nel secolo 21. Just think about it.

La opener di 10.000 days è proprio la trasposizione musicale di quel gretto, cinico e sanguinolento mondo in cui ci ritroviamo sommersi. Forse il capitolo musicalmente più intenso e toccante della band americana, con Vicarious i Tool esprimono il loro grido esistenziale, una personalissima versione dell’urlo di Edvard Munch.

Vicariously i live while the whole world dies
You all need it to, don’t lie

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