Il Regno | Recensione della serie di Lars Von Trier |Amazon Prime Video

La serie cult del controverso regista danese è su Amazon. La prima stagione de Il Regno, pietra miliare della cinematografia di Lars Von Trier

Il regno, locandina della serie
Il regno, locandina della serie
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Il Regno (Riget) è la mini-serie cult del 1994 che porta la firma del controverso regista danese Lars Von Trier. Distribuita originariamente in due stagioni da quattro episodi ciascuna, è stata adattata in vari formati per la televisione italiana e americana. Nel 2004 è stato prodotto un remake intitolato Kingdom Hospital scritto e ideato da Stephen King. La prima stagione è disponibile su Amazon Prime Video.

Trama

Nell’ospedale danese Il regno l’ordinario è straordinario. Il paranormale straborda nelle corsie e nei reparti, stravolgendo le vite dell’equipe e dei pazienti. Tra le indagini di una medium e la discutibile morale del primario svedese, la serie sarà una commistione irripetibile di horror e grottesco.

Cast

  • Ernst-Hugo Järegård : Helmer
  • Kirsten Rolffes : Sigrid Drusse
  • Holger Juul Hansen : Moesgaard
  • Søren Pilmark : Krogshøj
  • Ghita Nørby : Rigmor
  • Jens Okking : Bulder
  • Otto Brandenburg : Hansen
  • Annevig Schelde Ebbe : Mary
  • Baard Owe: Bondo
  • Birgitte Raaberg : Judith
  • Peter Mygind : Mogge
  • Solbjørg Højfeldt : Camilla
  • Udo Kier : Aage Krüger

Trailer

Il Regno: recensione

Che cos’è il genio? È fantasia, intuizionedestrutturare e distruggere il medical drama. Di certo l’intuizione di Lars Von Trier è stata geniale. Inserirsi in uno dei filoni soap-operistici per eccellenza, per poi scomporlo analiticamente con il suo occhio strutturalista. Difatti l’operazione linguistica de Il Regno somiglia molto nella filosofia ad opere successive come Nymphomaniac, Dogville o Dancer in the dark. Tre film completamente diversi, ma che rappresentano ciascuno un polo di riflessione intorno a forme e strutture del linguaggio cinematografico, volti a scarnificare la drammaturgia e a distruggere la finzione filmica: rispettivamente, la destrutturazione della pornografia e dell’erotismo, dell’impianto scenografico e del musical.

Coerentemente, quindi, con i postulati di Dogma 95, il celebre manifesto che nacque proprio a cavallo tra le due stagioni de Il Regno. E in effetti la serie è storicamente l’antecedente più prossimo del Dogma. Benché molti punti in realtà vengano traditi in Riget, come il numero 5 sui lavori ottici e i filtri, per molti altri rappresenta un manifesto del manifesto. La camera a mano è infatti l’arma prediletta da Lars Von Trier per la distruzione della finzione e della prevedibilità. Tra inquadrature oblique e molesti e traballanti close-up, il marchio autoriale del controverso regista danese non tarderà a palesarsi.

L’orrore de Il Regno è quindi ben lontano dalle pietre miliari della fiction ospedaliera come E.R., Greys Anatomy o Dr House. Ironicamente si potrebbe trovare un lontano parente di questa serie nell’italianissima Boris, che non a caso citò e omaggiò il regista nel sesto episodio della prima stagione. L’ispirazione più grande per Lars Von Trier proviene quindi da un’opera di natura completamente diversa, dalla serie che ridefinì i canoni della televisione.

Il Regno e Twin Peaks

Lungi da sterili paragoni tra due opere totalmente eterogenee tra loro, è però necessario riconoscere i punti di contatto, nonché i non troppo sottili e forse volontari omaggi. In effetti quando Lars Von Trier interviene alla fine di ogni episodio, violando nuovamente il Dogma, sembra parlarci direttamente dalla loggia nera.

Il Regno, un accostamento con Twin Peaks
Lars Von Trier alla fine di ogni episodio interviene ad offrire un piccolo spunto direttamente dalla loggia nera

Se in superficie ci sono strani giochi di omonimia con la misteriosa loggia di medici che si muove sullo sfondo della trama de Il Regno, continuano ad esserci somiglianze anche andando più in profondità. Sia questa che Twin Peaks affrontano infatti le strane presenze provenienti da un mondo sospeso nel paranormale che irrompe nella realtà. Le strane visioni in soggettiva filtrate in verde non potranno non ricordare le sequenze in cui Bob vaga nelle foreste di Twin Peaks, così come i sogni allucinati dei pazienti rimandano alle componenti più oniriche del capolavoro lynchiano. E in fondo anche la medium Sigrid Drusse sembra affidarsi a poteri divinatori analoghi a quelli di Dale Cooper.

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È evidente che Lars Von Trier si sia rivolto al maestro d’oltreoceano David Lynch e alla sua poetica per trovare ispirazione per il suo Il Regno. Insieme ad X-Files, quindi, Riget rappresenta il prodromo dell’enorme rivoluzione che Twin Peaks ha rappresentato per i paradigmi della serialità televisiva.

Il Regno: take the good with the evil

È a partire dalla sigla, che fa il verso agli opening dei medical drama, che Lars Von Trier ci introduce in questo tenebroso show. L’utilizzo del negativo ci riporta subito al suo più recente capolavoro, La casa di Jack. Attraverso il negativo vedi la qualità demoniaca insita nella luce: la prima porta con l’oltretomba è proprio la sigla.

Nel resto dello show la fotografia viene approcciata con un rigore granitico. Ad eccezione delle sopracitate soggettive e di pochi altri momenti, tutti gli ambienti sono illuminati con la stessa pallida e fuligginosa tonalità di ocra. Come se la funerea palude al di sotto dell’ospedale sospirasse le tenebre, ne Il Regno non è mai giorno. L’atmosfera è costantemente crepuscolare, permeata di buio e spiriti: l’operazione aria del mattino rimane solo un ritornello del goffo professor Moesgaard.

Per rendere perfettamente la non-corporalità delle presenze demoniache, Von Trier sceglie la tecnica della doppia esposizione, ottenendo un perfetto risultato di trasparenza e immaterialità. Dalle prime sovrimpressioni con la sola Mary nella tromba dell’ascensore a quelle più corali delle sequenze finali, l’atmosfera viene resa realmente spettrale da quest’effetto unito alla grana sporca e imprecisa dell’immagine tipica della cinematografia di Lars Von Trier.

Questa moltitudine demoniaca viene quindi circoscritta al contorno di un mosaico di personaggi di straordinaria varietà. È infatti incredibile come l’autore sia riuscito a condensare in una miniserie una tale ricchezza e densità di caratterizzazioni. Il registro si muove tra il black humour e il grottesco, dando vita talvolta a situazioni talmente surreali e divertenti che forse il motto più corretto sarebbe stato take the freak with the evil.

Svezia vs Danimarca

La scrittura è quindi a sua volta corale, e riesce nello spazio di poche puntate a gestire trame e sotto-trame della più diversa natura. L’horror che sembra essere la componente principale non è quindi che uno degli elementi della narrazione, capace di toccare generi e temi con la peculiare ironia di Von Trier.

Il Regno, una scena della serie tv
I monologhi del dottor Helmer (S2 Ep3-4)

Così il primario Stig Helmer, nel suo temperamento burbero e feroce, sarà il tramite perfetto per deridere l’astio secolare che divide danesi e svedesi. Componente di satira politica perfettamente incastonata tra gli estremi più medical drama della serie. Lars Von Trier è infatti pienamente consapevole del filone in cui si sta muovendo e delle sue caratteristiche peculiari, e il suo approccio critico alla forma si riversa su alcune narrazioni tipiche di questo genere.

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Troviamo quindi la complicata gravidanza di Judit e la sua storia con il dottor Krogshoj. Nel momento in cui la dottoressa decide di abortire assisteremo ad una delle sequenze senza dubbio più straordinarie dell’intera serie. Judit vivrà un rapporto ambivalente con l’identità del padre della creatura che portava in grembo e con le conseguenze della sua decisione. Tutto ciò è paradigmatico: la fiction ospedaliera, nelle sue componenti più affini al dramma romantico, viene piegata alle logiche dell’assurdo.

What we talk about when we talk about Riget

Tra tutti questi personaggi c’è persino l’anima più scientista dell’equipe. Il dottor Bondo, con l’appoggio della loggia dei medici, sacrifica il suo corpo per la sua ricerca sul sarcoma del fegato, facendosi trapiantare un organo malato per studiarne la crescita. A causa di una complicazione sarà però costretto a convivere definitivamente con il cancro. E forse in questo risiede il vero significato de Il Regno, in questa accettazione sommessa e amaramente ironica del maligno come componente strutturale della realtà.

Quindi di cosa parliamo quando parliamo di Riget? In fondo, chi ama Lars Von Trier e il suo cinema non può non conoscere e amare questo piccolo gioiello della televisione. Per la natura estremamente divisiva della sua arte, i suoi seguaci avranno trovato in queste poche righe un’occasione di confronto e forse qualche spunto di riflessione.

Per chi invece dovesse trovare indigesto il cinema del regista danese Il Regno potrebbe essere un’occasione perfetta per approcciarlo. Se infatti da un lato preannuncia il caos violento che regna nei suoi grandi capolavori, la matrice dell’opera si nutre allo stesso modo di quel cinico humour che in fondo è un ingrediente fondamentale di tutto il suo cinema. Quest’ultimo potrebbe rappresentare una chiave d’accesso diversa a opere la cui assimilazione non è certo immediata alle prime letture.

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