Mr. Robot 4, recensione e spiegazione di un finale perfetto

Mr. Robot, recensione della quarta e ultima stagione della serie con Rami Malek. Una conclusione perfetta per una delle migliori serie tv degli ultimi anni

Mr. robot 4 recensione
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“Hello, friend” o sarebbe meglio dire “addio, amico mio” perché questa è la sensazione che ci ha lasciato l’ultima stagione di Mr. Robot, un senso di malinconia tipico di una separazione da un caro vecchio compagno. Eppure, tristezze a parte, il finale di questa meravigliosa serie è indiscutibilmente appagante, consolatorio, esauriente, logicamente sorprendente e impeccabile.

L’esordio del pilota nel 2015 pare ormai un ricordo lontano che si rivitalizza alla luce di ciò che abbiamo appreso nelle due puntate conclusive di questa quarta stagione. L’ascesa di Elliot in questi anni è avanzata di pari passo con quella dell’uomo che gli presta il volto: Rami Malek. Sempre più complessa, sempre più ambiziosa, la serie riesce a restare fedele a se stessa nella sua spietata lucidità e acquisire solidità e prestigio grazie alla brillante carriera del proprio protagonista e alla visionaria fantasia (paradossalmente fredda e razionale quanto passionale) del proprio creatore Sam Esmail.

Mr. Robot 4 – recensione: “You are the storm”

Mr. robot 4 recensione

Mr. Robot resta uno show ostico che richiede la massima attenzione da parte dello spettatore. Forse è proprio in questo aspetto che ritroviamo la sua essenza di prodotto di “nicchia”, che fugge il piacere del pubblico per attirarlo in una sfida dialogica che non ammette compromessi con chi assiste. Eppure, nonostante la fatica nel seguire la trama – attività resa ancora più difficile dalla distanza tra una stagione e l’altra – la complessità non ha scalfito la sua innata grandezza costruendo un pubblico fedele, raccolto, è vero, in un piccolo bacino di utenza, che però ha permesso alla serie di resistere e insistere sul proprio cammino a dispetto delle feroci leggi di mercato. Lo stesso Esmail si disse alquanto sorpreso dell’amore di una fetta di pubblico nonostante avesse da sempre considerato la propria creatura un prodotto “di nicchia con un piccolo seguito di culto”.

Tale amore incondizionato è stato ampiamente ripagato da questo capitolo conclusivo. Malgrado i passaggi informatici complessi, i fili estremamente intrecciati della trama e i numerosi misteri, la certosina tridimensionalità dei personaggi ripaga l’attenzione dello spettatore, appaga e riempie ciò che abbiamo perso nel campo dello sviluppo della storia. La psicologia riesce ad affascinare molto di più di una narrazione ben strutturata ma fin troppo contorta. Mr. Robot sveste i panni dello show televisivo, troppo spesso accondiscendente nei confronti del pubblico, e come il cinema sbatte in faccia allo spettatore ciò che vuole e mai ciò che gli si chiede. Lo noterete in alcune sottotrame, ove la direzione che vorrebbero i fan non viene lontanamente presa in considerazione.

Chiarito, da sempre, il rapporto tra il pubblico e la propria caratteristica scrittura, Mr. Robot si dedica totalmente alla messa in scena, alla costruzione del proprio mondo. Gli anni ’80 fanno da sfondo, gli ormai iconici simboli di quell’epoca – su tutti le tecnologie del tempo – fanno da leitmotiv della serie, fil rouge che collega il presente all’infanzia di Elliot passando per il punto di rottura che renderà il protagonista ciò che è. Lo sfondo nostalgico è calato in una New York contemporanea, attuale come lo è la serie, forse la più vicina ai nostri tempi in termini politici, culturali e sociologici. Mr. Robot riesce ad essere dentro e fuori dalla tv. Rivediamo la nostra quotidianità, le inquietudini, le paure e le speranze della attuale società.

Non è un caso che la serie sia sempre attenta a porre dei parallelismi chiari con la situazione del mondo che ci circonda, per quanto distopica riesce comunque a donarci un senso di disagio palpabile arricchito dai tantissimi riferimenti all’attualità. Basti pensare alla presidenza Trump, all’invito scritto di rivolgersi alla National Suicide Prevention Lifline quando il suicidio ci pare l’unica strada da percorrere o al monologo di un tossico con cui apre la sesta puntata di questa ultima stagione.

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E proprio come la modernità baumaniana, Mr. Robot è “liquido”, versatile, frenetico, mutevole, volubile. Lo notiamo grazie ad Elliot, la cui Soggettiva ci fa immergere in tale realistico contesto guardando attraverso gli occhi del protagonista vivendone confusione e conflitti. Ad avvalorare tale esperienza di immedesimazione c’è l’espediente della rottura della quarta parete. Eliott ci parla e quando non lo fa sa che noi siamo lì. “Hello, friend” non è solo un modo di rivolgersi ma è un vero e proprio invito a farsi coinvolgere, che ci rende consapevoli del nostro coinvolgimento. Mr. Robot ci dice: “io sto parlando di te, del tuo mondo, della tua vita”.

La “liquidità” la ritroviamo anche nella semplice messa in opera. Mr. Robot è un sapiente mix di generi, un calderone di citazioni e idee mescolate. Nella quarta stagione tale approccio è portato ad un livello superiore. Sono presenti un gran numero di generi, dal thriller psicologico a quello informatico passando per il dramma, l’horror, la commedia. La versatilità fa di Mr. Robot uno show completo, mai statico e in continuo cambiamento. Proprio come il suo protagonista.

Ad esempio nella quarta puntata ci ritroviamo immersi in un mondo apparentemente fermo, sospeso in un eterno e inquietante Natale, ove la neve la fa da padrone e Dickens pare imporre la propria presenza. Una puntata al servizio di un leggero orrore che ricorda le fiabe più antiche. Nella quinta invece il registro cambia totalmente, se l’episodio immediatamente precedente è un lungo confronto tra personaggi, la successiva è un frenetico film di spionaggio informatico, ove la tensione è al massimo, le parole inesistenti e il fiato corto onnipresente. Un episodio immerso nel silenzio fatto di pura azione che gioca con lo spettatore e in cui trionfa una regia serrata che parla con immagini rapide, ricca di grandi trovate visive (il vortice di scale rosse) e di scrittura (dopo cinquanta minuti di silenzio assordante e frenetica azione le ultime parole sono “dobbiamo parlare”).

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4×07: un gioiello cinematografico

Ma è nella settima puntata che Mr. Robot corona il suo sogno di contenitore della cultura contemporanea e aspirante prodotto da grande schermo. Come avvenuto già in passato con la 3×07, anche in questa stagione ritroviamo un episodio che omaggia la settima arte. Un Aspect Ratio di 2.35 : 1 e una regia al servizio di una estetica cinematografica rendono questo episodio un vera scatola magica ove convivono anime diverse ma strettamente collegate.

L’impostazione teatrale rappresentata dalla divisione in atti permette la costruzione di un vero gioiello all’interno del panorama televisivo. L’unica location e il conseguente abbassamento dei costi di produzione dà la possibilità di creare un piccolo film in cui le tre anime dell’arte della rappresentazione (Teatro, Cinema e Televisione) convivono e trionfano in un riuscito omaggio alle arti sorelle, che fuse per un’ora di show donano allo spettatore tutti i propri pregi e un episodio che resterà a lungo impresso nella mente.

La composizione di immagini ricercate, l’uso dei colori e delle luci, l’utilizzo di determinate tecnologie converte Mr. Robot in un trionfo televisivo che non ha nulla da invidiare al cinema se non la grandezza dello schermo su cui è proiettato. Nel caso vogliate approfondire questo aspetto, vi rimandiamo ad una delle tante interviste rilasciate dal geniale DOP Tod Campbell .

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E mentre sarete assorbiti da una messa in scena di altissimo livello, i colpi di scena e alcune rivelazioni clamorose vi daranno una scossa mentale all’altezza di quella visiva. Il finale vi scioccherà e, nel caso abbiate dubbi in merito, in conclusione ci accingiamo a darvene una rapida e lineare spiegazione nonostante la serie sia riuscita brillantemente a risolvere la sua complessità di fondo e siamo sicuri che ciò che scriveremo sarà per molti superfluo.

Prima di procedere, però, vorremmo avanzare solo due piccole critiche a questo capitolo conclusivo: l’evoluzione del personaggio di Tyrell, a nostro avviso, meritava un approfondimento maggiore e un ruolo più centrale visto l’importante presenza nelle stagioni precedenti. La seconda critica, invece, riguarda la mancata spiegazione sul funzionamento della macchina di Whiterose. Il marchingegno del leader dell’Esercito Oscuro è stato il mistero trainante degli ultimi atti della storia e il mancato chiarimento sulle sue capacità ci ha lasciati leggermente con l’amaro in bocca nonostante sia apprezzabile l’aver evitato la strada dei mondi paralleli o di altre soluzioni fantascientifiche, che avrebbero stonato con l’impianto estremamente realistico della serie. Chiarito il nostro disappunto, procediamo con la spiegazione del finale.

Spiegazione del finale

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L’Elliot che abbiamo conosciuto nel corso delle stagioni è solo un’ altra personalità del protagonista, emersa per dare sfogo alla rabbia repressa causata dallo shock di aver subito dai propri genitori (qui la rivelazione principale di questa stagione) inenarrabili soprusi. L’hacker vigilante che abbiamo imparato ad amare è solo una reazione inconscia del vero Elliot, una risposta al terribile mondo che lo circonda, un eroe che pone su se stesso il fardello dell‘Io principale con l’obiettivo di migliorare la realtà, per donare al proprio “padrone” un mondo più pulito e giusto. Cambiare il mondo per cambiare se stessi e viceversa.

Qui il fulcro psicologico della serie: siamo vittime delle cose che ci accadono, un avvenimento negativo in meno o uno positivo in più avrebbero potuto cambiare totalmente il nostro essere, o le nostre reazioni nei confronti della vita.

Intanto, l’eroe pone il vero Eliott in un mondo del subconscio fatto su misura per lui, una gabbia dorata in cui vivere in attesa di una libertà reale ottenuta con la lotta al male che ci circonda. Tutto ciò che abbiamo visto accadere in Mr. Robot – fsociety, E corp, Whiterose, Esercito Oscuro – è realmente accaduto. La rivoluzione è vera, risolutiva, feroce e vincente. L’unico a non essere vero è proprio il protagonista, il quale è un semplice tassello della tormentata psiche di Elliot: The Mastermind. Quarta personalità nata dopo Il protettore (Mr. Robot), la prevaricatrice (la madre di Elliot) e la vittima (Elliot bambino). Una volta scoperta la natura del proprio essere e aver consegnato un mondo migliore, Il burattinaio, con le dovute resistenze, cede il posto al vero Io. “Hello Elliot”.

E ricordate, in Mr. Robot nulla è lasciato al caso, il disegno è perfetto nel suo visionario insieme. Vedere per credere:

Stagione 1 Episodio 4

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