Josh Brolin: “Per apprezzare Joker bisogna aver sofferto”

Joker e Josh Brolin
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Josh Brolin ha pubblicato una analisi molto interessante  sul film Joker!

Joker di Todd Philips (qui la nostra recensione) è nelle sale e sta facendo molto parlare di sé per il suo messaggio sociale (violento). L’attore Josh Brolin, famoso per essere stato Thanos negli ultimi due film degli Avengers, ha pubblicato sul proprio profilo Instagram, una attenta analisi del film.

Le parole di Brolin tradotte da noi

Per apprezzare “Joker” credo che tu debba aver vissuto qualcosa di traumatico nella tua vita (e credo che la maggior parte di noi lo abbia fatto) o da qualche parte della tua psiche ci deve essere la conoscenza della vera compassione (che di solito deriva dall’aver vissuto qualcosa di traumatico, purtroppo). Un esempio di pericolosa compassione potrebbe essere, ad esempio, fare un film sulla fragilità della psiche umana, e renderla così cruda, brutale mettendo in mostra la violenza, che quando si lascia il cinema non solo non si vuole ferire nessuno, ma si vuole disperatamente una risposta e una soluzione ai problemi di violenza e salute mentale che sono sfuggiti al controllo intorno a noi. Questo film ti colpisce e solo nel dolore facciamo qualcosa per cambiare. È tutto nell’ironia del trauma – una sottile linea di confine tra il risentimento di voler ferire la società per averti sottratto di una vita decente, per non averti protetto, e l’accettazione di ciò che si avverte come sensazioni sconosciute con l’essere meno rigidi verso quegli altri che sembrano freak nella nostra epoca di giudizio, e nella dannazione digitale.
Come i bambini della scuola media: ragazzi, loro possono solo essere meschini. Senza ragione alcuna. E, a volte, quei terribili ragazzini di internet fanno crescere un male in qualcun altro che si scatena molto più tardi, quando tutti fingono che siamo tornati tutti alla normalità, quando tutti pensavamo che il male fosse semplicemente momentaneo.
Abbiamo l’abitudine di odiare e ostracizzare e dividere e spazzare i nostri problemi sotto il tappeto. Joker, è semplicemente sollevare il tappeto e guardare sotto di esso. Niente di più. Niente di meno. È lì.

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To appreciate “Joker” I believe you have to have either gone through something traumatic in your lifetime (and I believe most of us have) or understand somewhere in your psyche what true compassion is (which usually comes from having gone through something traumatic, unfortunately). An example of dangerous compassion would be to, say, make a film made about the fragility of the human psyche, and make it so raw, so brutal, so balletic that by the time you leave the theatre you not only don’t want to hurt anything but you desperately want an answer and a solution to the violence and mental health issues that have spun out of control around us. This film makes you hurt and only in pain do we ever want to change. It’s all in the irony of trauma — a fine line between the resentment of wanting to hurt society back for raping you of a decent life, for not protecting you, and accepting what feels like alien feelings with softening to those others who seem freakish in our era of judgment, and digital damnation. Like kids in Middle School: man, they can just be mean. For no reason. And, sometimes, those awful little clicky kids breed an evil in someone that rages much later, when everyone pretends we are all back to normal, when we all thought it had just manned up and gone away. We have a habit of hating and ostracizing and dividing and sweeping our problems under the rug. “Joker” is simply lifting the rug and looking underneath it. Nothing more. Nothing less. It’s there.

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Conclusioni

Secondo Brolin, quindi, bisogna entrare in sintonia con il personaggio per capirlo e apprezzarlo appieno. E c’è chiaramente un invito ad ammorbidirsi verso gli altri, a essere più vicini nelle emozioni con gente che potrebbe aver subito chissà quale trauma.

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