Murder Mystery: brutto, imbarazzante e vuoto, ma è un successone

jennifer aniston, adam sandler
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Murder Mystery è il punto più basso delle produzioni Netflix

Ma di certo non da un punto di vista di successo commerciale, dal momento che il film ha fatto il botto, arrivando a segnare un nuovo record per la casa di Reed Hastings. Murder Mystery è stato visto infatti da 31 milioni di utenti in soli tre giorni. Diventerà presto il film più riprodotto di Netflix e Adam Sandler ha firmato per girare ben 8 film con la casa produttrice streaming. Manovre come questa tuttavia non sorprendono, tutt’altro, operazioni simili rappresentano un successo sicuro per una casa di produzione.
Eppure il film poteva essere qualcosa di interessante. La sceneggiatura è di un certo James Vanderbilt, che a suo tempo aveva scritto Zodiac di Fincher, che in questo articolo abbiamo definito il miglior thriller post 2000, salvo poi perdersi dietro a film di minor rilievo, seppur di buon successo, come The Amazing Spider-Man 1 e 2 o Independence Day – Rigenerazione. Oltre a questo, inizialmente il progetto vedeva coinvolta Charlize Teheron, attrice di calibro sicuramente superiore alla Aniston e di portata molto più cinematografica. Ma non solo: nell’orbita della produzione del film avevano vorticato anche i nomi di Emily Blunt e Colin Firth, oltre che quello del regista John Madden. Una serie di cambi di proprietà (prima la Disney, poi la Weinstein Company) hanno fatto poi rotolare il progetto fin nelle mani di Netflix.

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Ma cosa c’è che non va in Murder Mystery?

Il film di Kyle Nowacheck è un classico giallo alla Agatha Christie. Adam Sandler e Jennifer Aniston sono Nick e Audrey Spitz, una classica coppia americana male assortita che tenta di salvare il proprio matrimonio collezionando bugie e indifferenza reciproca. Audrey ama leggere libri gialli e Nick è un poliziotto un po’ scarso che ha già fallito per tre volte l’esame per diventare detective. Dopo una rapida e sommaria introduzione dei due protagonisti del film, questi vengono catapultati senza troppa logica in una vacanza sogno, rapiti dalle lussuriose promesse ventilate da un loschissimo dandy incontrato su un aereo.
La relazione tra i due protagonisti dovrebbe fondarsi, come detto, su un’indifferenza reciproca di facciata. La coppia non appare mai affiatata, ma finisce per aiutarsi nel momento del bisogno, esasperando tuttavia di fronte agli altri la propria disunione. Tristemente però, Sandler e la Aniston non riescono a portare in scena assolutamente niente delle simpatiche schermaglie amorose di una coppia in crisi, al contrario riescono a mostrarsi soltanto irritanti e piuttosto stupidi. Niente di nuovo e, in realtà, anche un po’ confuso.

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Giunti su quello che sarà il luogo del delitto, un lussuosissimo yacht ancorato in Costa Azzurra, giunge la rapida carrellata di presentazioni delle pedine del giallo. Gli Spitz si trovano in fatti nel bel mezzo di una sorta di riunione di famiglia alla quale partecipano tutti i possibili ereditieri di un fittizio e famosissimo riccone. Parenti, stretti amici e guardie del corpo; tutti stanno appresso allo Zio Paperone del film sperando di essere nominati suoi eredi. La carrellata che dicevamo sopra giunge nel più didascalico dei modi e detta subito il genere del film: il delitto a questo punto è dietro l’angolo, insieme alla noia. Un film come Murder Mystery, privo a dire il vero del benché minimo mistero, può riuscire a destare interesse solo in chi non ha mai visto o letto un giallo fatto come si deve. Solo i ridicoli e stupidissimi siparietti tra i due protagonisti (che non fanno ridere né in italiano né in lingua originale) possono distrarre l’attenzione dello spettatore dalla più telefonata delle soluzioni. Ad aggravare il quadro c’è il resto del cast che, scarso di partenza, deve confrontarsi con una scrittura dei personaggi davvero povera. Se l’intento era quello di stereotipare per fare dell’ironia (o una parodia) forse i creatori del film dovrebbero riguardare (sempre che l’abbiano fatto almeno una volta) quel gioiello di Murder by death, titolo italiano Invito a cena con delitto. Le macchiette che recitano in Murder Mystery sembrano invece solo tristi e ridicole. Non riescono a far ridere, non riescono a divertire e men che meno riescono ad intrigare. I personaggi non americani del film sono, se possibile, ritratti in maniera ancor più idiota (e, ribadiamo ancora una volta, non divertente) dei coniugi Spitz. Si capisce bene dunque come il catartico momento della soluzione del delitto, dove tutti, indagatori e indagati, devono dar prova del proprio acume, sia uno dei più imbarazzanti del film e della storia dei film gialli. 

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Riassumendo Murder Mystery fallisce su tutta la linea. Fallisce nell’essere una commedia e fallisce nell’essere un giallo. Il film diretto da Kyle Nowacheck è stato praticamente massacrato dalla critica statunitense e internazionale guadagnandosi una recensione positiva solo da parte di Entertainment Weekly. Secondo The Globe and Mail di Toronto il film “cementa la reputazione di Adam Sandler come il più intelligente uomo che fa i film più stupidi”. Ma ci sentiamo di condividere soprattutto il pensiero di David Ehlrich di Indiewire che calca l’attenzione sulla sconcertante tranquillità con cui un film come Murder Mystery possa aver visto la luce, con i suoi personaggi adimensionali e la sua scrittura scarabocchiata. Murder Mystery ha infatti l’aspetto di quel film fatto da qualcuno che ben sapeva di fare qualcosa di brutto, ma infondo non importava. Non ce ne voglia Agatha Christie se abbiamo usato il suo nome per descrivere questa spazzatura, probabilmente anche chi partecipava al progetto si ripeteva nella mente lo stesso nome per autoconvincersi di stare facendo qualcosa che assomigliasse ad un giallo. E invece non è così. E’ solo un film brutto, ma un brutto così anonimo da non destare neanche la curiosità di chi ha quella naturale e contorta passione per i film di serie Z. E dire che casa Netflix ha dato alla luce da non molto gioielli come Roma e La Ballata di Buster Scruggs.

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Lapo Maranghi
Medico con la passione per il cinema. Nato a Firenze, vanta un bagaglio culturale vintage-pop costruito grazie a varie attività parallele, portate avanti boicottando e autosabotando i propri studi, come la lettura compulsiva di fumetti e libri, la passione per concerti e festival, la pallanuoto e ovviamente l'amore per il cinema. Scrive per la Scimmia perché nessuno è più figo della Scimmia.
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