Recensione di Roma, nuovo film di Alfonso Cuarón

Verità e bellezza convivono nel film Leone d'oro 2018, in uscita su Netflix il 14 dicembre.

roma di cuaron
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REALTÀ – CONTRASTO – BELLEZZA

REALTÀ

Se si potesse riassumere un film straordinario come Roma di Cuaron, in tre parole, la prima a venire in mente sarebbe sicuramente: REALTÀ. Il Leone d’oro 2018 è un premio alla verità, raccontata senza schemi e senza veli dal regista Alfonso Cuarón. Quello di Roma è un racconto sincero, puro, vero. La sceneggiatura è tratta direttamente dalla memoria del regista che, per non rovinare la purezza del ricordo, si è servito di attori non professionisti e metodi di ripresa decisamente poco ortodossi. Infatti sul set, Cuarón era il solo a conoscere la sceneggiatura per intero, gli attori la scoprivano giorno per giorno. Scelte queste, finalizzate ad ottenere emozioni spontanee e sincere sulla scena. Secondo Cuarón infatti, nella vita «non si può davvero pianificare come reagire alle situazioni» e catturare in un film tali reazioni spontanee, non è semplice.

Recensione Roma Cuaron
Il regista Alfonso Cuarón e l’attrice protagonista Yalitza Aparicio sul set di “Roma”.

Nel film i personaggi sono messi di fronte alla durezza della vita in più di un’occasione. Le loro potenti reazioni agli eventi, non sono frutto solo dell’intelligente direzione di Cuarón, ma anche di un inaspettato talento nella recitazione. Un bravo attore riesce a immedesimarsi nella parte che gli è stata assegnata, tanto da risultare credibile agli occhi del pubblico. Un attore eccellente invece, vive la parte che gli è stata assegnata e il pubblico con lui. Ed è per questo che durante la visione di Roma, il pubblico non potrà fare a meno di sorridere, ridere e piangere insieme agli attori. La storia narrata da Cuarón infatti, è una storia di vita vera, familiare a molti e vissuta in primis dal regista. Il dolore che il film racconta, è un dolore universale, che tutti conosciamo. L’effetto è lo stesso di un pugno nello stomaco, inflitto però da scene di una bellezza disarmante.

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Roma è un film autobiografico. Ambientato nel quartiere di Città del Messico in cui Alfonso Cuarón ha realmente vissuto.

Nel film, alle vicende di una famiglia medio-borghese, fanno da sfondo i contrasti sociali che, negli anni ’70, hanno sconvolto il Paese. Ricordi di Storia universale e storia individuale convivono nel diario autobiografico di Cuarón. Al dramma generale dei cittadini, corrisponde il dramma privato delle protagoniste femminili del film, ricordo delle donne forti e tenaci di casa Cuarón. Cleo, la giovane domestica della casa, una mixteca dai tratti potenti ed evocativi, belli di una bellezza antica. E Sofia, doppio sullo schermo della madre di Cuarón, fragile ed emotiva, ma che alla fine si rivela dotata di una forza dirompente, potente come quella delle onde di un mare in tempesta. Questa pellicola, inno alla straordinaria forza femminile, è il personale tributo e regalo che Cuaròn fa alle donne della sua vita; in particolare a Libo, la sua tata.

CONTRASTO

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Sebbene la narrazione scorra fluida come acqua – elemento molto caro a Cuaròn, che con l’acqua fa iniziare e finire quasi tutti i suoi film -, nella narrazione ci sono anche degli importanti momenti di rottura. L’unità narrativa del film è in realtà una “dualità” che si ritrova in più livelli. Dal punto di vista dei contenuti, scene festose sono alternate a momenti strazianti, in un continuo trattenere il respiro e riprendere fiato. Lunghissimi piani-sequenza su un solo personaggio, precedono inquadrature veloci, affollate da una moltitudine di gente. Il racconto dell’alta società borghese messicana, è parallelo a quello del mondo degli umili, dei domestici. Infatti, con una raffinata reminiscenza de La regola del gioco (1939) di Jean Renoir – maestro del realismo poetico francese – anche in Roma “servi” e “padroni” si equivalgono.

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Dal punto di vista sonoro i contrasti diventano espliciti, quasi esibiti. Per citare un solo, emblematico esempio, allo strazio interiore di Sofia, lasciata da sola sulla strada, corrisponde il passaggio di una banda di musicisti che suona un’allegra e chiassosa musichetta. Visivamente, i vari contrasti sono amplificati dall’elegante bianco e nero. Ma anche dalla rottura degli oggetti, ai quali la macchina da presa riserva tanta attenzione. L’insistenza sugli oggetti, può essere ricondotta alla loro importanza come status symbol della classe borghese, a partire ovviamente dalla macchina, la protagonista di una delle gag più divertenti e gustose del film.

BELLEZZA

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La macchina è anche il soggetto di una delle scene stilisticamente più belle del film. La cinepresa si sofferma sui dettagli dell’elegante berlina per un tempo lunghissimo, ma senza annoiare, anzi. Questo indugiare sui dettagli, in un perfetto equilibrio tra fluidità e staticità, è il tratto distintivo dello stile di Roma, che alterna panoramiche lunghissime ad inquadrature fisse, tutte magistralmente eseguite. La fotografia, curata dallo stesso Cuaròn, è di una bellezza semplice e disarmante. Nonostante la grande perizia tecnica, la fotografia e gli espedienti espressivi non finiscono mai per svilire la forza della narrazione. Neanche le citazioni cinematografiche, in particolare quelle dei suoi ultimi due film, suonano ridondanti ma anzi contribuiscono alla solidità del racconto. In Roma tutti i piani si compenetrano e rafforzano a vicenda, un po’ come i personaggi che trovano la loro forza solo nell’unione.

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