Ecco perché non c’è Annie in Twin Peaks 3

In Twin Peaks 3 c'è un'assenza che si è fatta sentire. Parliamo di quella di Annie Blackburn, protagonista della domanda che chiude la seconda stagione.

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Quanti di voi, amanti dello strano mondo di Twin Peaks, si sono chiesti alla fine della terza stagione “come sta Annie?”.

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Se la fatidica domanda tormentava Dale Cooper/Bob alla fine della seconda stagione, il quesito si è poi spostato nella mente dello spettatore venticinque anni dopo. Effettivamente, la scelta da parte di David Lynch di lasciare fuori questo importante personaggio, grande amore del detective più abile del mondo, ha spiazzato numerosi fan. Mossa geniale o semplice dimenticanza?

Nessuna dimenticanza, tutto è calcolato nei minimi dettagli quando si parla di David Lynch e Mark Frost. Non è un caso quindi che la fatidica domanda si sposti dal protagonista allo spettatore. Difatti, se guardiamo il quadro generale, Twin Peaks non si esaurisce solo nelle tre stagioni che compongono la serie ma ha seminato numerosi indizi attraverso differenti veicoli artistici. Non solo televisione quindi, ma anche libri, articoli, interviste, prequel. Tutto questo materiale prodotto tesse una fitta rete di avvenimenti, spiegazioni e domande, il cui scopo è creare una cosmologia tanto complessa quanto quella del mondo reale.

La risposta alla nostra assillante domanda si trova in un libricino scritto appositamente per chiudere tutti i quesiti lasciati irrisolti dalla terza stagione. Parliamo di Twin Peaks: Il Dossier Finale, seguito de Le vite segrete di Twin Peaks. Entrambi i volumi fanno parte del grande arazzo cucito da Lynch e Frost per celebrare l’imponente ritorno della serie cult. Le vite segrete di Twin Peaks ha preceduto, quasi in tutto il mondo, l’uscita della terza parte e copre i venticinque anni che ci separano dalla caduta di Cooper fino alla primo episodio de il ritorno; mentre Dossier Finale ha esordito appena dopo la fine dello sconcertante diciottesimo episodio e ha lo scopo di risolvere numerosi quesiti lasciati in sospeso.

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La soluzione all’enigma Annie lo troviamo proprio in un capitolo di questo interessante volume. Protagonista della ricerca, investigatrice implacabile, è Tamara Preston, che per conto di Gordon Cole dovrà investigare sull’intera storia della piccola cittadina dello stato di Washington.

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Come dicevamo, un capitolo del dossier è dedicato ad Annie Blackburn e al suo destino. Preferiamo dirvi da subito che la povera angelica ragazza non ha avuto il suo lieto fine, e che la pazza corsa di Cooper per salvarla dalla Loggia Nera non è servita a molto, condannando entrambi all’oscurità e al silenzio.

Annie Blackburn passò un giorno in ospedale, durante il quale sembrò essere uscita relativamente immune dalle esperienze che aveva dovuto sopportare (dichiarò di non averne alcun ricordo). La mattina seguente, il personale dell’ospedale la trovò in uno stato catatonico. Occhi aperti, sguardo fisso davanti a sé, incapace di vedere, le pupille fisse, completamente passiva ado gni stimolo visivo o uditivo. I medici, stupefatti, non riuscirono a trovare nessuna spiegazione scientifica: i suoi parametri vitali erano nella norma.

Pertanto, apprendiamo da questo passaggio che Annie non si è mai più ripresa da quella terribile notte, quasi fosse stata messa in stand-by. La ragazza migliorò poi col tempo ma non diede mai più segni di vitalità. Quest’ultima riaffiora solo durante un fatidico giorno.

Nell’anniversario del giorno in cui Annie era stata ritrovata nei boschi, Norma tornò a casa e la trovò accasciata sul letto in una pozza del suo stesso sangue: si era tagliata di nuovo le vene dei polsi, con i frammenti di un vetro rotto. Norma arrivò appena in tempo […] Ancora una volta, Annie non sembrava consapevole ci cosa aveva fatto a se stessa, di dove si trovasse o di chi fosse con lei. […] La mattina seguente, però, pronunciò una frase in ospedale. Stando ai ricordi dei presenti, era la prima cosa che diceva dal giorno in cui era stata salvata nei boschi. Anche se c’erano diverse persone nella stanza, tra cui Norma, nessuno le aveva parlato (sapevano che era inutile), quindi Annie non stava rispondendo a una domanda posta da uno dei presenti. «Sto bene» disse.

Secondo Tamara Preston, Annie ormai è isolata dal mondo, incapace di assolvere ai compiti più semplici come mangiare o bere da sola. Dopo il tentato suicidio, la ragazza non migliorò più e fu trasferita in un ospedale psichiatrico, ove dimora tuttora. Qui, è dove l’agente Preston ha potuto incontrarla.

Ho visitato la struttura di recente e ho trascorso più di due ore insieme a lei. È ancora decisamente bella, il viso privo di rughe e dall’aspetto giovanile, di indole pacifica e misericordiosamente distaccata da tutti e tutto ciò che la circonda. Sembra che non sia invecchiata nemmeno di un giorno. […] I suoi occhi, lungi dall’essere opachi e vacui […] sembrano vivi, pieni di una misteriosa vitalità interiore. Ho notato, però, un’ultima anomalia quando ho esaminato le sue cartelle e i video […]. Ogni anno, una volta all’anno, nell’anniversario del giorno in cui fu ritrovata nei boschi, senza essere stimolata e senza rispondere a una domanda a lei diretta, esattamente alle 8,38 del mattino, pronuncia la stessa frase, senza rivolgersi a nessuno in particolare. «Sto bene» dice.

Possibile che Annie risponda ad un’ eco lontano? Quell’eco che ricorda la fatidica domanda su cui si chiude la seconda stagione di Twin Peaks? Possibile che Annie stia rispondendo al frammento di anima del Dale Cooper originale? Forse, certo. Ma non ci è dato avere certezze nel mondo creato da Lynch.

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“E così pare che sia qui, più con dei puntini di sospensione che con un punto fermo, che abbandoniamo la dolorosa esistenza di Annie Blackburn”

Annie sta bene. Questa è la risposta.

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Bibliografia: Twin Peaks: Il Dossier Finale, Mark Frost, Mondadori, 2017

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