Murubutu contro Salvini: dal passato s’impara

Murubutu
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E’ Alessio Marani, in arte Murubutu, il famoso rapper di 43 anni, a delineare nuovi confini per il rap italiano: con la sua cattedra di Storia e filosofia in un liceo di Reggio Emilia, conquista giorno per giorno un pubblico sempre più numeroso, incantato dai suoi “rapconti“.

“Le idee ridicole possono diventare mostruose e totalizzanti, diceva la Arendt”

Una strana ed efficace combinazione tra due mestieri antitetici: un rap didattico dai contenuti importanti, un cantautorato dallo storytelling ispirato alla filosofia, alla letteratura e alla cultura narrativa: insomma, un ossimoro vivente (e a noi gli ossimori di qualità piacciono molto).
Il rapper anticonvenzionale si è esposto al BOtanique 9.0 di Bologna parlando di politica, di filosofia e ovviamente di storia.

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Nel mondo del rap qualcosa si muove: nei giorni scorsi Gemitaz su Instagram ha invitato gli artisti a farsi sentire contro le politiche del ministro degli Interni.

 “Sono d’accordo con lui, l’importante è che i messaggi politici non siano retorici ma articolati e complessi perché la realtà è complessa. Per quanto riguarda la presa di posizione di Gemitaz è assolutamente lodevole, soprattutto perché proviene da un artista che non è politico. La sua è una posizione condivisibile, questo governo che è di destra, ci preoccupa molto sia per i diritti delle minoranze, ma anche per i diritti dei cittadini: rischiamo di perdere delle garanzie e dei diritti che avevamo guadagnato nel corso del tempo”.

Nei suoi testi ricorre spesso il mare, che ne pensi di chi oggi viene dal mare?

 “Oggi dal mare vengono i nuovi migranti, non si può prescindere dai flussi migratori quando si analizza la contemporaneità, dovremmo ricordarci di come eravamo noi italiani quando migravamo, e ricordarci che le migrazioni hanno sempre caratterizzato la storia dell’umanità. Io sono seriamente preoccupato di quello che sarà il futuro dell’Italia con questo governo, e non parlo solo di una questione culturale e neanche della questione sociale, come possono essere le leggi sulle minoranze, ma anche per la questione economica”.

Come docente di storia teme che eventi tristemente noti del nostro passato possano ripetersi?

“A tal proposito mi piace ricordare la lezione di Hannah Arendt, grande filosofa della politica, che diceva che quando si sviluppa l’assenza di pensiero nelle grandi masse, più possono attecchire delle idee che prima sembravano ridicole e che poi, con il passare del tempo, diventano prima imperanti, poi mostruose e infine totalizzanti come nel caso della Shoah”.
“Insegno Storia e filosofia, è fondamentale che mi soffermi su quella che è la realtà contemporanea e anche su come interpretare la contemporaneità alla luce del passato. Non posso fornire loro una mia interpretazione o dare un messaggio politico, il mio lavoro è fornire loro gli strumenti critici per interpretare la realtà. Ad esempio, quando insegno storia ci tengo molto ad andare oltre la seconda guerra mondiale, che in genere è il limite a cui ci si ferma nei programmi di quinta superiore, per arrivare alla fine della prima Repubblica”.

 

Cosa possono fare i suoi alunni?

 “La cosa migliore che si può fare nel proprio piccolo, perché tutto parte da lì, è mantenersi informati, farsi un’istruzione in modo da avere gli strumenti per interpretare la contemporaneità e soprattutto sviluppare un pensiero critico”.

 

Basterà ad arginare il ritorno dei nazionalismi?

“La storia ci ha dimostrato che le azioni concrete a volte servono, ma che spesso degenerano, ce lo insegna anche la scuola di Francoforte, o il pensiero di Sartre. Più che altro dobbiamo fuggire da un’interpretazione meramente calcistica della realtà: l’eterno dualismo buoni contro cattivi, questa è la cosa più ingenua e superficiale che si possa fare perché si finisce a fare il gioco di persone come Salvini. La realtà è molto più complessa di così, dobbiamo interpretarla in modo articolato e solo l’istruzione può permetterci di farlo”.