Possession, la spiegazione del capolavoro di Andrzej Zulawski

Grottesco, surreale, folle. In tre parole, Possession, il film capolavoro del regista polacco Andrej Zulawski.

Possession film horror estremi censurati
Condividi l'articolo

Possession è un’opera folle, un film audace in grado di trascendere l’ordinario e di sconvolgere l’animo dello spettatore.

Disturbante, grottesco ed a tratti quasi onirico, l’opera di Andrzej Zulawski trascina lo spettatore in un viaggio ansiogeno sulla psiche dell’uomo, sui rapporti famigliari e su quella perdita dei valori, che fa vacillare l’esistenza. Un padre, una madre ed il loro figlio sono i personaggi di questa storia, figure chiave di un’odissea grottesca al limite della ragione, che si apre con un divorzio e con il conseguente disfacimento delle sicurezze dell’uomo moderno. Un lavoro in grado di colpire, non solo per la sua messa in scena, sempre asettica ed ostile, ma anche per le interpretazioni magistrali degli attori. Performance capaci di esaltare il malessere interno dei personaggi, sia nella forma e sia nell’intensità in cui son state proposte. Isabelle Adjani, protagonista assoluta dell’opera, offre uno spettacolo allucinato, una personificazione carnale del disagio umano, resa alla perfezione dalle doti recitative della donna. Un talento eccelso, fatto di mimiche facciali e movenze inquietanti, accostabile per quanto riguarda il livello di qualità, all’interpretazione di Jack Nicholson in Shining

La regia, che spesso si concede movimenti di macchina a mano, rappresenta concretamente il turbamento degli animi dei personaggi, accentuati anche dal taglio “schizofrenico” che Andrzej Zulawski da alle sue immagini  Anche la fotografia non è da meno, risultando capace di conferire staticità e sospensione temporale all’intera pellicola, contribuendo così alla riuscita di questo capolavoro e alla resa della sua atmosfera. Possession non è un film di facile comprensione, ma è un’opera che vive di allegorie e di simbolismi; un vero trattato sull’animo umano e sui suoi drammi esistenziali. Un lavoro che porta in scena le paure ancestrali e i timori primordiali dell’individuo, attraverso costrutti ansiogeni e pressanti. La scenografia del film, palcoscenico di tutti gli orrori, è una Berlino svuotata, a tratti quasi desertica, ancora divisa da un muro fatto di ignoranza e violenza. Un simbolo che non fa altro che rimarcare il tema cardine dell’opera, ovvero quello del doppio. Un luogo desolante, martoriato da una povertà palpabile, che amplifica la sensazione di disagio che si può provare durante la visione.

Possession

SCENA CARDINE:

Prima di scrivere ciò che potrebbero rappresentare le intere vicende narrate, bisognerebbe spendere qualche parola su una determinata scena all’interno del film, ovvero quella chiesa. 

Anna, interpretata da Isabelle Adjani, è davanti alla statua di Gesù ed è in attesa; in ascolto di una risposta ai suoi dubbi esistenziali. Aspetta impazientemente, si dimena, si dispera, ma nessun accoglie la sua chiamata, nessuno ascolta la sua preghiera. In quel momento l’uomo, rappresentato dall’Adjani, capisce di essere solo e in balia ad un caos esistenziale. Questa rivelazione apre definitivamente le porte alla follia, successivamente mostrata nella scena della metropolitana, appena qualche istante dopo. In quella precisa sequenza Anna urla e si contorce, quasi in preda ad una possessione demoniaca, infrangendo contro una parete del latte e delle uova. Elementi simbolici, rappresentazioni del sostentamento e della riproduzione, caratteristiche indispensabili per la vita sulla Terra. Con la loro distruzione, Anna rinnega tutto quello in cui credeva e l’esistenza stessa. Un atto contro il Dio a cui si è sempre rivolta, ma da cui non ha mai ricevuto risposta, in quanto mera illusione.

LEGGI ANCHE:  Il mutismo di David Lynch, nel cinema e nella vita

Possession

ANALISI E SPIEGAZIONE DEL FILM:

Anna, durante un monologo interiore, rivela allo spettatore la chiave per la decodificazione dell’intera opera, indirizzandolo su un percorso ben preciso e delineato. “Ci sono due sorelle in me, una è la fede e l’altra è il caos”, queste due entità sono rappresentate nel film, per quanto riguarda la parte femminile, dalla protagonista e dall’insegnate della scuola elementare. Questi due elementi, uno l’opposto dell’altro, non possono coesistere nello stesso universo, dando vita quindi ad un conflitto esistenziale, che sfalda il matrimonio dei protagonisti, portandoli all’inevitabile distruzione. Un processo allegorico inarrestabile, che non solo parla della vita e delle forze che la dominano, ma anche dell’odierno rapporto tra uomo e donna, sempre più instabile e destinato a sgretolarsi. Andrzej Zulawski con Possession porta in scena l’annichilazione e la distruzione delle certezze umane, suggerendo che le uniche cose concrete al mondo, non siano altro che quelle più spiacevoli.

I due protagonisti, marito e moglie, smarriti e disorientati dagli eventi che li vedono coinvolti, vagano alla ricerca disperata della “fede” perduta, di quel motivo per cui vale le pena vivere ed affrontare la realtà di tutti i giorni. Entrambi però trovano le loro risposte nel “caos”, in quelle entità così disposte ad appagare le loro aspettative, da rivelarsi un’abile inganno. Se Anna crede di vedere nella creatura mostruosa che scopre, una sorta di divinità, alla quale poter consegnare la propria esistenza, suo marito invece, pensa di trovare nella maestra di scuola, una compagna di vita d’amare e con la quale potersi sposare. Due amari miraggi, che trascinano i protagonisti lontani dalla loro vera essenza, annichilendo così il loro spirito.

Possession

Nel finale di Possession, possiamo vedere il mondo sprofondare nel caos e la fede perire d’innanzi ad esso. Le sirene che si sentono in lontananza, nell’ultima sequenza del film, sono indice della devastazione in corso e della conseguente perdita di morale da parte degli uomini. Il bambino, figlio della coppia protagonista, intuendo il pericolo in atto, decide di non aprire le porte al caos, che ormai bussa materialmente alla porta di casa. Il decadimento delle ultime credenze e sicurezze del genere umano è ormai inarrestabile e il piccolo, rendendosi di questo oltre che della morte dei suoi genitori, decide uccidersi annegandosi nella vasca da bagno.

LEGGI ANCHE:  David Lynch spegne le speranze di fan: "Nessun mio nuovo film a Cannes"

Possession

In conclusione, la creatura mostruosa che appare per tutto il film, non rappresenta altro che la confusione e la perdita di morale, che si insinua nel cuore degli uomini, portandoli alla devastazione. Una sorta di parassita, che divide a metà tutto ciò che tocca, conducendo lentamente alla follia ed ad un ignoto, vacuo e privo di significato. Andrzej Zulawski con Possesion, sembra quasi suggerire che il mondo di oggi sia privo di certezze e di simboli reali ai quali rivolgersi; una realtà spietata e crudele, dove l’unica cosa concreta sembra essere il caos che ci governa. L’uomo non ha nessun Dio al quale potersi rivolgere e nessun amore in cui poter credere, ma solamente mostruosità e contatti carnali.  L’essere mostruoso però, potrebbe anche essere interpretato anche come l’incarnazione del senso di colpa della protagonista. dovuta al divorzio e al conseguente odio per il marito, ossessivo, possessivo e completamente in balia dei suoi sentimenti. Un disprezzo verso il suo compagno e verso se stessa che si trasforma in un’incarnazione bestiale ed inquietante. Un simbolo grottesco per il suo lento abbandono della spiritualità, per una vita dedicata all’io e non ad un dio, rivelatosi poi assente.

Interessante notare  anche come l’entità dagli “occhi verdi”, simboli del caos e privi di qualsivoglia di morale, non siano altro che gli alter ego dei protagonisti. Un’allegoria ampia, dai molteplici significati e risvolti, che rende ancora più complesso e variegato il messaggio dell’artista. Una delle possibili interpretazioni, sembra suggerire che l’uomo, nonostante sia sempre alla ricerca di un qualcosa di nuovo che lo possa completare, finisca sempre con l’accettare le stesse cose, anche quelle per lui dannose. Un’altra analisi, ben più interessante della precedente, punta il centro della discussione sulla scissione della persona, su un conflitto interiore tra moralità e primordialità, reso concretamente attraverso gli opportuni personaggi. Una divisione nata dall’impossibilità di una coesistenza tra caos e fede, tra giusto e sbagliato, nella medesima entità. Tirando le somme quindi, Possession è un’opera fortemente simbolica, allegorica, complessa e che può essere analizzata sotto vari punti di vista, in grado di fornire ad ogni visione nuovi scorci differenti. Un capolavoro della storia del cinema, definito da David Lynch stesso “il film più completo degli ultimi 30 anni“.