Musica e film – Easy Rider

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In Easy Rider di Dennis Hopper la musica e le immagini hanno lo stesso destino: quello di un’epoca che tramonta.

Quando Easy Rider esce, nel 1969, lo scalpore che provoca è grande. Il film viene giustamente ritenuto il manifesto della controcultura degli anni ’60, nonchè il canto del cigno dell’utopia hippie.

Utopia che nello stesso anno raggiunge il proprio apice culturale ed artistico nel festival di Woodstock. Ma, come è noto, il 1969 è anche l’anno della morte di quella utopia, per colpa degli omicidi della famiglia Manson e dell’incidente al festival di Altamont.

Perciò il film di Dennis Hopper rappresenta tanto un omaggio quanto un malinconico saluto a quella controcultura. E lo fa accogliendo una colonna sonora interamente impostata sul rock and roll, evento che all’epoca contava pochi precedenti a Hollywood. Infatti all’epoca era ancora molto raro che un film di grande portata (Easy Rider venne distribuito dalla Columbia Pictures) utilizzasse tali musiche.

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Ad Hollywood ci si affidava più a compositori come Henry Mancini, o tuttalpiù si utilizzavano musiche meno invadenti, come la bossa nova. Le eccezioni ci sono e sono numerose, ma riguardano più film del sottobosco indipendente.

Esempi? Il film The Trip di Roger Corman (1967), il regista alternativo per eccellenza. Un’altra ovvia eccezione è quella de Il laureato di Mike Nichols (1967), che utilizza musiche di Simon & Garfunkel.

Easy Rider è uno dei primi film a voler non solo accogliere il rock and roll, ma pure a volerlo sposare con le immagini in un connubio testuale, non esclusivamente artificioso.

Cioè: in questo film la musica rock non è solo qualcosa di “esterno”, che riguarda i giovani e la loro cultura – come in un altro film di Corman, The Wild Angels (1966) predecessore spirituale di Easy Rider. Nel film di Hopper invece la musica è piena e sempre extra-diegetica, perchè le canzoni e le scene che vediamo parlano delle stesse cose.

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E questa sincronia è evidente già dalla prima celebre sequenza dei titoli di testa, sulle note di Born to Be Wild degli Steppenwolf, canzone da sempre identificata con il film.

Compaiono poi The Band, con la loro celebre The Weight (ma coverizzata), e Jimi Hendrix, con If 6 Was 9. I Byrds, con la splendida Wasn’t Born to Follow, a metà tra country e psichedelia, sintomatica del loro lavoro all’epoca. C’è posto anche per gruppi meno noti, provenienti dall’underground folk/psichedelico di fine anni ’60: The Holy Modal Rounders, Fraternity of Man, The Electric Prunes.

Poi, Roger McGuinn dei Byrds coverizza la composizione di Bob Dylan, It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding). Pure, anche la canzone Ballad of Easy Rider viene composta a quattro mani da Dylan e McGuinn, e cantata da quest’ultimo.

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Un momento significativo del film è la prima scena, sulle note di un’altra canzone degli Steppenwolf, The Pusher.

I due protagonisti acquistano della droga appunto da un pusher, che è interpretato da Phil Spector, uno dei più famosi produttori musicali dell’epoca. Può essere interessante collegare questa scena iniziale alla fine del film (per i pochi che non l’hanno visto, non spoileriamo).

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La droga è ciò che distrugge il sogno hippie e tutte le ambizioni controculturali dei giovani dell’epoca, ed in quanto incipit del film già fa presagire ciò che avverrà, e cioè nulla di buono. La droga già dimostra che la controcultura è finita, dissolta nel fumo di marijuana o disintegrata in una striscia di coca. E anche qui, la canzone degli Steppenwolf costituisce un supporto testuale a questo concetto. Ossia, non è solo musica di sottofondo:

You know, I’ve seen a lot of people walkin’ ‘round;
With tombstones in their eyes;
But the pusher don’t care;
Ah, if you live or if you die;

Si incolpa il pusher, naturalmente; ma nessuno costringe i due protagonisti a comprare la droga, e a nasconderla nelle moto. Il resto è storia.

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Easy Rider è allora un film nel quale, ad un livello astratto e concettuale, le musiche, le canzoni, e le azioni dei protagonisti formano un tutt’uno. Di nuovo, la musica di questo film non è solo musica di sfondo, non deve solo accompagnare le immagini.

Ma va a costituire, assieme alle immagini stesse, il testamento forse involontario di un’epoca già morente.