5) The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese (2013)
Il film ci porta alla scoperta della vita di Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio), dai suoi inizi sino alla sua caduta. L’uomo si è fatto strada pian piano come broker a Wall Street, diventando, dopo diversi anni, il fondatore di una società florida che si occupa della vendita di azioni penny stock. La sua vita diventa così ricca di eccessi: droga, prostitute ed innumerevoli spese decisamente non necessarie. Divorzia anche dalla sua prima moglie e si risposa con la seducente Naomi LaPaglia (Margot Robbie). Ma il futuro di Mr. Belfort non è per niente florido. Pieno di eccessi e sequenze esilaranti, The Wolf of Wall Street non annoia mai nonostante le sue tre ore di durata. DiCaprio regge la scena per tutto il tempo, ed è presente praticamente in ogni fotogramma. La sua parte è ricca di monologhi (la quarta parete “crolla” spesso) e situazioni assurde, ma DiCaprio non perde un colpo. Memorabile la scena della Lamborghini.
4) C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino (2019)
Con C’era una volta a… HollywoodLeonardo DiCaprio torna a lavorare con Quentin Tarantino, calandosi nei panni di Rick Dalton, un attore sul viale del tramonto. Dalton è un uomo che ha costruito se stesso intorno alla sua capacità di riempire uno schermo e ora che Hollywood sembra avergli voltato le spalle per lui non c’è altro che l’autocommiserazione e una buona dose di alcol da assumere sotto lo sguardo del fedele stunt (Brad Pitt).
Leonardo DiCaprio si dimostra senz’altro abile nel portare sullo schermo un personaggio fratturato e terrorizzato, che nel non sapere cosa lo attende in futuro, emerge con l’ingenuità e la tenerezza di un bambino. Nei suoi stivali da cowboy, con la barba a coprire parte dei lineamenti, Rick Dalton diventa un adolescente in cerca di conferme, un uomo smarrito che ha bisogno di aggrapparsi a parole di conforto e alle schegge di quei tempi d’oro che si è lasciato alle spalle.
Nella lettera d’amore che Quentin Tarantino scrive per un determinato tipo di cinema ormai svanito, Leonardo DiCaprio ha la stessa, tragica malinconia di un eroe caduto, che più della morte teme di finire avvolto nell’oblio. Riempie lo schermo e riesce a dare allo spettatore un doppio volto di Rick Dalton: da una parte quella più prettamente comica e ingenua. Dall’altra, però, senza grandi messe in scena, riesce a parlare del tempo che scorre inesorabile e che molto spesso non ci lascia altro che il ricordo di un sogno realizzato. Chapeau.
Arriviamo al medaglia di bronzo. Django (Jamie Foxx) è uno schiavo nero che è stato liberato dal dottor King Schultz (Christoph Waltz) che di professione fa il cacciatore di taglie. Tra i due scatterà una collaborazione per catturare i più pericolosi malviventi. Ma la preoccupazione più grande di Django è ritrovare sua moglie: Broomilda (Kerry Washington). Dopo varie ricerche si viene a scoprire che Broomilda lavora come schiava nella sontuosa villa di Candyland, dove il padrone è Calvin Candie (Leonardo DiCaprio). Tarantino non sbaglia un film e ci delizia con la sua violenza eccessiva ed i suoi dialoghi studiati. Il ruolo di DiCaprio in questo caso non è da protagonista, ma davvero non si poteva ignorare questa performance, forse l’uomo più spietato interpretato da Leo sinora.
La scena a tavola dove armeggia con il teschio di un uomo è divenuta celebre in seguito perchè DiCaprio si tagliò la mano realmente mentre giravano. L’attore non si fermò e continuò a recitare, donando un tocco in più con la mano insanguinata sul volto dell’attrice Kerry Washington. Signori, avevate la mia curiosità , ma ora avete la mia attenzione.