10 album alla scoperta del jazz

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7. Herbie Hancock – Maiden Voyage (1965)

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Il pianista Herbie Hancock esordisce giovanissimo all’inizio degli anni ’60, in un periodo di grande fermento nel quale il jazz stava mettendo alla prova le proprie possibilità. Una di queste vie era quella del modal jazz, o jazz modale, di cui Maiden Voyage è un esempio.

Semplificando , si può descrivere il modal jazz come una progressione di scale modali, anziché di classici accordi. Cambia per così dire “l’unità di misura” con la quale si costruiscono le canzoni, e si aprono nuove possibilità armoniche pressoché infinite.

La title track che apre l’album è un esempio classico di questo stile. Hancock tiene un giro di accordi fisso, esplorando nel contempo grazie alle varie scale un panorama molto vasto.

Maiden Voyage è, come diversi album del periodo, un percorso tematico, nella fattispecie sull’idea di un viaggio in mare. Eye of the Hurricane e Dolphin Dance sono costruite in maniera da richiamare specifiche immagini. La prima è molto concitata ed imperniata su un ritmo serrato, mentre la seconda è una specie di filastrocca giocosa.

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Nel mezzo ci sono Little One, una serena ballata blues che riporta alla mente l’immagine di una quieta distesa oceanica, e Survival of the Fittest, una composizione dal ritmo ossessivo e agitato, caratterizzata da diversi assoli di batteria.

Per essere apprezzato, Maiden Voyage richiede molteplici ascolti e grande concentrazione, nonché una comprensione di base della teoria musicale. Questo è jazz difficile, istruito, composito, ed Herbie Hancock ne è il fautore, nonostante la giovane età.