Recensione: Annabelle 2 – Creation

Le origini della bambola Annabelle vengono chiarite maggiormente in una nuova pellicola, che purtroppo risulta complessivamente insufficiente.

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L’Horror è un genere che necessita di aiuto, di una ventata di aria fresca che possa portare in auge nuovamente il cinema d’autore e l’arte che si può trovare dietro ad esso. Annabelle 2: Creation, purtroppo, non giunge per salvare la situazione, ma per trovare unicamente il suo posto tra tutti quei film identici, che da quindici anni infestano il genere in questione. Il filone narrativo che si è venuto a creare da The Conjuring di James Wan, seppur presenti del grande potenziale, non offre elementi interessanti o coinvolgenti, impedendo alla storia generale di poter decollare. A differenza della saga di Saw, nata sempre dallo stesso autore, questa non suscita interesse, non creare alcun personaggio d’impatto al livello scenico e non sviluppa una trama capace di sorreggere in maniera egregia uno sviluppo narrativo tanto complicato. Una serie di racconti che sarebbero potuti entrare nella storia del cinema, ma che a causa di film come Annabelle e Annabelle 2, nel giro di qualche anno verranno dimenticati sia dalla critica, che dal grande pubblico.

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Annabelle 2: Creation si apre con una piccola famigliola felice che viene improvvisamente sconvolta da un tragico incidente. Annabelle, l’unica figlia dei coniugi Mullis, viene travolta ed uccisa da una macchina in corsa, decretando l’inizio di un’odissea fatta di orrori scadenti e prevedibili come la morte stessa. Un gruppo di orfane, qualche anno più tardi, si sta per trasferire in una nuova struttura disposta ad ospitarle, ignare del fatto che la casa che li attende non solo era quella di Annabelle, ma che riserva anche delle spiacevoli sorprese. La pellicola successivamente mostra l’arrivo delle ragazze nel loro nuovo orfanotrofio, i primi stupidi e demenziali contatti con il paranormale e il verificarsi di eventi sempre più eclatanti, ma mai creduti da personaggi di rilievo e capaci di dare una svolta decisiva agli eventi. Annabelle 2: Creation riprende la più classica struttura dei film horror degli ultimi anni e la ripropone senza inventiva, offrendo uno sviluppo narrativo banale, scontato e incapace di fornire alcun tipo di emozione allo spettatore. Un’opera svogliata, che non si prende nemmeno lo sforzo di creare una tensione adeguata e che si affida totalmente ad espedienti narrativi come i jumpscare per spaventare il pubblico in sala.

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Il lato tecnico, seppur venga curato dall’inizio alla fine, non riesce ad ovviare alla sceneggiatura, incapace di imporsi con fermezza, risultando anonima per tutta la sua durata. Un’opera di cui ci si dimentica appena usciti dalla sala, un film che non lascia il segno nonostante sia in grado di regalare alcune inquadrature interessanti e dei giochi di luce, che se fossero stati usati con maggiore intelligenza, sarebbero stati in grado di creare un’atmosfera più avvincente e coerente con le situazioni narrate. Annabelle 2: Creation punta sul facile, dando al pubblico più becero quello che vuole, mirando unicamente ad un incasso immediato e senza pretese. Un vero peccato, soprattutto se si pensa all’ipotetico potenziale della storia e ai pochi, ma seppur presenti, elementi degni di nota che dimostrano una capacità di fondo, saggiamente ignorata ai fini di lucro. Il cinema horror di oggi necessità più che mai di pellicole maestose come The Vvitch e Neon Demon, capolavori di genere in grado di estasiare e spaventare lo spettatore, ma allo stesso tempo di offrire una prova tecnica eccellente, capace di spostare l’asticella di gradimento un pochino più in alto. Promuovere Annabelle 2: Creation, significa rassegnarsi all’idea che il genere horror non potrà mai essere più di questo, che lo spavento non potrà mai arrivare da nessun’altra parte se non dai jumpscare e che l’era dei film d’autore è ormai finita da un pezzo. Spiacente, ma io non ci sto.

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