La Mosca: l’incubo di Cronenberg tra culto del corpo e manie dell’ego

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Il manifesto definitivo del body horror di David Cronenberg: La Mosca parla di corporeità ed egomania in una parabola terribile e stomachevole. Il film del 1986 rimane il capolavoro del regista canadese e oggi lo analizziamo per voi

La Mosca (The Fly) rappresenta per molti versi l’apice della poetica filmica di David Cronenberg. Non solo: il film esce nel 1986 e funge da commento su tutto il pensiero e la percezione di un’epoca, ossia gli anni ’80. Un decennio che fa di culto del corpo e idolatria dell’individuo vere e proprie ideologie che influenzano il modo di essere di tutta la società del tempo.

Ecco perché, pur se un remake dell’omonimo film del 1958, The Fly viene deviato da Cronenberg per seguire la linea del body horror, genere da lui esplorato in altri lavori come Scanners (1981), Videodrome (1983) e poi in Dead Ringers (1988). Non è l’unico, del resto: anche registi come John Carpenter e Steven Spielberg insistono molto sull’argomento, spesso in maniera anche molto grafica.

La trama la conosciamo: Seth Brundle (Jeff Goldblum) ha inventato una macchina per il teletrasporto ma quando cerca di sperimentarla su sé stesso una mosca comune si ritrova nella cabina con lui. Risultato: una tragica fusione tra i due organismi che, metafora di una malattia corruttiva, finisce col creare un mostro privo di scrupoli e letale.

Per capire bene il film è necessaria una premessa storica. Gli anni ’80 sono il decennio dell’individualismo, della persona (l’uomo, ma anche la donna) al centro dell’universo; in questo si contrappongono agli anni ’70, era di rivoluzione e collettività, ideologie e utopie infrante. Nella decade successiva invece, sullo sfondo delle due presidenze di Reagan, tutto è incentrato sull’unicità e sulla fisicità.

Ce lo dicono la forte crescita dell’industria pornografica, il proliferare di scene di sesso e nudità nei film e, più in generale, l’idealizzazione della sessualità; ma anche la nuova moda del fitness e delle palestre, gli scaldamuscoli indossati come indumenti casual, le tute da ginnastica coloratissime che diventano fashion come anche le fasce per il sudore.

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E poi c’è il ballo, metafora e cugino stretto del rapporto d’amore: film come Flashdance e Footloose mitizzano e creano una nuova dimensione del ballo, della danza e dei movimenti ritmici, mentre altri come Dirty Dancing colmano il (piccolissimo) divario ricongiungendo la pratica artistica con quella fisica e non senza temi “scabrosi” nel mezzo.

Gli anni ’80 sono anche il decennio nel quale la chirurgia plastica si diffonde per la prima volta come tipo di intervento comune, non più solo per i ricchi e con effetti sempre più precisi e soddisfacenti. Per contro, abbiamo i prostetici utilizzatissimi nel cinema horror (e non) per creare mostri straordinari e convincenti in un’era in cui la CGI è ancora troppo poco sviluppata e troppo ingenua per farlo.

A cosa serve dire tutto questo? Semplice: ogni singolo elemento elencato si ritrova ne La Mosca. La sessualità: Brundle mostra il teletrasporto a Veronica (Geena Davis) solo per fare colpo su di lei; neanche lui sa bene come funziona (lo ammette) e l’attrazione, la fisicità e il sesso sono le uniche cose che sotto sotto per lui davvero contano, al di là di discorsoni e ipocrisie.

Il culto del fisico: la carne “fa impazzire”, viene espresso in tutte le maniere e ciò include anche la carne (animale) come alimento. “Lunga vita alla nuova carne” si diceva in Videodrome, e qui il tema ritorna: la trasformazione, la corruzione e l’evoluzione della carne sono al centro di tutto, sempre e in ogni senso possibile.

L’individualismo esasperato, e il culto dell’ego: una volta che la sua fusione con la mosca ha inizio, Brundle si trasforma in un super-uomo che è anche un non-uomo, che supera i limiti delle possibilità della sua specie e mira sempre a qualcosa in più in un bagno di egomania e megalomania raccapricciante.

Non è finita: la ritrovata nuova dimensione fisica di Brundlefly (il nome che lui stesso si dà una volta scoperta la sua evoluzione) si esprime anche in esercizi ginnici quasi olimpici, o in un scontro sempre molto “carnale” a braccio di ferro (Over the Top, il film con Stallone, uscirà giusto l’anno successivo).

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Non mancano naturalmente ferite e mutilazioni, ma anche modificazioni del corpo e persino rivoltanti commistioni di funzioni alimentari (gli enzimi che Brundlefly vomita per potersi cibare). E poi, i prostetici: vogliamo parlare dello straordinario lavoro di Chris Walas nel costruire tutte le fasi terrificanti della degenerazione di Brundle, fino a quella dell’iconico (e spaventoso) mostro che emerge nel finale?

Abbiamo già detto che l’evoluzione / involuzione di Brundlefly è metafora di una malattia: lui stesso la definisce uno stato cancerogeno. Ecco un altro tema: gli interventi inopportuni sul corpo, ma anche l’alimentazione non sana (diventando un insetto, Brundlefly inizia a mangiare solo zuccheri e cioè merendine e altro cibo spazzatura) non possono che portare a uno stato di decadimento del fisico.

E questa esplorazione delle possibili devianze dell’era della carne non risparmia naturalmente l’universo femminile: quando Veronica scopre di essere incinta di Seth, sogna di partorire una gigantesca larva. E il terribile piano finale architettato da lui per “guarire” consiste poi nientemento che in una fusione unica con lei e il bambino: la famiglia definitiva, riunita (ed eccoci qui di nuovo) in un unico individuo.

Tutto questo si può leggere in un film capolavoro che risulta tanto più straordinario in quanto non propriamente “horror” quanto più drammatico, specie nel finale: allorché Seth, ormai non più umano ma ancora con un briciolo di raziocinio, chiede a Veronica di sparargli e mettere fine alla sua mostruosa esistenza.

In definitiva, David Cronenberg costruisce la perfetta parabola a commento di un’epoca nella quale l’essere umano e il suo corpo sono oggetto di un culto spasmodico e auto-referenziale che, anche e soprattutto nel caso di una persona schiva e timida come Seth Brundle (che parte cioè dal versante opposto), non può che portare a risvolti negativi. E agghiaccianti.

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