Parlare di morti ed associare alla dipartita di una persona, seppur finzionale, una sensazione di godimento può risultare cinico e quantomeno macabro; ma siamo onesti. Chi non ha mai odiato in maniera viscerale un personaggio, a tal punto da desiderarne una morte lenta ed atroce? Nella maggior parte dei casi, una speranza del genere risulta come l’inevitabile prodotto dei sentimenti instillati nello spettatore durante lo sviluppo dell’arco narrativo del soggetto in questione.
Stiamo parlando di quei cattivi verso cui è utopico provare empatia, quelle figure malvagie che commettono atti impossibili da dimenticare, per la loro gratuità, il loro sadismo, la loro insensatezza. Su questa base abbiamo deciso di raccogliere dieci morti che rappresentano dei casi emblematici di questo incontestabile piacere. A scanso di equivoci, ci teniamo a precisare che una lista del genere non pretende d’essere esaustiva, né comprensiva di tutte le morti più soddisfacenti nella storia, quanto di fornire degli esempi paradigmatici in tal senso.
D’ora in avanti non continuate nella lettura dell’articolo, se non volete imbattervi in spoiler sulle seguenti serie: Twin Peaks, The Walking Dead, Romanzo Criminale, Squid Game, Game of Thrones, Skins, Peaky Blinders, The Sopranos, Breaking Bad.
BOB (Twin Peaks)
Diamo il via alle danze con un vero e proprio concentrato del male, frutto cosmogonico di una delle più grandi atrocità commesse dall’uomo: la bomba atomica. Il male incarnato da BOB è un male atavico, proprio di una dimensione ulteriore, metafisica che è rappresentata dalla Black Lodge. Tuttavia, allo stesso tempo, la presenza di BOB è una presenza estremamente fisica, tangibile, in virtù del suo desiderio di possedere soggetti a cui rubare l’anima.
La maestria di David Lynch ha fatto sì che BOB divenisse una delle figure più inquietanti e temute nell’intero panorama seriale. Le sequenze surreali ed oniriche in cui il personaggio si avvicina lentamente alle proprie vittime hanno fatto sobbalzare dalla sedia chiunque le abbia sperimentate. Quei capelli lunghi ed unti, quelle unghie nere, quei denti gialli che compongono un sorriso da viscido serial killer, quello sguardo acceso di sete sanguinolenta sono impossibili da dimenticare.
BOB esemplifica per antonomasia quel tipo di personaggio verso cui è impossibile nutrire sentimenti che non siano disprezzo, orrore, disgusto ed odio. La sua morte in Twin Peaks: The Return costituisce il coronamento di un percorso, lungo il quale BOB ha mietuto vittime illustri come Laura e Leland Palmer e, soprattutto, ha preso possesso del corpo dell’agente speciale Dale Cooper. È per questo che tutti noi abbiamo convogliato le nostre forze nel pugno sferrato da Freddie, con il suo indimenticabile guanto gentilmente offerto dalla White Lodge.
ll Governatore (The Walking Dead)
Sarebbe abbastanza superfluo spiegare perché una serie intitolata The Walking Dead sia piena zeppa di morti illustri, tra le fila dei buoni e fra quelle dei personaggi più malvagi. Che senso può avere una tale divisione in un mondo popolato per la maggior parte da zombie e inevitabilmente imperniato sull’antico principio dell’homo homini lupus? L’eredità tramandata da Rick Grimes si basa sul concetto per cui i vivi non dovrebbero uccidere altri vivi, ma far squadra insieme e tentare di ricostruire un nuovo mondo all’insegna dell’umanità.
Il Governatore rappresenta l’esatto rovesciamento di tali principi. L’infanzia segnata dalla violenza del padre e la trasformazione in zombie della figlia lo hanno reso un uomo peggiore, disposto a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi. Philip Blake, nome di nascita del personaggio, ci viene presentato come un narcisista falso e paranoico, incline ad uccidere persino i propri alleati senza alcun tipo di rimorso.
Il gruppo di sopravvissuti capitanato da Rick sperimenta sulla propria pelle la cieca violenza del Governatore, che nel corso della terza stagione ci priva di uno dei personaggi più carismatici apparsi fino a quel momento nel corso della storia: Merle Dixon, fratello di Daryl. Tuttavia, il punto di non ritorno che sancisce l’insanabile odio dello spettatore è costituito dall’omicidio gratuito di Hershel, interpretato dal compianto Scott Wilson, venuto a mancare ormai quattro anni fa.
Fra tutte le morti, quella di Hershel, un padre di famiglia dal carattere bonario, non ha alcuna ragion d’essere, se non quella di godere del dolore altrui. Dopo esser stato vicino ad uccidere anche Rick, il Governatore riceve ciò che merita e viene trafitto dalla katana di Michonne. Grazie Michonne, stiamo ancora godendo.
Il Terribile (Romanzo Criminale)
Sembra quasi impossibile poter associare un uomo strepitoso ed un grande attore come Marco Giallini al godimento per la morte di un suo personaggio; eppure il Terribile rientra di diritto nella nostra lista di morti illustri. Il boss di Centocelle rappresenta il vecchio volto della criminalità che non vuole arrendersi all’avanzare del nuovo, rappresentato dal Libanese e dalla banda della Magliana. Pur di non fare un passo indietro, il Terribile propone una falsa alleanza ai giovani malavitosi romani, macchinando allo stesso tempo per farli fuori in disparate occasioni.
La figura di questo vecchio dinosauro criminale è quella di un uomo arrogante, machiavellico e spietato, a cui il destino del Libanese è indissolubilmente legato. Diversi anni addietro rispetto alle vicende narrate, infatti, il Terribile e i propri scagnozzi si erano resi vili protagonisti di una violenza di gruppo ai danni della prima fidanzata di Libano, costretto a guardare la propria ragazza mentre questa subiva indicibile angherie.
Secondo il codice criminale, l’unico pregio del Terribile sarebbe quello di comportarsi da uomo d’onore e non condividere informazioni con le forze dell’ordine neanche sui propri avversari. Tuttavia, pur di non essere rottamato dal suo storico nemico, il vecchio boss decide di collaborare con il commissario Scialoja, mettendo la parola fine alla propria vita. Sulle intramontabili note di Tutto il resto è noia, in una scena mozzafiato, il Terribile viene scovato dai membri della banda e finito con un coltello, piantatogli nel cuore dal Freddo. Con i migliori omaggi del Libanese.
Jang Deok-su (Squid Game)
Meglio conosciuto come Giocatore 101, Jang Deok-su è uno dei protagonisti di Squid Game, la serie divenuta nel giro di poche settimane un vero e proprio fenomeno mondiale. Tra i personaggi coinvolti nella spietata lotta per la sopravvivenza, Jang Deok-su si contraddistingue indubbiamente per un passato torbido. La sua scelta di partecipare a questo sadico gioco risulta la conseguenza di una fallimentare vita da gangster, che lo ha portato a contrarre debiti troppo ingenti per essere ripagati e lo ha avvicinato alla morte.
All’interno della struttura diretta dal Frontman, 101 mostra di avere tutte le carte in regola per esemplificare al meglio il principio darwiniano sulla sopravvivenza come appannaggio della specie che meglio riesce ad adattarsi al cambiamento. Jang Deok-su, infatti, dimostra d’essere un vero e proprio criminale, disposto a qualsiasi cosa pur di rimanere in vita e aggiudicarsi il lauto premio messo in palio. L’ex malavitoso ordisce rivolte sanguinolente, getta nel terrore chiunque non gli faccia da zerbino, fa leva sui sentimenti altrui per poi disfarsene una volta sfruttati.
Quest’ultima dinamica esemplifica chiaramente il rapporto venutosi a costruire tra lo stesso Giocatore 101 e Han Mi-nyeo, Giocatrice 212; Jang Deok-su manipola vistosamente la donna, facendo leva sugli istinti carnali e sulla sua indubbia capacità da capobranco e, come da copione, la scarica proprio nel momento del bisogno. Ma si sa, in un gioco del genere nessuno è al sicuro e durante il gioco sul ponte di vetro Han Mi-nyeo si prende la propria rivincita, regalandoci la più appagante delle morti durante l’intero arco dello show. Eri stato avvertito, caro Giocatore 101: mai giocare con i sentimenti e l’orgoglio di una donna.
Jeoffrey Baratheon (Game of Thrones)
All’interno di questa macabra classifica sulle morti più illustri e soddisfacenti merita indubbiamente un posto d’onore il pavido leone della casata di Capo Tempesta: Jeoffrey Baratheon. L’interpretazione fornita da Jack Gleeson è stata così efficace e credibile a tal punto da regalarci uno dei villain più odiati nella storia delle Serie Tv. Basti pensare che questo ruolo ha causato non pochi problemi nella vita privata del giovane attore irlandese, vittima di un reiterato odio nutrito da gente che non è stata in grado di separare il personaggio dall’essere umano.
Il motivo del diffuso disprezzo mostrato nei riguardi di Jack Gleeson risiede in un cattivo da manuale. Jeoffrey Baratheon, anche se forse sarebbe più giusto dire Lannister, è un re senza alcuna qualità, posto sul trono in seguito alle congiure ordite da Cersei e Tywin Lannister. Il giovane re pretende di essere riconosciuto come tale senza legittimare la propria autorità con alcun tipo di merito, ma divertendosi a sfruttarla per palesare sadicamente la forza del potere ai danni dei più deboli.
Jeoffrey è un giovane dall’emotività inquietante, un ragazzino viziato che non mostra affetto e riconoscenza per nessuno, una vera e propria bomba ad orologeria pronta ad esplodere contro chiunque. Durante il proprio governo, infatti, il figlio di Cersei non ha mai fatto prigionieri, senza alcuna distinzione fra alleati e nemici, parenti ed estranei. Per cominciare, Jeoffrey è il responsabile di uno dei primi e più grandi traumi che uno spettatore di Game of Thrones si trova a fronteggiare: la vile decapitazione di Ned Stark.
Non soddisfatto del tremendo lutto arrecato a casa Stark, il re tortura a più riprese Sansa, trattandola come oggetto del proprio divertimento in virtù della sua appartenenza alla casata nemica. Jeoffrey non mostra pietà nemmeno verso i morti, a tal punto da costringere la figlia di Ned ad osservare la testa del padre, infilzata su una picca, e da voler fare lo stesso, una volta appresa la notizia della morte di Rob Stark nel tristemente noto Red Wedding.
L’iracondo antieroe, tuttavia, non si ferma qui. Jeoffrey gioca con la servitù, irretisce le proprie schiave costringendole a prendere parte a sadici giochi sessuali, il cui fine è il godimento derivante dalla morte. A dispetto dell’eccezione rappresentata da Margaery, donna in grado di ammansire i re col proprio fascino, il nipote di Tywin infierisce anche sui membri della propria famiglia, prendendosi specificamente gioco dello zio Tyrion, più volte mortificato e additato come un nano osceno.
Il pericolo simboleggiato da Jeoffrey spinge all’azione due maestri delle congiure come Olenna e Ditocorto. Nel corso dell’ennesimo squallido teatrino, durante il quale il re dileggia chiunque gli capiti a tiro, la sua coppa di vino viene avvelenata e questo ci regala una morte lenta, atroce e tremendamente soddisfacente. Jeoffrey si trasforma progressivamente in un enfio mostro violaceo e lo spettatore non può che brindare alla sua dipartita.
John T. Foster (Skins)
Sul fatto che Skins sia uno dei migliori teen drama mai concepiti ci sono pochi dubbi. La serie ideata da Bryan Elsley e Jamie Brittain è un’opera cruda, che non scende a compromessi con alcun tipo di edulcorazione della realtà e ci fa immergere nelle atmosfere disfunzionali di Bristol, trattando temi di un certo peso come i disordini alimentari, l’abuso di droghe, le malattie mentali e la morte. A proposito di morti, Skins tratta questo tema senza sfruttarlo per fini sensazionalistici o per muovere a pietà lo spettatore, ma ne sfrutta il valore paradigmatico.
Il signore ritratto in foto è brutalmente legato a una delle morti che hanno segnato chiunque abbia visto Skins almeno una volta nella vita. Stiamo parlando di John T. Foster, l’uomo che nel corso della quarta stagione ricopre il ruolo dello psichiatra di Effy Stonem, tormentata da una forte depressione psicotica e da istinti suicidi. Se inizialmente Foster sembra essere un ottimo terapista, animato da un sincero spirito professionale, col passare degli episodi il suo attaccamento morboso viene progressivamente a galla.
Foster è un doppiogiochista dal fine intelletto, perdutamente invaghitosi dell’anima persa di Effy e disposto a qualunque cosa pur di averla tutta per sé. Il piano messo in atto da Foster è tanto acuto quanto malefico, in quanto lo psichiatra manipola la mente di Effy, indirizzandone i pensieri e tentando di farle eliminare ogni forma di ricordo e status emotivo che la leghi a Freddy, suo grande amore. John ritiene di essere l’unico a meritare l’amore di Elizabeth, anche a discapito della sua salute mentale e della vita di chi potrebbe ostacolarlo in qualsiasi modo.
Muovendo da queste convinzioni malate, Foster si rende responsabile del più grande trauma con cui ogni fan di Skins deve fare inevitabilmente i conti: l’omicidio di Freddie. Il personaggio interpretato da Luke Pasqualino costituisce fin dal principio un ineludibile ostacolo nei piani del sociopatico dottore e la goccia che fa traboccare il vaso sta nell’inquietante scoperta fatta da Freddie. Infatti, guidato dal proprio istinto e dall’amore per Effy, il giovane adolescente decide di affrontare Foster a viso aperto ed è a questo punto che si consuma la tragedia.
Lo psichiatra impugna una mazza da baseball, si avvicina lentamente verso Freddie e lo colpisce ripetutamente a morte. L’unica cosa che ci viene mostrata sono gli schizzi che tingono di sangue le vetrate e l’unico suono che percepiamo è quello dei rantolii di Freddie; una scena inquietante, che segna per sempre lo spettatore. Nonostante il fatto non costituisca un motivo di pieno riscatto, sapere che Cook ha vendicato il proprio amico rende un po’ meno amara questa tragedia.
Luca Changretta (Peaky Blinders)
Rimaniamo in Inghilterra, ma torniamo indietro di qualche decennio ed immergiamoci nel mondo di Peaky Blinders, successo mondiale ideato da Steven Knight. Nel corso della quarta stagione la famiglia capitanata da Thomas Shelby si trova a dover fronteggiare un potente nemico: la mafia siciliana. Il casus belli del conflitto tra le due organizzazioni a delinquere è fornito dall’omicidio di Vicente Changretta, assassinato da Arthur su preciso ordine di Tommy.
È a questo punto della storia che il personaggio interpretato da Adrien Brody fa capolino sulla scena. Come impostogli dal proprio onore, Luca non può ignorare le ripetute offese subite dai peaky blinders ed è cosi che il primogenito di Vicente sbarca a Birmingham in cerca di vendetta. Nonostante Luca Changretta avrebbe sicuramente potuto godere di una caratterizzazione più approfondita e meno macchiettistica, il suo personaggio rientra in questa classifica per le morti illustri, o presunte tali, da lui stesso provocate.
Non appena sbarcati su suolo britannico, infatti, gli uomini di Changretta mietono a bruciapelo una vittima completamente inaspettata: John Shelby. Dopo aver ricevuto la mano nera, il più giovane dei fratelli Shelby viene crivellato di colpi sulla soglia della porta di casa, sotto lo sguardo disperato di Esme, che non può far altro che piangere il corpo del marito defunto. Pronti, via e la mafia toglie di mezzo uno dei protagonisti indubbiamente più amati dello show.
Da quel momento in poi, assistiamo ad una personalissima sfida psicologica fra due gentiluomini dall’indubbio fascino: Thomas da una parte e Luca dall’altra. Il malavitoso siciliano mina le sicurezze di Tommy, tenta di fargli rivoltare contro familiari ed alleati di una vita, prova svariate volte ad ucciderlo, rischiando a sua volta la propria vita, ma si spinge troppo oltre. Nel tentativo di far fuori ogni membro vivente degli Shelby, Luca crede a buon diritto di esser riuscito ad eliminare Arthur ed è qui che ha inizio la sua fine.
Sfruttando il ferimento quasi fatale del fratello, Tommy riesce a ricavarne un’occasione d’oro per far credere al nemico di essere ormai al tappeto. È così che tronfio di superbia, Changretta crede di aver vinto su ogni fronte questa sfida, salvo rendersi conto che Arthur Shelby ha la pelle dura e i peaky blinders sono difficili a morire. In una scena che ribalta improvvisamente le carte in tavola, il maggiore degli Shelby torna prepotentemente sulla scena e pianta una pallottola nella fronte di Luca, tradito da tutti i suoi fedelissimi. Non si fottono i Peaky Blinders.
Ralph Cifaretto (The Sopranos)
Veniamo adesso ad uno dei più grandi capolavori seriali della storia: The Sopranos. All’interno di una serie contraddistinta da una scrittura al limite della perfezione, risulta molto difficile tirare una linea netta che divida il terreno in buoni e cattivi. Ogni personaggio di peso viene descritto al vetriolo, mettendone in luce le qualità e al tempo stesso gli elementi più oscuri distruttivi. Tuttavia, fatta questa necessaria premessa, è indubbio come alcuni personaggi risultino dei veri e propri villain e fra questi rientra indubbiamente Ralph Cifaretto.
Interpretato dal grande Joe Pantoliano, Ralph fa parte del gruppo di affiliati alla famiglia DiMeo che hanno fatto carriera più lentamente rispetto ad esponenti di spicco come Tony, Silvio e Jackie Aprile Sr. Posto a vigilare sugli affari dell’organizzazione criminale a Miami, Cifaretto fa ritorno nel Jersey in seguito alla morte dello stesso boss Jackie Aprile Sr., succeduto poi da Tony al comando della famiglia.
Una volta apparso sulla scena, Ralph disvela progressivamente i suoi tratti peculiari. Il malavitoso dall’inconfondibile caschetto biondo è un uomo violento ed iracondo, dotato di un ego smisurato, schiavo della cocaina, egoista e per niente incline ad un qualsiasi forma di dialogo. Mettendo insieme i punti di questa notevole lista, è facile capire perché un tipo affatto facile come Tony entri facilmente in conflitto con una figura del genere.
Nonostante l’indiscusso fiuto per gli affari, Ralph è un uomo inaffidabile, spesso impossibile da leggere e per questo imprevedibile. I momenti più emblematici della natura di Cifaretto sono indubbiamente rappresentati dall’omicidio gratuito ed insensato ai danni di una giovane spogliarellista del Bada Bing, colpevole di portare in grembo suo figlio, e dalla morte di Jackie Aprile Jr., commissionata proprio dallo stesso Ralph.
Ma la goccia che fa traboccare il vaso e ne decreta il destino riguarda Pie-O-My, cavallo da corsa di Tony, a cui il boss era particolarmente affezionato quasi come ad un figlio. In seguito ad alcuni problemi di salute che ne avevano progressivamente minato la prestanza, Ralph decide autonomamente di agire per tempo ed elimina brutalmente il povero animale per intascare la cifra prevista dall’assicurazione. Una volta appresa la notizia, Tony perde completamente di vista ogni forma di ragionevolezza e si avventa su Cifaretto, uccidendolo in seguito ad una violenta colluttazione. Fra le innumerevoli morti viste nei Sopranos, questa merita indubbiamente il podio.
Ramsay Bolton (Game of Thrones)
Nel nostro funebre gioco sulle morti Westeros ricopre un ruolo d’eccezionale importanza, fornendoci ben due esempi di dipartite quantomai appaganti. Oltre a Jeoffrey, infatti, non poteva mancare nella nostra classifica il bastardo di casa Bolton, Ramsay. Il figlio illegittimo di Roose Bolton detiene indubbiamente il primato per il personaggio più crudele incontrato in Game of Thrones. La torbida vicenda che fa da sfondo alla nascita di Ramsay sembra già presagirne il maligno futuro, in quanto l’erede di Forte Terrore è figlio di uno stupro commesso dal padre a discapito di un’indifesa contadina.
Ramsay Bolton è la perfetta esemplificazione di un sadico masochismo misto ad un’imprevedibile sociopatia. Il suo sguardo glaciale e il suo inquietante sorriso costituiscono soltanto i segni esteriori di una malsana frustrazione e di una lucida crudeltà. Il suo esordio nella serie ideata da George R.R. Martin è segnato da un feroce massacro ai danni degli Uomini di Ferro, guidati da Theon Greyjoy, l’uomo su cui Ramsay riverserà ogni tipo di perversione e tortura.
La vera essenza di Ramsay risiede, infatti, nel godere della paura e del dolore altrui. Quasi tutte le morti da lui commesse o provocate non si limitano ad essere cruente o ingiustificate, prive di qualsiasi codice etico e morale. La malsana natura di quest’uomo senza scrupoli vuole che ogni vittima possa vederlo quasi come una figura amichevole, rassicurante, di cui non avere affatto paura. Ramsay ama giocare con le proprie vittime, manipolarle, illuderle, fiaccarle psicologicamente, torturarle e soltanto alla fine di questo estenuante processo, ucciderle.
Per il figlio di Roose Bolton provocare dolore e atroci sofferenze è una vera e propria arte. Non è un caso che lo schema appena tracciato sia ricorrente in svariati contesti e in situazioni differenti fra loro. Ramsay segue un canovaccio molto simile nei riguardi di Theon, Tansy (la giovane serva rea di aver fatto ingelosire la fidata Myranda), Sansa, Osha e infine il povero Rickon Stark. Come se non bastasse, questo giovane sanguinario rimpingua la propria lista di crimini commettendo un parricidio, visto come indispensabile per farsi spazio nella corsa al potere.
Come la storia ci insegna, menti così perverse possono essere allo stesso tempo estremamente raffinate ed è per questo che il sadismo di Ramsay lo rende anche un’abile stratega. Per poter battere un mostro del genere è necessario penetrare nella sua psiche e anticiparne le mosse. Questo lo sa bene Sansa, costretta a sposare Ramsay e a vivere insieme a lui in un regime di terrore. La conoscenza maturata dalla futura Regina del Nord si rivela fondamentale nella stupenda Battaglia dei Bastardi, quasi persa da Jon Snow (Aegon Targaryen) e miracolosamente ribaltata dalla sorella, grazie all’aiuto di un sogghignante Ditocorto.
Arrivati al momento del dunque, Jon vorrebbe massacrare Ramsay, ma Sansa sa che questo non farebbe altro che arrecare piacere a un masochista come lui. È così che la Lady di Grande Inverno ci regala un momento di indicibile appagamento, gettando Ramsay in pasto ai propri fidati mastini, che gli si rivoltano contro e ne consumano lentamente le carni. Non restano che urla e sangue. Sia lode a Sansa Stark, dunque.
Todd Alquist (Breaking Bad)
E veniamo infine all’ultimo membro di questo speciale cast di morti illustri: Todd Alquist. Nel capolavoro firmato dal genio di Vince Gilligan, Todd rappresenta indubbiamente quella componente esistenziale che Hannah Arendt avrebbe definito come la banalità del male. Con le dovute proporzioni, le osservazioni maturate dalla filosofa tedesca riguardo la figura di Adolf Eichmann si adattano perfettamente al personaggio interpretato da Jesse Plemons.
Diversamente dalla maggior parte dei personaggi inclusi in questa lista, Todd non palesa alcun tipo di segno esteriore che possa ricondurlo alla classica figura di un cattivo immediatamente riconoscibile da elementi quali lo sguardo, il sorriso, la voce e così via. Così come rilevato dalla Arendt durante il processo ad Eichmann, anche Todd Alquist appare come il più comune degli uomini. Eppure, il giovane ragazzo dai capelli rossi si rende protagonista di atti impensabili per tanti cattivi del mondo del Cinema.
Le caratteristiche che contraddistinguono questo killer spietato sono indubbiamente affidabilità, efficenza e discrezione. È proprio per tali ragioni che Walt decide di inglobarlo all’interno della propria attività criminale, non avendo minimamente idea delle conseguenze che questa decisione comporterà. Sarà Todd a mettere Walt e Jesse in contatto con Jack Welker e la sua folle banda di sicari neonazisti, innescando una reazione a catena che vivrà le proprie battute finali soltanto durante l’epilogo della serie.
Nel corso delle stagioni Todd commette dei crimini atroci con fare impassibile, palesando sinceramente più volte di non riuscire a comprendere le reazioni emotive di chi gli sta accanto. Il momento in cui si disvela la vera essenza del personaggio è indubbiamente legato alla morte di Drew Sharp, colpevole di aver assistito alla rapina al treno nel deserto. Con freddezza desolante e senza il minimo dubbio Todd preme il grilletto e colpisce a morte un bambino, con il solo intento di eliminare un ostacolo che avrebbe potuto comportare problemi alla banda.
Questo episodio è semplicemente il primo della serie di atti efferati commessi da Todd e subiti, in particolar modo, da Jesse Pinkman, che fin da subito aveva fiutato il marcio dietro una normale e banale apparenza. Se l’omicidio di Drew Sharp segna l’inizio di una personalissima discesa agli inferi, l’assassinio di Andrea ne costituisce indubbiamente il punto più basso. Durante il disumano periodo di reclusione a cui Jesse viene sottoposto per volere di Jack, Todd si mostra quasi indulgente nel soddisfare le piccole richieste del prigioniero, che allo stesso tempo viene torturato e sfruttato come un topo da laboratorio.
Ma Jesse non dimenticherà mai le ferite infertegli dal suo aguzzino ed è per questo che Walt, in un drammatico e commovente atto finale, lascerà che sia il fidato amico a mettere la parola fine alla strage che azzera Jack e la sua banda di accoliti. In un momento di cieca ferocia Jesse afferra Todd e lo strangola proprio con le stesse manette che lo avevano incatenato e reso schiavo, ponendo così fine alla propria prigionia e vendicando tutti coloro che erano stati insensatamente assassinati. Lunga vita a Jesse Pinkman.
Per ulteriori news, approfondimenti e recensioni sul mondo del Cinema e delle Serie Tv, continuate a seguirci su LaScimmiaPensa.com!