Blind Fate: Edo no Yami, Recensione del gioco di Troglobytes

Abbiamo provato Blind Fate: Edo no Yami, gioco sviluppato dal piccolo studio indipendente Troglobytes Games. Ecco la nostra recensione

Blind Fate Edo no Yami
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Da oggi è diponibile per tutte le piattaforme Blind Fate: Edo no Yami, gioco sviluppato dal piccolo studio indipendente Troglobytes Games che ci catapulta in un mondo cyberpunk nel quale un samurai mutilato rimasto cieco torna a vedere e a cammianre grazie all’utilizzo di protesi cibernetiche. Questo gli permette quindi di riprendere a cacciare demoni meccanici e di cercare vendetta contro la Dea che gli ha strappato gli occhi e le gambe. Dopo aver completato una run e aver esplorato il gioco in ogni sua parte, siamo pronti a parlarvene.

Blind Fate: Edo no Yami: Recensione

Partiamo da un presupposto fondamentale. Blind Fate: Edo no Yami ha un’idea di base interessante, realizzata con gusto e in modo brillante. Il punto di forza maggiore di questo gioco è sicuramente la gestione davvero buona dell’handicap del nostro protagonista. Come detto, infatti, questi è stato privato della vista ma può continuare a vedere grazie a informazioni che arrivano direttamente al suo cervello grazie alla sua maschera cibernetica. Non è però così semplice. Spesso infatti capita che alcune informazioni, essendo relative al passato, siano sbagliate e quindi possa cadere in crepacci perchè nella sua mente arrivano informazioni di un ponte che però è in realtà crollato. Dovrà dunque trovare informazioni all’interno delle macchine che sconfigge e in punti strategici della mappa per potere avere un quadro completo della situazione.

Buona inoltre la meccanica relativa ai sensi diversi dalla vista. Il nostro guerriero armato di Katana ha infatti la possibilità di amplificare le informazioni che gli arrivano tramite orecchie o naso in modo da trovare indizi, scovare nemici e quant’altro. Durante l’avventura è possibile intercambiare i vari sensi con una rapida combinazione di tasti e proseguire dunque nell’avventura. C’è da dire tuttavia che, sebbene sia molto interessante come meccanica, non è ben bilanciata. Levando infatti rari e sporadici esempi, nella stragrande maggioranza dei casi sarà l’amplificazione dell’udito a permettere al nostro Samurai di proseguire e scoprire luoghi e oggetti nascosti, facendo quasi dimenticare al giocatore le altre possibilità.

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I movimenti e le azioni del nostro eroe samurai si fondono totalmente alla grafica 2D del gioco con l’azione svolta sul piano orizzontale ma ma che lascia comunque al giocatore libertà, molto spesso, di andare avanti e indietro per le varie zone ampliando dunque il senso di immersione. Sono presenti anche momenti di esplorazione dovuti all’espansione anche verticale della mappa di gioco e questo è sicuramente un grande punto a favore del titolo.

La storia, ambientata in un futuro cyberpunk, sebbene a tratti banale e molto derivativa, intrattiene. Le cutscene e i dialoghi non sono tediosi, sono facoltativi e mostrano un quadro generale davvero interessante alle avventure del nostro. I design di nemici, boss, alleati e semplici bot è ispirato e, sebbene non siano moltissime le varietà di modelli relizzati, sono tutti ben fatti, distinguibili e ben curati.

Tuttavia, fermo restando i molti di punti di forza evidenziati finora, questo Blind Fate: Edo no Yami, non convince fino in fondo. E il motivo è sicuramente da ricercare nel gameplay nudo e crudo. Se infatti è innegabile che abbia molti pregi, ha altrettanti gravi difetti che possono compromettere l’esperienza di gioco. Oltre a un sistema di salti e parkour non ottimizzato al meglio, specie in un paio di sezioni, è il combattimento a mostrare il fianco maggiormente.

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Anche muovendosi in un mondo 2D nel quale per ovvi motivi le possibilità combo sono ridotte, il set di mosse e carte che il giocatore può giocare duranti i combattimenti è abbastanza ampio. Non esiste un’unica strategiae ogni giocatore potrà affrontare l’avventura nel modo che ritiene più idoneo. Ma c’è da dire che si tratta di un combat system purtroppo sbilanciato. Fin dai primi passi ci troveremo in situazioni nelle quali dovremo colpire e decine e decine di volte anche i nemici base, cosa che alla lunga tedia e non poco.

Certo, esistono metodi rapidi come l’esecuzione. Tuttavia questa è possibile quasi esclusivamente per i bot più deboli al costo di un proiettile, che sono pochissimi nel gioco e quindi necessitano di essere risparmiati, o di un parry perfetto da sferrare al termine di lunghe combo avversarie. E stiamo parlando degli avversari più deboli. Quando si passa a creature più potenti, il numero di spadate necessarie e sconfiggerli arriva a un numero esorbitante costringendo il giocatore a interminabili minuti di ripetizione dei pattern. Certo si può schivare o bloccare i colpi, ma la vita dei bot è esagerata e questo rende le battaglie interminabili.

Gli sviluppatori hanno anche inserito un’interessante meccanica, quella del cosiddetto punto debole. Riempiendo un’apposita barra a suon di spadate è possibile selezionare il “senso” giusto e sferrare un colpo poderoso. Tuttavia questo richiede un quick time event e non è definitivo. Quindi ci troveremo a dover fare più volte la stessa cosa per singolo nemico in quanto i bot ripeteranno le stesse combo sempre e comunque. Cosa non proprio divertente.

Non ottimale anche la gestione delle cure. Queste sono solo 3 e vengono ricaricate ad ogni inizio livello. Tuttavia quando bisogna affrontare decine di nemici con una vita così importante, capita di venire colpiti e trovare i medikit nella mappa è quasi una chimera. Certo ci sono, ma sono decisamente pochi per il lavoro richiesto e bisogna utilizzare il senso dell’udito nel punto giusto per vederli. Si sarebbe dovuto ottimizzarli meglio e dare la possibilità al giocatore di curarsi anche in altri luoghi. Troppo spesso ci troveremo ad affrontare le sezioni finali e quindi più complesse dei livelli senza cure, cosa che richiederà un numero smisurato di tentativi. Certo, si può tornare al dojo, la nostra base, in ogni momento e lì ricaricheremo la vita. Tuttavia così facendo perderemo l’esperienza accumulata nel livello che abbiamo lasciato a metà e quando torneremo indietro dovremo comunque rifare la zona per intero. Quindi è sostanzialmente inutile.

Discorso ovviamente amplificato al massimo per i boss. Sebbene siano esteticamente validissimi e interessanti da affrontare, spesso si riducono in interminabili minuti nel quale bisogna ripetere la stessa meccanica. Meno punti vitali e qualche diversificazione nella lotta avrebbero sicuramente aiutato a tenere il basso con la bellezza estetica dei nemici.

In conclusione Blind Fate: Edo no Yami è un gioco divertente, gradevole esteticamente valido. Tuttavia risente di grossi problemi nel combat system e nella IA nemica davvero troppo basilare e scriptata. Giocando in 2D non si può fare certo un lavoro troppo diversificato è ovvio, ma qualcosa in più avrebbe certamente reso il titolo più godibile.

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Blind Fate: Edo No Yami | Testato su PlayStation 4

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RECENSIONE
VOTO
7.6
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Avatar di Matteo Furina
In teoria sono un giornalista. In pratica scrivo di cose belle su un sito bellissimo. Perchè dai, nessuno è più fico della Scimmia.
blind-fate-edo-no-yami-recensione-troblobytesUn gioco ispirato e dal concept decisamente originale. Peccato che non sia bilanciatissimo. Con qualche accortezza in più si poteva dare più dinamismo e meno frustrazione al gioco.