Slaughter – La Mattanza: la Recensione del violento horror italiano

Un concentrato di violenza e paura, in Slaughter - La Mattanza. Un buonissimo slasher horror tutto italiano che ripercorre le icone del nostro cinema di genere, e non solo. Ecco la nostra recensione.

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Gli approcci al classico horror estivo, soprattutto se italiano e indipendente, hanno sempre una forma di resistenza da parte dello spettatore indeciso su che guardare. Non dovrebbe essere il caso per Slaughter – La Mattanza, nuovo film firmato Dario Germani, già autore del recente sequel di Antropophagus.

Il regista infatti riesce a sfornare un ottimo slasher, pregno di citazioni, con tutti gli ostacoli del caso e propri di un certo tipo di cinema italiano. Seppur nelle sue imperfezioni, c’è molto dietro questa vera e propria mattanza. Ma andiamo con ordine.

Slaughter – La Mattanza, la Trama

Nella miglior tradizione dello slasher, il storia narrata dal film è molto semplice e precisa. Un gruppo di ragazzi si riunisce per un party alcolico e droghereccio in un vecchio studios cinematografico abbandonato. Nello sballo più libertino che c’è, si aggira un assassino mascherato con intenzioni ben poco amichevoli, dando il via ad un circolo di terrore.

Slaughter – La Mattanza, la Recensione

Come detto prima, è evidente a chiunque che un certo tipo di cinema di genere, oggi affronti problemi notevoli sotto vari aspetti. Dal budget alla distribuzione, ci sono molte difficoltà. Eppure, se c’è un’idea forte e valida dietro, questi problemi, pur non scomparendo, passano in secondo piano.

Lo slasher, nella sua accezione cinematografica più pura, è una cosa tutta italiana. Una storia che parte da Reazione A Catena del maestro Mario Bava e che ha preso strade fin oltre l’Oceano Atlantico. Appare dunque chiaro che è proprio al cinema di Bava che si deve il primo ed unico omaggio.

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the slaughter la mattanza, recensione

Slaughter – La Mattanza però non si limita al semplice omaggio. Dario Germani si appropria di quei concetti, di quegli stilemi, che hanno caratterizzato tanto lo slasher quanto il cinema di genere italiano. Da qui si parte per questo vortice di violenza che ingloba a sé anche lo snuff movie, proprio ad implementare la ricerca della paura.

Immancabili, tra l’altro, le citazioni apertissime proprio al cinema di genere che fu, con un ammiccamento speciale ad Antropophagus, cult di Joe D’Amato. Ed è proprio dalle citazioni che è necessario partire.

Sarebbe stato molto facile giocare a costruire un film fatto esclusivamente di omaggi e citazioni, atte a solleticare lo spettatore fan del genere. Molto meno, costruire un film sopra questi menzionati omaggi, per poi dare un tocco proprio, una firma nitida e precisa. Come nel caso di Slaughter – La Mattanza, per l’appunto.

Tra luci al neon e momenti di pura psichedelia, il film riesce nell’intento di rendersi quanto più soffocante possibile per lo spettatore. La mega struttura che di fatto ingabbia i protagonisti si rivela un labirinto di morte claustrofobico come pochi. Tra animali decomposti e uno stato di chiaro abbandono, il locus amoenus non perde tempo nel trasformarsi in un luogo di morte.

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Così, la più classica delle punizioni prende atto quasi nell’immediato, sfasciando questo gruppo di amici, facendone crollare le certezze. Perché in fin dei conti, questo è ciò che fa la paura. In questo contesto dunque, Germani inizia a calcare la sua mano, ritoccando quei momenti iconici di film altrettanto iconici.

Basti pensare ad un omicidio in particolare, che non sveleremo, ma di cui ci limiteremo a dire che riesce a fondere Profondo Rosso e Suspiria. Ogni appassionato del genere noterà tutti i singoli omaggi che proprio nel finale viaggiano di pari passo alla cifra stilistica sperimentata da Germani.

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La ferocia e la violenza vengono mostrate in tutta la loro brutalità, dall’offesa alla difesa, rendendo sempre più labile il loro confine. Non manca certo il sangue, ma il quid in più di Slaughter – La Mattanza è proprio come il regista riesce a mettere in scena una ferocia atavica, figlia di una pulsione innata: la sopravvivenza.

Necessario dunque un plauso per Dario Germani che con Slaughter – La Mattanza riesce a regalare agli appassionati dell’horror una ventata di aria fresca, dribblando ogni ostacolo e sebbene qualche inciampo “musicale“. Cose che passano senz’altro in secondo piano, o comunque travolte dal sangue.