Aladdin delude e non soddisfa le aspettative

Recensione a cura di Gianmarco Bonelli. Aladdin sarà nelle sale a partire da oggi 22 maggio.

Aladdin
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Parte con Aladdin la scelta targata Disney di far tornare alla luce i suoi più grandi successi in live action. Molti rumor hanno circondato questo film, firmato Guy Ritchie, già a partire dal trailer. Will Smith era stato stroncato dalle feroci e puntuali critiche social ancor prima del trailer. È bastata una foto per far infuriare i fan nostalgici del cartone animato sul ladrone più famoso del mondo. Con l’uscita del trailer, si sono aperte le gabbie e via con le conferme delle critiche di cui sopra. Insomma, un film mal voluto sin dal principio. E forse, col senno di poi, non gli si poteva dar certo torto. Al massimo, si poteva discutere l’almeno iniziale infondatezza di tali stroncature. Perché il problema di questo film non è di certo Will Smith nei pani del Genio della Lampada.

Raccontare Aladdin nel 2019 può apparire decisamente anacronistico. Difficile trovare una singola persona che non conosca la storia del ladro per necessità, qui interpretato dal giovane Mena Massoud. C’è una città da salvare, Agrabah, che rischia di essere completamente distrutta dalle follie di Jafar (Merwan Kenzari). E per farlo, Aladdin troverà aiuto nel Genio, un Will Smith colorato di blu. Poche righe perché di questi tempi la suscettibilità agli spoiler è molto alta, anche se si parla di una storia conosciuta da praticamente tutti. Sempre meglio mettere le mani avanti.

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Aladdin

C’è un grosso problema che accomuna quasi tutti i remake in live-action dei grandi classici Disney, che negli ultimi anni hanno preso il sopravvento nelle sale; la magia e l’estrosità che permeavano i capolavori d’animazione della casa di Topolino, non riescono a prender la stessa forma e sostanza sul grande schermo. Se i canoni imposti da un film animato sono ben pochi e concedono grande spazio alla fantasia, con il cinema “in carne ed ossa” bisogna fare i conti con il fattore credibilità che, anche se aggirabile in certi contesti, è sempre presente anche in minima parte e ciò porta ad un appiattimento generale dello stile di questi prodotti.

Se l’Aladdin del 1993 era un’opera innovativa, briosa e sorprendentemente eccentrica, l’omonimo remake di Guy Ritchie è il suo gemello debole. Riprodurre i paesaggi e i loro colori, le ambientazioni e i personaggi al loro interno, attraverso l’uso di veri attori e della computer grafica non è esattamente la via più facilmente percorribile verso la strada del successo ed è proprio qui che l’ultima fatica della Disney crolla. L’anonimato vige sovrano e non bastano i rimandi evidenti a Bollywood e un’ispirata performance di Will Smith a rovesciare la medaglia a favore di questo Aladdin. A maggior ragione quando il resto del cast risulta talmente piatto e schiacciato dal contorno che lo ospita. Non tutte le fiabe sono fatte per essere raccontate due volte.

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