The Doors – L.A. Woman | RECENSIONE

L.A. Woman è il testamento dei Doors e delle crescenti ombre di un'epoca

Doors
Credits: The Doors / YouTube
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50 anni fa, i Doors ci lasciavano il testamento di un gruppo che non solo ha fatto scuola nella musica, ma in tutta la filosofia degli anni ’60 / ’70.

Era la fine del 1970. Il futuro creativo dei Doors era sempre più incerto e costantemente oscurato dalle buffonate del frontman: Jim Morrison. Avevano tutte le ragioni del mondo per essere preoccupati e tutte le loro paure finirono per essere confermate dal susseguirsi degli eventi, ma decisero comunque di cimentarsi nella registrazione del loro sesto album: L.A. Woman.

Le cose non andarono nel migliore dei modi durante la registrazione dell’LP, non all’inizio almeno. La band dovette fare i conti con il brusco commento del produttore di lunga data, Paul A. Rothchild, che terminata una sessione di ascolto anticipato, insultò la nuova direzione musicale dei Doors e abbandonò il progetto. “Sembra musica da cocktail” disse, riferendosi a Riders on The Storm.

E aveva ragione. Jim era poco collaborativo, due volte su tre si presentava in studio ubriaco, e Rotchild si era stancato di dovergli fare continuamente da balia. Questo aveva turbato gli altri membri della band, che nel frattempo si erano appiattiti; avevano suonato veramente male e apparivano completamente disinteressati.

Eppure, la reazione di Rothcild scatenò in loro qualcosa. E fu solo in quel momento che nacque la leggende della Donna di Los Angeles. Rothchild venne sostituito con l’ingegnere del suono Bruce Botnick, che prese egregiamente le redini della band, limitando il comportamento sovversivo del suo cantante.

Jim era allergico a qualsiasi forma di autoritarismo e Paul, nel corso degli anni, era diventato un generale a cui Morrison si ribellava. L’approccio di Botnick era più accomodante e per tutta risposta Morrison iniziò ad essere puntuale e preciso.

The Doors – L.A. Woman, 1971

L.A. Woman prese forma molto velocemente, in quello che è uno degli album più zen e spontanei di tutta la storia del gruppo. I Doors era finalmente sinceri e stavano facendo il disco che Jim voleva, piuttosto che quello che ci si aspettava: la sua idea dei Doors era come una band blues e non come un gruppo pop.

Operarono fluidamente durante la registrazione, mentre la scrittura era già nella testa di Morrison. Peccato che il suo stato di salute continuasse a peggiorare: le sue dipendenze stavano definitivamente avendo la meglio sui di lui. In tal senso, la copertina del disco è già di per sè piuttosto loquace; nella foto si può percepire l’imminente scomparsa di Morrison.

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Era seduto perché era ubriaco. O forse perchè sentiva gravare sulla sua anima un peso più grosso di lui. L.A. Woman venne pubblicato nell’aprile del 1971. Tre mesi dopo, Jim Morrison avrebbe definitivamente lasciato questa Terra. Si trasferì a Parigi mentre il missaggio nel disco non era ancora finito.

Quello che doveva essere un congedo temporaneo si rivelò un ultimo addio. Il 3 luglio 1971 Morrison morì, portando a un’amara conclusione una delle carriere più tumultuosamente dinamiche del rock e ponendo fine ai Doors. Alla fine, L.A. Woman segnò la fine di un’era. Ma fu anche il disco della rivelazione.

Laddove la maggior parte dei pensatori e dei giovani degli anni ’60 vedevano il movimento dell’amore libero come qualcosa di bello, Morrison capì che non era un mondo privo di oscurità. Pace e fiori erano meravigliosi, ma gli anni ’60 erano anche tempi pericolosi.

Con così tanti disordini civili, segregazione e sessismo sottostante, era ingenuo pensare che la società potesse semplicemente “abbracciarsi” come suggerito dagli hippie. Queste consapevolezze, di cui L.A. Woman si fa portavoce, hanno messo Morrison in una posizione interessante. In un certo senso, i Doors sembravano anti-eroi rispetto ad altri gruppi americani come i Beach Boys.

The Doors – Riders on the Storm, 1971

Perchè Los Angeles?

Prima della guerra del Vietnam, la città di Los Angeles era questo luogo mistico dove le fantasie potevano diventare realtà. Ogni bambino americano aveva fantasticato di trasferirsi a Los Angeles per entrare nei film e vivere i sogni più sfrenati tra l’élite di Hollywood.

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La ricerca di un sogno quasi irrealizzabile era la speranza di una generazione, era necessaria per restare in piedi durante i periodi di incertezza. Sfortunatamente, il proverbiale sogno americano era proprio questo: un errore. E quando i giovani americani di cui sopra finirono per essere più preoccupati di essere arruolati nella guerra del Vietnam che di camminare sul tappeto rosso di un premier, beh, è li che ufficialmente si concretizzò la profezia dei Doors.

Tant’è che l’apertura della title track di L.A. Woman è la melodia di “America (My Country ‘Tis Of Thee)” ma resa perversa attraverso un pianoforte distorto che rappresenta la morte di un sogno. Era ovvio che i Doors stavano per analizzare una prospettiva che gli ascoltatori non avevano ancora percepito.

Ufficialmente, a dare il via a “L.A. Woman” è il suono di un’auto che accelera lungo l’autostrada, riprendendo il simbolismo per cui Morrison era noto. Questo per dire che Los Angeles non era più una scena di pace e amore nel 1971. Lo sfarzo e il glamour erano stati sostituiti da paura e paranoia.

I Doors avevano sempre fatto sottili riferimenti al lato più oscuro della natura umana, ma vedere accadere certe cose intorno a loro era una storia diversa. Per ogni spiaggia soleggiata, c’era uno strip club a basso costo. Per ogni ragazza in bikini sulla riva, c’è una figura inquietante in agguato nell’ombra.

Durante la sua breve, ma prolifica carriera, Morrison visse con questo non pronunciato codice di onestà incentrato sulla sua produzione artistica, intorno alla morte e alla bellezza, nel bene e nel male. Entrambi i lati della medaglia permeano tutta la canzone “L.A. Woman”. Proprio come nella vita di ognuno di noi.