Il Labirinto del Fauno: Analisi e Origini dell’Uomo Pallido di del Toro

Si apre la rubrica dedicata ai mostri del cinema e la inauguriamo con un approfondimento sull'Uomo Pallido de Il Labirinto del Fauno.

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L’Uomo Pallido nel cinema – Il Labirinto del Fauno

Così come è Il Labirinto Del Fauno, in fin dei conti. Un film che, come lo definisce Emanuele Rauco nel suo bellissimo saggio Beautiful Freak – Le Fiabe Nere di Guillermo Del Toro (Bakemono Lab, 2019) “più ricco e completo […], almeno fino al momento della sua realizzazione”. 

Tra le tematiche principali che caratterizzano la poetica di Del Toro, troviamo un’evidente avversione verso le ideologie dominanti, qui rappresentate dal capitano Vidal, un irritante militare delle truppe franchiste.

Nonché simbolo fisico dell’istituzione repressiva, traslato poi nell’Uomo Pallido dalla candida mente di Ofelia che cerca una fuga dall’orribile realtà che la circonda, trovando un riparo nella sua immaginazione. 

L’Uomo Pallido rappresenta la seconda prova che il Fauno incarica alla giovane bambina. Una prova che la vedrà costretta a recuperare un importante pugnale, senza dover toccare nulla di proveniente dall’invitante banchetto.

Una sequenza che abbraccia i canoni dell’horror, carica di violenza e tensione. E non di minor importanza, pregna di un simbolismo be definito e che viaggia su due binari precisi. 

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In primo luogo, prende sempre più forma la lettura fantastica che Ofelia ha della realtà. Riprendendo Beautiful Freak, Rauco osserva come si palesi una “specularità tra realtà ed immaginazione” (ivi, pag. 86).

Il feto della madre di Ofelia diventa una mandragola, la chiave del rospo è la stessa che ruba Mercedes e i fori sulle mani dell’Uomo Pallido sono molto analoghi a quelli praticati dai proiettili franchisti. 

Appare dunque palese come l’Uomo Pallido incarni un male istituzionale, così come sottolineò lo stesso regista sul suo account Twitter tre anni fa. “Un male che si nutre degli indifesi”, specifica Del Toro. Un mostro quindi generato dal sonno della ragione, esattamente come quel senno completamente assente nel folle capitano Vidal. 

Chiaro esempio, quel banchetto carico di prelibatezze, in pieno contrasto con la carestia dovuta dalle guerre. Una vera e propria tentazione per gli affamati ai quali è vietato toccare nulla. Non gli spetta, al popolo.

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È un banchetto a totale appannaggio di un’istituzione tirannica e violenta, soprattutto verso il più debole, abbandonato anche da chi nelle domeniche parla di mense e dignità da un altare. 

Ancor più emblematico in tal senso, la sequenza della cena che vede il capitano Vidal presiedere a capotavola, esattamente come l’Uomo Pallido. Tra gli invitati, un prelato, rappresentante di un’istituzione ecclesiastica fortemente collusa con il potere tirannico esercitato dal generalissimo Franco e soci. 

Non a caso, passate ventiquattro ore da una cena alla quale Ofelia non è degna di partecipare, in quanto donna, in quanto bambina, ecco arrivare la temuta e famigerata seconda prova.

Dove tutto il male che vede viene filtrato dall’immaginazione della giovane, creando di fatto il temuto (e odiato) Uomo Pallido. 

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