4 assurdi epic fail di Netflix

Anche i migliori sbagliano. Da questa massima non può sfuggire neppure Netflix, che in anni di attività ha commesso alcune scelte davvero discutibili.

epic fail di netflix
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Quando Roberto Baggio posò quella palla sul dischetto del Rose Bowl di Pasadena, in una lontana giornata estiva del 1994, tutti pensarono ad un classico palla da una parte e portiere dall’altra. Quel pallone però s’innalzò in alto finendo in tribuna, tra lo sgomento di tutti, perché quando a sbagliare sono i migliori, il disorientamento è palpabile.

Abbiamo usato questa metafora calcistica per dirvi: anche Netflix sbaglia, non conta essere il migliore o il leader nel settore, a volte si prendono cantonate, come quando il Creatore ha dato vita alle zanzare, che comunque sono più utili di alcuni film e serie tv. Mass media 0, zanzare 1.

Tra gli epic fail di Netflix, sono 4 quelli che ci hanno colpito profondamente. I primi tre hanno un sapore eccessivamente politically correct che fatichiamo a capire; mentre l’ultimo potrebbe essere considerato il genitore di tutti gli epic fail della piattaforma statunitense, una concatenazione di errori che non riguardano esclusivamente un aspetto preciso del processo di produzione ma è l’emblema di come una decisione sbagliata possa attivare un percorso distruttivo molto simile alla caduta di un tassello del domino. Se il tassello è messo bene, allora avremo poi un disegno coerente e ben strutturato; mentre se il tassello è messo male, avremo un problema che si riverserà endemicamente sul quadro generale che ci siamo prefissati di creare.

Pertanto, eccovi 4 assurdi epic fail di Netflix

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I Cavalieri dello Zodiaco: Andromeda donna

I cavalieri dello zodiaco

Una delle scelte che più hanno fatto raggelare il sangue nelle vene degli utenti riguarda la nuova opera Netflix dedicata a I Cavalieri dello Zodiaco: Saint Seiya: Knights of the Zodiac. A far storcere il naso a molti fan del celebre gruppo di combattenti è stata una decisione davvero incredibile, vale a dire cambiare il sesso di uno dei personaggi più iconici della serie: Andromeda.

Come ricorderete, Andromeda, fratello di Phoenix, è il cavaliere che indossa l’armatura rosa e che usa una catena come arma. Il personaggio si è da sempre contraddistinto per la sua forte sensibilità e per i tratti androgini che lo caratterizzano. Amato da molti, Andromeda fa parte del gruppo originale di eroi, è una figura fondamentale per la cosmologia della serie. La pensano allo stesso modo i produttori del film, che hanno dichiarato di considerare Andromeda “un personaggio eccezionale”. Ma ciò non gli ha impedito di prendere una decisione davvero singolare, come può esserlo quella di cambiare un aspetto fondamentale di un personaggio ben collaudato.Le motivazioni del produttore Eugene Son non sono affatto sciocche, anzi, ma lasciano comunque perplessi molti fan. Infatti, secondo Son, l’opera necessitava assolutamente di un cavaliere donna e che le varie opzioni prese in considerazione (crearla ex novo, o modificare qualche personaggio femminile già presente) non convincevano gli addetti ai lavori. Pertanto, lo stesso Son suggerì il radicale cambiamento del cavaliere dai capelli verdi. Il produttore si è assunto la piena responsabilità della scelta, sostenendo che capirà chi non vorrà vedere la serie e che comprende pienamente la natura controversa della scelta.

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Achille, Patroclo e Zeus neri

Achille di colore
Achille di colore, scatta la polemica

Il concetto di diversità sta entrando prepotentemente anche nei campi del cinema e della televisione, e di ciò ce ne rallegriamo caldamente. Purtroppo però, il detto “il troppo storpia” non è semplicemente una frase fatta ma una sacrosanta verità. Un concetto, un atteggiamento o un’azione, siano essi positivi o negativi, dinanzi all’eccesso perdono inevitabilmente di legittimità.

Questa riflessione ci ha sfiorato la mente non appena ci siamo imbattuti in una delle scelte più “strambe” targate Netflix. Questa volta a metterci lo zampino ci ha pensato anche la BBC, che ha collaborato con il colosso americano per produrre una nuova serie dedicata ad uno dei testi letterari più importanti della storia umana: l’Iliade.

Troy: Fall of a City, questo il titolo della serie, ci racconta ancora una volta l’epica guerra tra achei e troiani. L’esordio sul piccolo schermo avvenuto l’anno scorso non è stato indimenticabile e la serie non ha convinto la critica e il pubblico risultando un vero flop. Tra le critiche più aspre vanno ricordate sopratutto quelle legate alla scelta degli attori. Infatti, la produzione BBC/Netflix ha optato per tre attori afroamericani per i ruoli di
Achille (David Gyasi), Patroclo (Lemogang Tsipa) e Zeus (Hakeem Kae-Kazim). La scelta ha fatto storcere il naso a molti puristi, poiché seppur è vero che i miti sono spesso riadattati grazie alla loro malleabilità millenaria, è pure vero che c’è un limite ai cambiamenti. Per molti utenti la scelta è stata dettata da una visione estremamente politically correct, figlia del periodo storico che il mondo della settima e ottava arte sta attraversando. Risultato? Una perdita consistente di pubblico prima ancora della messa in onda della prima puntata. A volte è meglio non esagerare.

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Per approfondire: Netflix sceglie un Achille di colore, scatta la polemica

Omar Sy come Arsenio Lupin

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Il talento di Omar Sy è indiscutibile. L’attore di Quasi Amici ha trovato le luci della ribalta grazie ad un successo improvviso e planetario. Pertanto, è sempre un piacere ritrovare la simpatia e l’estro dell’attore francese.

Sicuramente non la pensano così molti fan del grande Arsenio Lupin, che sarà protagonista di una serie Netflix che vedrà la luce nel 2020. A vestire i panni del famoso ladro gentiluomo sarà proprio Omar Sy e la scelta ha fatto infuriare parecchi utenti. Pur riconoscendo la bravura di Sy, molte persone non hanno capito le motivazioni che hanno spinto la piattaforma statunitense (e la produzione francese) a cambiare i connotati ad un personaggio così iconico.

Bisogna riportare, però, che la serie si baserà sulla saga letteraria creata da Maurice Leblanc nel 1902 e non sui manga e anime giapponesi dedicati a Lupin III, la cui identità non si sovrappone a quella del ladro protagonista dei romanzi, poiché, come è noto, il ladro con la giacca colorata è il nipote del Lupin originale.

Eppure, la scelta è apparsa azzardata a molti fan che hanno ben impresso nella mente il personaggio creato da Monkey Punch nel 1967. Politically correct made in France o scelta ponderata vista l’estraneità dal famoso anime? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Un disastro chiamato Death Note

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Emblema degli Epic Fail di Netflix, Death Note, film tratto dall’omonimo manga (e anime) di Tsugumi Ōba, è stato bocciato dalla maggioranza degli utenti della piattaforma. Se poi chiedessimo un’opinione ai fan dell’opera originale, allora la risposta sarebbe lapidaria: Death Note è un disastro. Il film sfrutta la fama del manga e dell’anime solo per attirare spettatori, ma fin dai primi minuti è evidente che il motivo dietro a questa scelta è puramente frutto di un calcolo economico e non artistico. Death Note non ha lo spessore del gemello cartaceo (o animato), non è all’altezza della sua poetica e risulta essere un’opera senza anima e senza cuore.

Un teen-thriller che sa di occasione sprecata. Una produzione più in linea con l’eredità dell’opera originale avrebbe potuto avviare una saga epica, la prima targata Netflix. Invece, ci troviamo qui a parlarne come il peggior risultato del colosso statunitense. Tanta tristezza. Provaci ancora, Net.

Per approfondire: Death Note – la recensione

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