L’arte non deve scendere a compromessi – Intervista a Colapesce

Colapesce
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In occasione della quinta edizione del Siren Festival di Vasto, abbiamo fatto due chiacchere con Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce.

Riconoscersi in un certo tipo di musica un tempo aveva un significato politico. Nei tempi più recenti sembra esserci invece un tipo di adesione più sentimentale, forse dettata dalla necessità di accontentare il mercato. Abbiamo discusso di questo e molto altro assieme a Colapasce, tra i pochi artisti della scena nostrana impegnati a far risorgere il cantautorato italiano.

Partiamo dal singolo Aiuta un danese (help a Dane dein, Italy), prodotto per la goliardica campagna di sensibilizzazione partita dalla Danimarca. Come hai reagito quando hai saputo di esser stato scelto per lo spot italiano? E pensi che l’ironia sia la giusta chiave per moltiplicare la forza comunicativa di certi messaggi?

Assolutamente sì. Ero molto felice quando mi hanno comunicato l’iniziativa, anche perché già conoscevo la campagna e l’ho trovata da subito molto carina. Rispetto all’anno scorso, che si basava semplicemente su una fake pubblicità progresso con il ministro danese, quest’anno hanno invece deciso di puntare sulla canzone. Ho lavorato comunque su una dimensione ironica, perché questa era la loro richiesta e desideravano qualcosa che fosse più leggero.

Loro poi sono un popolo meraviglioso perché non si prendono mai troppo sul serio. Quindi, sì, assolutamente, la chiave di lettura ironica è quella più giusta per affrontare certi temi. In questo caso non è un’ironia da baracconata, ma sottile, per far riflettere su un problema molto più complesso, che è quello del cancro alla pelle. Queste campagne di prevenzione sono molto utili e, nel caso specifico, anche divertenti.

E tu, sei più tipo da “lasagna e cappuccino” o da “freddo polare”?

Considerando che sono al mare, direi da “lasagna e cappuccino”.

immagini.quotidiano.net

Non a caso il tuo nome è Colapesce. Il protagonista della leggenda sceglie di restare negli abissi per mantenere la colonna incrinata, evitando la distruzione della Sicilia. Qual è la colonna “mal combinata” che tu stai sorreggendo invece?

Non ho pretese così da megalomane, però ti posso dire che uno dei motivi per cui ho scelto il nome è l’idea del sacrificio che sta dietro la leggenda, ovvero sacrificare qualcosa per un amore più grande. Nel caso della leggenda, è l’amore per la terra. Nel mio, sicuramente è il caso di dire per la musica.

A partire dalla scelta del nome Colapesce, la Sicilia è onnipresente nei tuoi lavori. Il tuo ultimo disco, Infedele apre con il brano intitolato Pantalica; in Ti attraverso citi la città di Catania. Quanto la Sicilia ha effettivamente influito sulla tua formazione artistica e in che modo hai preso spunto dalla tua terra per impreziosire la tua musica?

La mia realtà, soprattutto agli inizi, era quella lì. La scrittura secondo me è qualcosa di molto personale, ed essendo cresciuto in Sicilia, l’influenza è stata inevitabile. Spesso ci sono delle citazioni palesi come quelle che hai notato tu, altre invece sono semplicemente a livello metaforico o a livello di costruzione della frase. Parlo di alcuni accorgimenti che per me ormai sono diventati una cifra stilistica e che hanno in qualche modo rafforzato la mia scrittura, piuttosto che indebolirla, rendendola sicuramente più ricca a livello di un vocabolario più esteso, rispetto alla musica italiana e al pop italiano contemporaneo.

Hai dichiarato che ad oggi ci sia troppa omologazione nella musica indipendente e che hai paura che i singoli artisti possano perdere la propria identità, diventando indistinguibili nell’immenso calderone ITpop/ Indie.

Un po’ è già successo. A livello di linguaggio non mi sembra che ci siano grandi differenze. Trovo i testi piatti. In questo caso rivendico la mia natura da cantautore.

In cosa pensi che i tuoi brani siano differenti, in un contesto in cui la musica indipendente sembra sia stia appiattendo sempre di più? Cosa rende la tua musica distintiva?

Non voglio assolutamente dire che sono migliore degli altri. E’ solo che a livello testuale c’è un piattume generale. Io sono molto influenzato – oltre che dall’isola – da un background più cantautorale che pop. Anche estero, non per forza italiano. Mi sento differente, che non per forza significa che sia una cosa giusta, ma semplicemente è una mia caratteristica. Si vede in fase di scrittura: avendo un vocabolario più esteso, giocando molto sulla tridimensionalità della parola e della musica, non ci sono mai situazioni piatte o descrittive, ma c’è sempre qualcosa che ti introduce nel discorso e ti fa fare un viaggio all’interno della parola.

In qualunque mio testo preso a caso, anche Pantalica stesso, che tu citavi, si evince tutto ciò. I primi versi “Il fiume taglia la pietra/Da quando cristo non c’era”, in qualche modo forniscono già una visione spazio-temporale e un contesto storico. La tridimensionalità è sicuramente qualcosa in cui credo molto, venendo anche da una formazione più poetica. Non a caso uso spesso l’endecasillabo. C’è un discorso diverso dalla canzoncina più funzionale semplicemente per il tema innocuo e la melodia carina. Da questo punto di vista sono sicuramente più cantautore. Non voglio assolutamente dire che sia la cosa migliore o più giusta, ma certamente questa è la differenza tra me e altre cose.

A questo punto ti chiedo, chi era Colapesce all’inizio della sua carriera e chi è oggi?

Colapesce è Lorenzo Urciullo, che ero io, un appassionato di musica fin da bambino. Rispetto al primo Ep, sicuramente è cambiato il fatto che dalla passione la musica è diventato un lavoro a tempo pieno. Sono anche autore per la Sony, ho fatto varie produzioni artistiche, ho lavorato a teatro, ho scritto un fumetto, sto scrivendo un libro. Faccio varie cose e quindi posso vivermi a pieno questa direzione creativa che in qualche modo mi sono ritagliato negli ultimi 10 anni.

Questa è la differenza rispetto agli inizi della mia carriera. Sono molto felice perché in questi 10 anni non sono sceso a compromessi con nessuno e ho mantenuto l’indipendenza , che per me , più che un termine – che di questi tempi è diventato anche di moda – è qualcosa di veramente importante. Avere la totale gestione della mia arte, a partire dalle questioni più burocratiche come il budget per fare un disco, le grafiche, l’organizzazione di un tour. Questo aspetto dell’indipendenza è fondamentale perché corrisponde ad un atto politico, corrisponde ad una scelta precisa in un momento storico in cui il rischio di omologazione è fortissima. Un po’ mi dispiace, perché il termine è così abusato che sta perdendo forza.

Invece i termini andrebbero difesi, perché se li svuotiamo dei loro significati originari andiamo a indebolire il linguaggio, che è lo strumento chirurgico che poi ci permette di descrivere le situazioni. Mi rendo conto che una lotta contro i mulini a vento, ma tutto questo per me ha un senso preciso. Ogni parola ha una sua storia ed è giusto che venga rispettata.

Parliamo dei testi dei tuoi brani. Kubrick riteneva che fosse fuorviante cercare di sintetizzare a parole il significato di un film perchè “tratta di emozioni e rispecchia la frammentarietà dell’esperienza”. Lo stesso discorso potrebbe essere esteso alla musica. Hai mai avuto paura che non venisse colto il senso delle tue canzoni, che qualcosa non venisse capito o che addirittura andasse perso.

Sì assolutamente, lo penso ancora e sono convinto che in parte ci voglia del tempo per assorbire determinati significati e immaginari. Però sono anche convinto che questa ricchezza di linguaggio e di tridimensionalità – di cui parlavamo poco fa – alla lunga, ha la meglio rispetto alla semplicità di linguaggio, rispetto a qualcosa che magari è più immediata,arriva subito e quindi si esaurisce prima.

Penso sia importantissimo, nel mio caso, lavorare sulla ricerca e puntare più sul contenuto che sull’immediato risultato. Ovviamente l’impressione che alcune cose non vengano capite ce l’abbiamo un po’ tutti, io non sono il primo, tu hai citato Kubrick, che è un esempio lampante. Restando in ambito musicale e locale, in Italia abbiamo decine e decine di cantautori che secondo me hanno fatto scuola e sono completamente dimenticati.

Io però credo ancora moltissimo nel fare musica in un determinato modo, con un approccio artistico, perché l’arte in qualche modo non deve scendere troppo a compromessi. Neanche con il pubblico. Ovviamente bisogna relazionarsi al mercato perché altrimenti, dai, cambi mestiere… però sicuramente è importante non scendere troppo a compromessi per non arrivare ad un’omologazione eccessiva. Un po’ come quella che ha portato a governi come quello che abbiamo adesso. Quindi è anche un atto politico, il mio.

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Due parole sul tuo progetto “parallelo”. A Gennaio debutterai con lo spettacolo teatrale “Stiamo tutti male”, di e con Riccardo Goretti e Stafano Cenci. Siete stati piuttosto vaghi a riguardo. Cosa dobbiamo aspettarci da questo lavoro?

Ci stiamo ancora lavorando. Ho già lavorato a teatro, ma occupandomi delle musiche, quindi è la prima volta che mi trovo parte attiva di uno spettacolo. Sarà sicuramente divertente perché sia Stefano che Riccardo sono due bravissimi attori, non comici, ma ironici, che è una cosa ben diversa. Riccardo, tra l’altro, adesso lavora con Lucia Calamaro che secondo me è una delle, anzi, non una, ma la migliore regista di teatro italiana in questo momento e mette in scena delle storie meravigliose.

Quindi è un’esperienza nuova che ovviamente vivo con la curiosità di un bambino che per la prima volta si addentra in un mondo che non conosce. Io mi occuperò più della parte musicale. Sarò anche in scena, interpretando delle canzoni tristi anche, ma che decontestualizzate assumeranno una connotazione più ironica, all’interno dello spettacolo.

Quindi uno spettacolo semi-serio.

No no, serio per niente, assolutamente. Sarà molto piacevole da vedere. In più ci sarà la partecipazione attiva del pubblico. Stiamo già raccogliendo delle testimonianze: abbiamo attivato una mail attraverso cui stiamo chiedendo alle persone quali siano i motivi che le facciano stare veramente male. Senza entrare nello specifico, stiamo facendo una sorta di indagine sociale che poi utilizzeremo per la stesura del testo.

Musica, teatro, grafich novel (“La distanza”, scritto con Alessandro Baronciani e pubblicato nel 2015). Sei quello che si definisce “un’artista a 360°”. Qual è stata la tua più grande soddisfazione professionale, fino ad ora?

Ne ho avute tante, piccole ma tante. Alcune più importanti per me, più che per un curriculum. Anche mettere in scena, per esempio, lo spettacolo di Vittorio De Seta, che è uno dei miei registi preferiti, un documentarista siciliano. Ho preso delle immagini in archivio, ho fatto un montaggio con un amico e mi sono occupato della sonorizzazione live di questo festival.

Sono tutte piccole soddisfazioni che mi fanno sentire fortunato, perché posso in qualche modo cavalcare la mia passione anche da semplice fruitore di prodotti culturali e farne un lavoro. Questa è la più grande soddisfazione. Oltre che poter rimanere indipendente e fare quello che voglio. Ci sono tantissimi episodi poi… dal premio Tenco all’inizio, a tantissimi piccoli tasselli che si sono aggiunti dal mio primo disco in poi.

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Ultima richiesta: consiglia 3 dischi ai lettori della scimmiapensa.com

Dunque, i dischi che dovrebbero ascoltare tutti….tre sono pochissimi!! Te ne do tre per tre generi diversi:

A Love Supreme – John Coltrane (1965)

La voce del Padrone – Franco Battiatio (1981)

Harvest – Neil Young (1972)

Sei stato gentilissimo. Ti ringrazio molto. Ci vediamo a Vasto al Siren Festival!

Grazie a te!

 

 

Vi ricordiamo l’appuntamento a Vasto per il Siren Festival, dal 26 al 29 Luglio.

Tra gli headliner di quest’edizione ci saranno Cosmo, gli Slowdive e i Public Image Ltd. Si esibiranno anche i Bud Spencer Blues Explosion, Colapesce, i Mouse on Mars e tanti altri. Per il cartellone completo qui.

Il festival musicale è promosso da Associazione Stardust Productions e DNA concerti, con il patrocinio del Comune di Vasto.

ABBONAMENTI

Abbonamenti disponibili dal 18 aprile alle 12:00
60 euro+d.p – abbonamento venerdì e sabato
75 euro + d.p. (early price) abbonamento venerdì e sabato + Siren Beach (27/28/29)

www.ticketone.it
www.vivaticket.it

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