Vizio di Forma – La recensione

Vizio di Forma - Recensione di un viaggio psichedelico nella Los Angeles della fine degli anni '70 con Joaquin Phoenix.

Vizio di forma recensione
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Recensione Vizio di Forma  – Vizio di Forma (Inherent Vice) è un film del 2014 diretto da Paul Thomas Aderson (Boogie Nights, Magnolia), tratto dall’omonimo libro di Thomas Pynchon. Siamo nella Los Angeles del 1970, poco dopo gli assassinii di Charles Manson. Larry “Doc” Sportello (Joaquin Phoenix) è un hippie ex poliziotto ed attuale investigatore privato. Un giorno riceve una visita da parte della sua ex fidanzata storica Shasta Fey (Katherine Waterston); è nei guai e ha bisogno del suo aiuto. Shasta ha una relazione con Mickey Wolfman, milionario magnate dell’edilizia e vuole evitare che la moglie di quest’ultimo lo faccia internare in una casa di cura per prendergli i soldi. Doc decide di aiutarla, ma scoprirà che le cose non sono così semplici come sembrano.

Il film segue esattamente lo stile del libro di Pynchon, tanto che nel 2010 ad una prima stesura, Anderson adattò la sceneggiatura al libro in maniera letterale, seguendola meticolosamente frase per frase. Prevale il gusto per il pastiche. La storia è un intrigo di personaggi in una spirale vorticosa di apparizioni e sparizioni, il tutto condito con droghe di ogni genere, nel rispetto della tradizione hippie di fine anni ’60.

È proprio questo mix letale costituito da una trama ingarbugliata, personaggi a volontà e presenza costante di droghe, a rendere il film un’esperienza fuori dalle righe e totalmente psichedelica. I confini tra immaginazione, sogno e realtà diventano labili e si ottiene un surplus di informazioni. Tanto che, ad una prima visione, se ci si sofferma su tutti i dettagli del film, si rischia di perderne la godibilità. Come ogni opera di Anderson infatti, è necessaria più di una visione per poterne cogliere ogni fantastica sfumatura.

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Recensione Vizio di Forma – Lo stesso Doc, che filtra gli accadimenti con quel suo sguardo completamente stralunato, sembra essere totalmente in balia degli eventi. Ne segue il flusso lasciandosi trasportare, contrariamente alla sua nemesi, “Bigfoot” Bjornsen, interpretato da Josh Brolin. Come in Alice nel paese delle meraviglie, Doc si immerge in questo mondo popolato da personaggi completamente fuori dalle righe. Sullo sfondo di situazioni talmente assurde da mescolare le tinte di questo giallo, con quelle del grottesco e del comico. Proprio per questo, le cose che accadono a Doc sembrano essere frutto della sua immaginazione; non a caso le due volte in cui intrattiene una conversazione con Shasta, Doc è in casa, steso sul divano, ovviamente sotto l’effetto di droghe.

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La dimensione onirica è abbastanza evidente, gli indizi si presentano davanti agli occhi del protagonista senza nemmeno che lui li cerchi.

Il tutto è filtrato dalla suadente voce narrante di Sortilège, amica di Sportello ed interpretata dalla cantante Joanna Newsom, le cui parole riprendono quelle narrate in terza persona nel libro di Pynchon. La presenza della voce narrante di Sortilège, fortemente voluta da Anderson, contribuisce a rendere un’atmosfera trasognata.

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Vizio di Forma – Recensione

Recensione Vizio di Forma  

Aleggia un continuo senso di paranoia, dovuto non solo all’uso di droghe da parte di Doc e degli altri personaggi, ma anche per il contesto storico.

È passato soltanto un anno dagli assassinii di Manson ed il contesto politico è quello della guerra in Vietnam; con le manifestazioni contro il governo da parte dei giovani studenti, le politiche conservatrici di Nixon ed il controllo dei servizi segreti.L’intero film è un susseguirsi di conversazioni. Le inquadrature molto intime ne particolarizzano i tratti, seguendo i dialoghi dei personaggi. La macchina da presa spesso parte da un punto di vista lontano per poi avvicinarsi in modo impercettibile, entrando a stretto contatto con i personaggi; sottolineando il senso di privatezza e l’ansia dell’essere visti o sentiti. La fotografia di Robert Elswit è azzeccatissima e riesce a rendere perfettamente l’atmosfera trasognata della Los Angeles dei primi anni ’70, fatta di tinte tenui e contrasti fra i blu delle sere e i colori caldi dei pomeriggi. I passaggi da un’inquadratura all’altra sono morbidi, vengono spesso usate delle dissolvenze incrociate che rimandano ad un flusso di ricordi e pensieri quasi sbiaditi.

I costumi e le acconciature riescono a caratterizzare in maniera eccelsa ciascun personaggio; a partire dall’uniforme giacca e cravatta di Bigfoot fino ad arrivare ai sandali e alle mega basette di Doc. Il cast è a dir poco stellare, oltre a Joaquin Phoenix vediamo sfilare attori del calibro di Josh Brolin, Reese Witherspoon, Owen Wilson, Katherine Waterston (Animali fantastici e dove trovarli), Benicio Del Toro e Jena Malone. Ciascuno di essi entra a far parte della carovana di personaggi folli che entrano in contatto con Doc.

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VIzio di forma – recensione: una delle scene più iconiche del film, il cui rimando è ovviamente l’Ultima Cena di Leonardo.

Joaquin Phoenix è il padrone indiscusso del film.

Anderson, dopo aver lavorato con lui in The Master, lo ha voluto ancora una volta per Vizio di Forma. Doc è il perno attorno al quale si muove l’intera narrazione. La recitazione di Phoenix è impeccabile (d’altra parte, quando mai non lo è stata?) e in questo caso anche fisica. Doc viene colpito alla testa, cade rovinosamente a terra, si rannicchia colpito dagli agenti o viene spintonato e tutto ciò è volto a sottolineare la comicità dell’accanimento sul suo personaggio. Una ferocia dedicata soprattutto alla sua figura di hippie che sottolinea la meschinità delle autorità nei confronti della sua categoria.

Vizio di forma non è soltanto un giallo, è un mix di generi. Così come il libro, il film riesce ad essere grottesco, noir e comico in una sola volta. Gli stessi personaggi che dovrebbero ricoprire un ruolo autoritario, finiscono anch’essi per rivelarsi ridicoli, da Bigfoot, all’avvocato di diritto marittimo Sauncho (Benicio Del Toro) fino al dottore Rudy Blatnoid, interpretato da un esilarante Martin Short.

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Vizio di Forma – Recensione

Ed infine è il film stesso a darci una spiegazione del suo senso. Il vizio di forma, viene tradotto nel film come vizio intrinseco: “nelle polizze delle assicurazioni marittime è tutto quello che non si può evitare: uova che si rompono, cioccolata che si scioglie, bicchieri che si spaccano.”, per citare Sortilège. Shasta, per Mickey Wolfman, è a sua volta un prezioso carico non assicurabile per vizio intrinseco; un oggetto deperibile e di poco conto. Nei confronti di Doc, acquista invece il significato di un amore destinato irrimediabilmente a finire, ma il termine vizio di forma assume un valore più vasto all’interno del film. Rimanda ad una malinconica fine delle cose, come quello del periodo storico e politico che ha caratterizzato il movimento hippie degli anni 60.