Passengers – Recensione

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Passengers è un film del 2016 diretto da Morten Tyldum (conosciuto già per aver girato The Imitation Game nel 2014) con Jennifer Lawrence, Chris Pratt, Laurence Fishburne e Michael Sheen. Il film racconta la storia di 5000 passeggeri del pianeta Terra, imbarcati sull’astronave Avalon per raggiungere la colonia Homestead II, per cominciare una nuova vita. La navicella spaziale è completamente autosufficiente senza l’intervento umano, progettata per affrontare un viaggio lungo 120 anni. Tutte le persone a bordo, equipaggio compreso, sono in delle capsule di mantenimento che consentono un’ibernazione completa dell’organismo. Il risveglio automatico è previsto qualche mese prima dell’arrivo.

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Il nostro Jim Preston (Chris Pratt) viene svegliato improvvisamente dal sonno indotto, e lo sfortunato ragazzo si ritrova sull’enorme Avalon completamente solo, eccetto per 4999 persone in stato di ibernazione e un barista robot di nome Arthur (Michael Sheen). Il ragazzo con il passare dei giorni è sempre più depresso, specialmente quando scopre che mancano ancora 90 anni all’arrivo ed è quindi destinato a passare la sua intera vita nello spazio in solitudine. Ovviamente dopo averle provate tutte (provare ad accedere alla cabina di pilotaggio automatizzata, invertire la rotta, comunicare con la Terra) decide di godersi il soggiorno approfittando dei vari confort presenti. Un giorno mentre cammina nella sala dove sono contenute le capsule una ragazza di nome Aurora (Jennifer Lawrence) attira la sua attenzione. Comincia a cercare sue notizie, guardando le varie interviste che la giovane ha rilasciato alla compagnia per partecipare a questo progetto ed altro. Da qui parte l’enorme dilemma di Jim. Svegliare Aurora e condannarla egoisticamente al suo stesso destino o lasciarle vivere la sua esperienza su Homestead II? Dopo diverso tempo, Jim finalmente prende una decisione e sveglia Aurora.

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L’idea di partenza del film è davvero intrigante ed anche non troppo banale. Subito durante la visione notiamo la presenza di numerosi effetti speciali (come ogni film di fantascienza che si rispetti) suggestivi e ben fatti. Anche l’architettura esterna ed interna di Avalon è interessante: una forma particolare ed aerodinamica per affrontare il viaggio spaziale e un design moderno ed essenziale per gli ambienti interni. Anche la colonna sonora è buona, ipnotica e d’atmosfera.

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Però ci sono anche diversi problemi in Passengers. E parecchi purtroppo. Partiamo dal principio: nel trailer conosciamo subito Jim ed Aurora, intuendo anche un certo coinvolgimento affettivo. Non sono però i presupposti iniziali della pellicola, durante la prima parte infatti assistiamo al risveglio del protagonista maschile con delle scene di esplorazione e solitudine. Decisamente dilungate a mio parere, e solo nella parte centrale Aurora si sveglia. Da qui i due cercano una soluzione per salvare le loro vite, ma dopo poco sembrano quasi dimenticarsi del loro destino e tutto si concentra sul corteggiamento (prevedibile) di Jim nei confronti di Aurora. Assistiamo a numerosi clichè romantici visti altre mille volte e passaggi disneyani. Come per esempio la scena in cui il nostro lui chiede alla nostra lei: Ti fidi di me? prima di un salto nel vuoto in tuta spaziale. Già a questo punto l’attenzione cala vertiginosamente. Non succede nulla e mancano elementi fondamentali come il brivido, la suspence e perché no anche un po’ di claustrofobia visto che ci troviamo comunque su un astronave in mezzo allo spazio infinito. La perfomance di Jennifer Lawrence non è delle migliori per me, sopra le righe e innaturale. Non ho visto Aurora ma solo un’attrice che interpreta un personaggio. Davvero un peccato perché l’avevo apprezzata in altri lavori come per esempio American Hustle. Chris Pratt invece se la cava meglio, ma non basta per risollevare il film. Per quanto riguarda il finale, dopo averlo atteso pazientemente, speravo in qualcosa di azzardato, magari enigmatico. Invece no. E vissero felici e contenti con banalità.

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Uno degli aspetti più deludenti del film è sicuramente il messaggio che a volte passa la nostra coppia intergalattica: ho bisogno di te altrimenti sarei totalmente solo, non perché tengo a te. L’amore non è questo, non è riempire un vuoto per compagnia, ma è scegliersi. Sempre. Persino in contesto così singolare. Ma tutto ciò purtroppo non viene fuori nel loro rapporto. Che dire, non posso nemmeno consigliare la visione per il puro intrattenimento, visto che il film non ha ritmo e non coinvolge. Eppure le basi per un ottimo film c’erano. L’ennesima dimostrazione che ormai non bastano più gli effetti speciali e la fotografia curata per fare cinema. La messa in scena è fondamentale, per trasportare lo spettatore in un esperienza nuova e soprattutto lasciare sensazioni, riflessioni e spunti terminata la visione. Davvero una delusione.