Peacemaker, quando la follia diventa genio: Recensione della prima stagione già cult

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Peacemaker: Si vis pace para bellum

Peacemaker, la serie DC Comics del 2022 per il servizio di streaming HBO Max (la seconda è in onda ad ottobre 2025 in America, in Italia per i tipi di Tim Vision), è il vero capolavoro di James Gunn, che supera di un soffio le sue leggendarie prove con la Troma, affiancandosi al suo Guardians of the Galaxy vol.3 della Marvel.

Nei fumetti, Peacemaker non ha mai avuto né fortuna né una carriera brillante, anzi. Apparso per la prima volta nel 1966 su Fightin’ 5 (vol.1), Christopher Clyde Smith è un diplomatico pacifista disposto a tutto pur di portare la pace nel mondo; gli anni -e gli autori- lo hanno trasformato poi in un vigilante pronto alla violenza per il bene comune, portandolo nel gruppo e nei fumetti della Suicide Squad.

Pur non avendo mai avuto una sua serie personale, Peacemaker ha riscosso un enorme successo di pubblico nell’interpretazione di John Cena nel film Suicide Squad del 2021 diretto da Gunn, tanto da far produrre una serie solista al personaggio.

Peacemaker: fumetto, film, serie

La serie Peacemaker parte da presupposti fedeli al fumetto, con Chris che viene reclutato dalla A.R.G.U.S. (Advanced Research Group Uniting Super-Humans, organizzazione spionistica e antiterroristica creata da Geoff Johns e Gene Ha ovviamente per la DC Comics, apparsa per la prima volta in Justice League, vol. 2, n. 7) subito dopo essere uscito dalla prigione dove era finito al termine del film Suicide Squad. Da qua partono una serie di eventi, concatenati tra loro, che corrono in bilico tra grottesco, drammatico e avventuroso, trame e sottotrame ognuna con un suo equilibrio e ritmo.

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In ogni caso, Peacemaker ha due grossi meriti: è prima di tutto un prodotto di altissimo profilo, ma anche conferma la bontà della strada intrapresa dai DC Studios con Gunn.

Perché finalmente, con il regista di Superman, le produzioni della casa editrice hanno una loro fisionomia ben precisa senza rincorrere lo stile della Marvel, ma soprattutto una visione (basti pensare alla volontà di rifare con la CGI le ultime immagini dell’ultimo episodio, correggendo la Justice League per avvicinarla al DC Studios).

Ne consegue che la serie si conferma fortemente connessa -per storia, ritmo, stile- alla Suicide Squad che è sia il primo passo di Gunn nella DC, sia il precedente narrativo di Peacemaker: una serie che vede ben cinque episodi diretti e otto scritti proprio dal buon James, che ha l’innegabile dono di guidare benissimo cast corali, riuscendo a dare ad ogni personaggio il giusto spazio e il giusto approfondimento senza lasciare indietro nessuno e senza mai perdere di vista l’obiettivo primario e la trama principale.

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Tantissimi altri show tra i cinecomics di oggi sono costruiti sulla de-mitizzazione della figura del supereroe (in testa The Boys e Watchmen), ma Peacemaker decostruisce il concetto con perfidia aggiungendo una grottesca deformazione del personaggio del supereroe e della retorica americana grazie alla figura e all’interpretazione di John Cena, capace di dare vita ad un personaggio di limitata intelligenza ma grande sensibilità, consapevole di essere pedina di un sistema più grande di lui e di dover usare la violenza per non venirne schiacciato.

Peacemaker: sfondare il cringe e diventare capolavoro

Il pubblico oggi è più smaliziato che mai, dopo essersi nutrito di ore ed ore di immagini e racconti che hanno mostrato tutto ciò che c’era da mostrare: eppure, Peacemaker ha il merito di mettere insieme otto episodi magnifici che -cosa più rara che insolita- scorrono talmente bene uno dopo l’altro da fare venire voglia di un binge wathcing sfrenato.

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Perché anche se la stria è lineare e diretta, diventa solo un accessorio al servizio di un gruppo di protagonisti magnetici, senza nessuna eccezione: a partire proprio da lui, Chris/Peacemaker, che grazie ad un insospettabile Cena regala momenti straordinari, stretti tra ricordi ossessivi -le ultime parole di Rick Flag proprio in Suicide Squad- e la figura morbosa e violenta del padre -intriso di drammatica, allarmante contemporaneità sociale-.

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Peacemaker è brillante, forte, dirompente, spassosa, pop, efficace, scritta con precisione millimetrica e con cuore; ed è una serie in tutto e per tutto incentrata sui suoi personaggi, che non sente neanche il bisogno di creare un villain tanto è il peso narrativo e drammaturgico dei suoi componenti e delle loro relazioni interpersonali.

Addirittura, nonostante la sua capacità di far diventare irresistibilmente comico il senso del grottesco che permea ogni sequenza, Peacemaker è quasi sicuramente l’opera concettuale più stratificata accostabile a Watchmen, nel momento in cui decostruisce dall’interno la figura, tipicizzata da decine di serie e film, dell’antieroe moderno, collegandola e anzi immergendola nel tessuto sociale e politico contemporaneo.

Tutto questo accanto alla capacità, tipica e forse unica di Gunn, di girare sequenze in cui il suo gusto estetizzante deflagra nei punti più inaspettati, con un impatto visivo irresistibile e clamoroso.

La visione di Gunn è pop e trash, in maniera così impattante da lacerare il senso stesso del cringe per sfondarlo e passare oltre, diventando un prodotto realmente unico nella sua spregiudicata diversità.

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