Shardlake: la recensione della serie TV con Arthur Hughes

Su Disney+ è arrivato Shardlake,il giallo storico ambientato nell'Inghilterra Tudor: ecco la nostra recensione

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Dopo Shōgun, arriva un’altra serie in costume ma con un taglio completamente diverso.

Shardlake adatta il primo romanzo della serie (Dissolution, 2004), opera di C.J. Sansom. Dove Shōgun reinventa, semplificando, la vera storia dell’ascesa di Tokugawa Ieyasu, Shardlake è invece un “historical crime” che vede protagonista Matthew Shardlake, un avvocato gobbo (interpretato da Arthur Hughes, realmente affetto da displasia radiale).

Shardlake: la trama

La storia è ambientata nel 1537 durante l’epoca della dissoluzione dei monasteri, da alcuni (forse più correttamente) chiamata soppressione. Matthew Shardlake viene inviato da Thomas Cromwell ad indagare sull’omicidio del questore del Re in visita al monastero di Scarnsea alla ricerca di motivi per farlo chiudere e sequestrarne i beni. Come in ogni murder mistery che si rispetti, le cose andranno solo a complicarsi…

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Shardlake: la recensione

La prima cosa di cui parlare è il cast, che posso definire come perfettamente funzionale. Arthur Hughes interpreta il suo ruolo con abilità, limitato più dalla sceneggiatura che dalle proprie capacità. Riesce ad esprimere convincentemente i vari stati d’animo del suo personaggio, lo rende immediatamente comprensibile allo spettatore e sa quando alzare e abbassare i toni.

Il problema è più che altro nella sceneggiatura: tutto quello che passa nella testa del personaggio viene comunicato allo spettatore verbatim. Non ci viene lasciato un momento per indovinare, per apprezzare il non detto, per tentare di leggere tra le righe. Se paragonato a lavori come Shōgun o Game of Thrones (o persino il Tenente Colombo) emerge chiaramente la mancanza del fascino di quello che è nascosto e dissimulato, di cercare di capire cosa il personaggio sta dicendo realmente, di seguire i suoi ragionamenti.

Probabilmente si tratta di un’eredità del libro, ma poteva adattarsi diversamente.
Lo stesso discorso si estende al resto dei personaggi, che sono esattamente quello che mostrano di essere. E, se non lo sono, ce lo dicono.

Non aiuta come la maggior parte del cast sia composta da personaggi insopportabili, non aiutati dalla loro monodimensionalità. Si arriva alla fine senza un minimo di interesse per questi personaggi, di cui si fatica anche a tenere a mente il nome.
La cosa peggiore non è un quando un personaggio si odia: è quando non ci interessa niente di lui.

Parlando di personaggi, Sean Bean viene spesso elencato come secondo nome nelle liste del cast ed è presente in un posto d’onore nel poster, ma appare solo per una scena nel primo e nel quarto episodio.

Passiamo al periodo storico, che posso definire come un mero “setting”. Il Re è una figura onnipresente, nella cui volontà i personaggi trovano la loro autorità, ma estranea alla storia, così come Cromwell appare, ma rimane ai margini, una figura che non si vuole assolutamente farsi nemica, quasi mitologica.

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Il periodo storico rimane come sfondo, fornisce un’occasione per piazzare la storia, ma fallisce nel fornire qualcosa di unico, qualcosa che poteva esistere solo lì. La Dissoluzione dei monasteri è un momento importante della storia della Chiesa Anglicana, ma rimane mero sfondo: nessuno dei monaci sembra spaventato, indignato o in qualche modo affetto negativamente dall’idea della chiusura del monastero. Sarebbe stato interessante usare la loro arroganza per renderli più interessanti o più attivi, ma invece i personaggi si limitano a stare lì dove sono.

Quella che dovrebbe essere una storia in sfumature di grigio (i monaci non sono dei santi, ma il motivo per cui i monasteri vengono chiusi non ha niente di nobile) viene persa in un dato di fatto, ed è difficile interessarsi tanto del monastero quando i personaggi che lo abitano hanno una, due espressioni. Particolarmente egregio nel caso del Fratello Mortimus, che mantiene sempre un’espressione a metà tra l’annoiato e l’infastidito.

Che il monastero sia soppresso o persista, è irrilevante per lo spettatore: i personaggi che lo abitano sono cartonati con cui Shardlake interagisce occasionalmente, che ogni tanto hanno qualche scena senza il protagonista per dimostrarci che sono esattamente quello che dimostrano di essere. Tuttavia questo non è un grosso difetto, perché il vero motivo per cui seguiamo la storia è l’omicidio che ha dato il via agli eventi. Di conseguenza, questo elemento potrebbe anche non esistere.

Si tratta di un elemento secondario, una giustificazione a monte di cosa ha portato la vittima a trovarsi e perché sia così importante per i pezzi grossi che il mistero venga risolto. Ma l’elemento storico è solamente uno sfondo e la stessa storia può trasportarsi pari pari in qualsiasi altro setting con minime differenze.

Riguardo alla verosimilità di Shardlake al periodo, che dire. Se si ha abbastanza familiarità con le produzioni inglesi, non si rimarrà sorpresi dall’approccio utilizzato. Lascio a voi decidere se è un bene o un male. Sebbene, sarebbe stato opportuno ricordare che la gente che popolava l’Inghilterra del 1500 era leggermente diversa di quella odierna.

Dulcis in Fundo, il mistery che porta avanti la storia. Com’è?

Abbastanza godibile da farmi arrivare alla fine delle serie senza dire “ho perso 4 ore di vita guardando ‘sta roba”. Non c’è niente di particolarmente innovativo o trascendentale: la serie Shardlake segue pedissequamente i canoni del genere, fino al punto in cui è facile capire cosa sta che succedere perché è giunto il momento che un indizio venga trovato o che un personaggio muoia.

Matthew Shardlake è un personaggio intelligente e non perde occasione di dimostrarlo già nella prima scena in cui lo vediamo al lavoro. I suoi ragionamenti sono ordinati, logici. Lo vediamo mettere insieme i pezzi di diverse storie che sono andate intrecciarsi, indagare alla vecchia maniera e arrivare alle sue conclusioni. Si tratta dell’unico personaggio di cui valga la pena curarsi a, fortunatamente, è il protagonista.

In definitiva, Shardlake è una serie TV tutto sommato godibile, con degli sviluppi interessanti nel mezzo e una conclusione che chiude la storia senza deludere lo spettatore. C’è di meglio, si. Ma c’è anche molto di peggio.

Shardlake: il cast

-Matthew Shardlake, interpretato da Arthur Hughes,
-Jack Barak, interpretato da Anthony Boyle
-Thomas Cromwell, interpretato da Sean Bean
-Alice, interpretata da Ruby Ashbourne Serkis
-Simon Whelplay, interpretato da Joe Barber
-Fratello Gabriel, interpretato da Miles Barrow
-Abate Fabian, interpretato da Babou Ceesay

Shardlake: il trailer

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