Io Capitano, il New York Times critica il film

Richard Braude del New York Times ha avuto parole dure nei confronti di Io Capitano di Matteo Garrone

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Il New York Times ha avuto parole dure nei confronti di Io Capitano

Domenica prossima Io Capitano di Matteo Garrone si contenderà il Premio Oscar come miglior film internazionale (qui tutte le nomination). Il film ha ottenuti grandi plausi di critica e pubblico sebbene il Il New York Times abbia qualcosa da ridire.

Il film non racconta tutta la storia – si legge nel pezzo di Richard Braude. Io Capitano deve il suo titolo alle scene finali del film, in cui il protagonista senegalese, Seydou, è costretto a timonare un peschereccio arrugginito che porta lui e altre centinaia di persone dalla Libia a Lampedusa, l’isola più meridionale d’Italia. Le sue azioni eroiche salvano la vita di tutti e il film termina con lui che urla “Io, Capitano!” ancora e ancora, mentre un elicottero ronza sopra la barca. Qui, Seydou è un eroe tanto quanto il celebre capitano di Walt Whitman – “La nave ha resistito a ogni ostacolo, il premio che cercavamo è vinto” – ma sopravvive per raccontare la storia.

Ma riesce a raccontarlo? Il film lascia Seydou con il tuonante elicottero, fermandosi proprio dove molti avrebbero voluto che continuasse. Perché quello che accade accanto a persone come Seydou è l’arresto, l’interrogatorio, processi spesso lunghi e, nella maggior parte dei casi, il carcere. . Chiunque assista un’imbarcazione che attraversa il Mediterraneo con migranti irregolari a bordo può essere accusato di traffico di esseri umani, siano essi operatori umanitari in missione di salvataggio o migranti che, per qualsiasi motivo, si sono assunti la responsabilità di condurre l’imbarcazione verso la salvezza.

Io Capitano ritrae un mondo più semplice, in cui il ruolo dell’Europa nel rafforzare i confini viene eluso piuttosto che affrontato – e in cui la punizione dei capitani è coperta dai titoli di coda. Questo non vuol dire metterlo da parte: quando il signor Cham [un giovane del Gambia, piccolo paese dell’Africa occidentale, che, proprio come Seydou, nel 2015 ha preso una fragile imbarcazione dalla Libia all’Italia – dice sempre nell’articolo il NYT] è andato a vedere il film, ha riso forte dei momenti comici. Ma non bisogna perdere di vista che, che il film vinca o meno gli Oscar, l’Italia continua a imprigionare chi dovrebbe davvero portarsi a casa un premio

Che ne pensate?

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