American Gods: una serie da rivalutare e scoprire

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American Gods: scontro tra il vecchio e il nuovo, tra divinità pagane e tecnologiche; e c’è di mezzo l’America. Una serie da recuperare subito

In American Gods, ambientata all’interno di quello sterminato campo di battaglia che è l’America intera, non ci sono solo le vecchie le nuove divinità a battersi fra di loro per prevalere, ma anche i valori che la stessa America rappresenta, dilaniata da un eredità proveniente dal vecchio mondo (ma non solo) che preferisce guardare a un futuro in perenne costruzione alimentato dalla tecnologia, e quindi dimenticarli (e dimenticare).

Ma questo potrà bastare a bloccare la memoria che queste creature antiche e millenarie incarnano?

Divinità dimenticate anche dal piccolo schermo

American Gods inizialmente è un romanzo di Neil Gaiman del 2001, per poi essere trasferito, nel 2001, sullo schermo da Michael Green e Bryan Fuller (sì lo stesso creatore di Hannibal) nel 2017, all’appello conta tre stagioni, purtroppo incomplete.

La storia è ambientata negli Stati Uniti, dove segue le vicende di un uomo, Shadow, che esce di carcere per i funerali della moglie, e una volta fuori verrà avvicinato da uno strambo personaggio che si fa chiamare Wednesday (interpretato da Ian McShane) che gli propone di fargli da guardia del corpo.

Shadow, viaggiando per le strade d’America insieme a questa misteriosa quanto affascinante figura, scoprirà che egli altro non è che un Dio norreno, ovvero Odino, e che tutto ciò che credeva di conoscere fino a quel momento, verrà completamente ribaltato, messo in discussione (con un’unica richiesta, ovvero quella di credere).

Wednesday trascinerà Shadow nel bel mezzo di una guerra fra “Vecchi Dei”, ovvero la personificazione fisica delle credenze e antichi riti portati dai coloni e schiavi nel Nuovo Mondo (vengono mostrati, nel corso delle tre stagioni, episodi che mostrano l’arrivo, in America, di divinità europee, africane e orientali ) fra cui le figure del Dio-ragno africano Anansi – assente nella terza stagione – Bilquis, la regina di Saba, e la figura del leprecauno Mad Sweeney.

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La paura della tecnologia assume un nuovo volto

E, contrapposti a loro, i” Nuovi Dei” (fra cui Media e The Technical Boy), emblemi della tecnologia (e non solo, un esempio è la rappresentazione del Dio Denaro) guidati dal gentile quanto ambiguo Mr. World.

Odino, con l’aiuto di Shadow, tenterà di portare dalla sua parte queste divinità sperdute e dimenticate nell’arco delle tre stagioni di American Gods, un tentativo che a lungo andare a noi spettatori può sembrare ripetitivo e tirato per le lunghe, complici cambiamenti di schieramento e sottotrame di personaggi secondari, fra cui quella di Laura, la moglie morta di Shadow.

Ed è proprio questo allungamento del racconto che ha portato, insieme a un cambiamento di showrunner nella seconda (dove Fuller e Green sono sati sostituiti da Jesse Alexander) a una poco soddisfacente conclusione (si fa per dire) con la terza stagione guidata da Charles H. Eglee.

E se a tutto ciò si somma a un accumularsi di divinità di cui (senza i racconti del loro arrivo in America) non viene spiegato, tranne che in maniera frettolosa, il loro pantheon e religione, dando quasi per scontato gli spettatori siano degli esperti di miti e divinità pagane, ecco delinearsi la ricetta per l’insuccesso di una serie che avrebbe avuto ancora molto da dire.

Eppure, nonostante una prima stagione entusiasmante e apprezzata dal pubblico (complice anche l’effetto novità), una seconda stagione dispersiva e una terza inconcludente, American Gods è una serie che meriterebbe almeno una visione, dato che di argomenti trattati, sotto la superficie della semplice “ guerra fra Dei”, ne è piena.

Il paganesimo cristiano di Neil Gaiman

Vediamone qui alcuni:

C’è la storia dell’America fin dalle sue origini, fatta di colonizzatori, schiavi neri e emigrati che tentano di mantenere le proprie radici, perché senza radici si finisce per dimenticare chi si è, ed è questo lo scopo che muove tutte le divinità di American Gods, la paura dell’oblio che è anch’essa una morte, perché senza qualcuno che creda in loro, essi sono solo delle leggende, una fiaba da raccontare ai bambini.

E in una terra dalla memoria fin troppo corta che pare aver dimenticato il sangue versato e la fatica per poter diventare patria di quell’agognato American Dream, a dominare nella frenesia e smania di voler creare da sé la propria fortuna, l’America è diventata emblema e personificazione del Progresso, ben esplicitato nella serie tv da Mr. World e da Media (personificazione della televisione, della radio e della cultura pop americana).

Così i questi sono i due capisaldi del Nuovo Mondo e Millennio, risposta al perché oggi non si compiono più sacrifici tribali, i templi vengono distrutti e nessuno pare credere, ormai è in nome della razionalità così come del potere e del denaro che si compiono sacrifici.

Ed è la storia di Shadow, che ha perso la moglie, la fede e rischia di perdere anche la vita in questo scontro, eppure non cede alle lusinghe di Mr. World, e come un Cristo pagano sceglierà di immolarsi, forse per lealtà, o forse perché ha finalmente compreso dove questo viaggio finisce per portarlo (ognuno è artefice del proprio destino, ci dicono, ma in American Gods quello di Shadow inizia e si conclude con una promessa da mantenere).

E soprattutto, è una storia con una morale, che si può riassumere con il nome dei corvi di Odino: Pensiero e Memoria, basta non perderli di vista.

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