La Sala Professori, quando la scuola diventa un thriller | RECENSIONE

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La Sala Professori è candidato al Premio Oscar come Miglior Film Straniero. Ecco perché per noi è un film davvero imperdibile e si merita il premio

“La Sala Professori” è stato candidato al 73esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Attualmente è candidato all’Oscar per il miglior film straniero. Scritto e diretto da İlker Çatak, il film è attualmente nelle sale italiane dopo essere stato accolto positivamente praticamente dovunque, con il 97% di recensioni positive su Rotten Tomatoes.

Ma di cosa parla questo film?

La trama

Carla Nowak, una giovane professoressa al suo primo incarico, insegna matematica e educazione fisica in una scuola. La prima classe che le viene affidata è anche la stessa in cui si sospetta possa operare un ladruncolo, colpevole di una serie di piccoli furti all’interno della scuola. Carla, per evitare che vengano colpevolizzati degli studenti innocenti, decide di iniziare ad indagare personalmente, mettendo però in subbuglio l’intero istituto.

La recensione

İlker Çatak è riuscito a trasformare un film drammatico in un vero e proprio thriller ambientato in una scuola. È stata proprio tale ambientazione a stupire maggiormente, tra i vari elementi che compongono il film. La cosa ancora più sorprendente è che sia effettivamente tratto da una storia vera.

Il regista e il suo co-sceneggiatore, Johannes Duncker, raccontano di essere andati a scuola insieme ad Istanbul e di ricordarsi che, nella loro classe, c’erano due ragazzi che rubacchiavano. Lo sapevano tutti, ma nessuno aveva il coraggio di fare la spia. Un giorno, proprio come si vede nel film, tre professori entrarono in classe e chiesero a tutti di posare sul banco i propri portafogli.

Li perquisirono uno dopo l’altro, finendo per trovare un mucchio di soldi nel borsellino di quei due ragazzi. Questa scena è rimasta impressa nella mente del regista e del suo co-sceneggiatore, tanto da portare alla realizzazione di questo film, con un risultato decisamente ammirabile.

Attraverso questa storia, i due sono riusciti a scavare nella società, collegando tra loro una serie di temi, primo tra tutti quello dell’educazione. Ci ha portato a riflettere sul sistema scolastico come riflesso di una società inquinata dal pregiudizio e dalla speculazione. La sala professori, infatti, ne diventa proprio l’allegoria perfetta, attraverso cui denunciare problemi sociali come il pregiudizio, il razzismo, la disinformazione e la sottile linea che separa una democrazia da una dittatura.

Lo stesso regista ha dichiarato così: “Avevamo l’idea di creare una sorta di pentola a pressione. Abbiamo pensato quindi che una regola dovesse essere quella di restare sempre all’interno della scuola e che valessero solo le scene in cui c’era conflitto. Così tutte quelle tranquille sono state cancellate e l’azione si svolge esclusivamente tra quattro mura”.

“Il film racconta quindi una storia che evidenzia alcuni punti deboli del sistema scolastico troppo rigido, dando per scontato che in tutto il mondo si verifichino situazioni simili”. E conclude: “Il lavoro dell’insegnante è degenerato. Quando ero bambino, i miei genitori dicevano che se gli insegnanti avessero detto una cosa sarebbe stata quella giusta”.

“Oggi invece non vogliono più essere genitori, ma amici dei propri figli e, di conseguenza, non sono più autoritari. Facendo in questa maniera, se i ragazzi non ricevono già a casa una certa educazione non rispetteranno mai un insegnante. Nessuno, infatti, vuole oggi intraprendere questa professione e in Germania mancano 25.000 insegnanti, il che è un problema enorme, ma che capisco. Io stesso non farei mai questa professione “.

Inoltre, è curioso come il regista İlker Çatak, durante tutte le interviste a cui si è sottoposto nel pubblicizzare questo film, abbia indossato sempre una maglietta nera con scritto “I would prefer not to” (“Preferirei di no”), portando gli intervistatori a chiedersi se ci fosse una reale motivazione dietro.

In effetti, non si tratta di una casualità: la frase è tratta da “Bartleby, lo scrivano” un libro di Herman Melville, nonché uno dei suoi preferiti. È proprio da questo libro che il regista ha preso ispirazione nella realizzazione del film. “I would prefer not to” è la frase pronunciata nel racconto dal protagonista Bartleby, che un giorno decide di non voler più lavorare e si rifiuta di farlo, poiché semplicemente “preferirebbe di no”.

Poi decide che “preferirebbe non fare” moltissime cose, finendo anche per digiunare e non dormire. “Bartleby, lo scrivano” è considerato uno dei primi racconti legati alla letteratura esistenzialista e dell’assurdo, ma ancora oggi non è stato compreso fino in fondo. Moltissimi critici si sono dedicati alla risoluzione dell’enigma, ma non sono arrivati ad una risposta univoca su cosa davvero volesse significare il libro.

Anche il regista İlker Çatak, come ha spiegato egli stesso nelle varie interviste, si è posto questo interrogativo per molti anni. Ha confermato di aver letto il libro quando era più giovane, ma di non averlo capito. Quando però il film ha cominciato a prendere forma, tutto è diventato più chiaro.

Finalmente è riuscito ad entrare nella mente dello scrivano e a decifrare il messaggio dietro a quel secco “preferirei di no”. Eppure, questa espressione non vuole essere un abbandono alla vita, una resa prima di un effettivo scontro. Si tratta molto semplicemente di un inno all’autodeterminazione, di una rivendicazione della propria identità e, soprattutto, della propria individualità, con un conseguente rifiuto di conformarsi alla massa e della scelta di praticare l’ozio e il silenzio.

Bartleby contempla una vita tranquilla, senza alcun tipo di pressione esterna, dettata dalla società che lo circonda. Se non gli va di fare qualcosa, lo dice, ma sempre con calma ed educazione.

La professoressa del film, Carla, intraprende la caccia al ladro con tutte le buone intenzioni, ma finisce per essere etichettata come la “cattiva”. È consapevole che il responsabile possa non essere necessariamente tra gli studenti, come si è voluto far credere, ma tra gli adulti e, per questo motivo, finisce per far licenziare una delle segretarie della scuola.

Il figlio di questa donna, nonché alunno di Carla, accorre giustamente in difesa della madre, dando inizio ad una serie di atti ribelli nei confronti dell’insegnante. Questi sono però dei tentativi passivi di affermare la propria posizione. Se al bambino viene chiesto di uscire dall’aula, lui non lo farà: “preferisce” rimanere lì, asserendo di conseguenza il suo “essere”, ontologicamente parlando.  

È questo ciò che contraddistingue Bartleby e il bambino de “La sala professori” che, per opporsi ad un sistema da cui si sentono oppressi, decidono di ribellarsi silenziosamente. Alla fine, ne escono entrambi vincitori, sembrando quasi due re, proprio come si può evincere dalla meravigliosa sequenza finale del film, in cui il bambino esce di scena con un’eleganza e una regalità tali da imprimersi nella mente dello spettatore.

In conclusione, “La sala professori” è un film imperdibile. Per questo motivo, vi consigliamo di andarlo subito a vedere al cinema e di immergervi in una storia ricca di suspense e di colpi di scena. “La sala professori” è attualmente nelle sale italiane. Non perdetevelo!

Il cast

Carla Nowak, Leonie Benesch
Oskar, Leonard Stettnisch
Bettina Bohm, Anne-Kathrin Gummich
Thomas Liebenwerda, Michael Klammer
Milosz Dudek, Rafael Stachowiak

Il trailer

A cura di Laura Macaluso

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