Arrival: la spiegazione del finale del primo capolavoro di Villeneuve

Arrival è un capolavoro sottovalutato del regista di Dune, Villeneuve, che già nel 2016 faceva intuire tutto il talento del regista con i sci-fi movie.

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Arrival è un film del 2016, girato dal regista del momento: Denis Villeneuve. Con i due recenti capitoli di Dune (qui la nostra recensione sulla seconda parte del film) ha consolidato la sua posizione come il miglior regista in circolazione per la categoria dei film di fantascienza. Talento già visibile quando, nelle sale di tutto il mondo, approdò proprio Arrival.

Nella Notte degli Oscar del 2017 il film concorreva per ben otto categorie, tra cui miglior film, vincendo la statuetta per miglior montaggio sonoro. Decisamente troppo poco per quello che è molto più di un semplice sci-fi movie. In quell’edizione, l’Academy scelse di premiare Moonlight come miglior pellicola.

Più di qualche critico cinematografico aveva indicato proprio il film di Villeneuve come possibile outsider della gara, per l’originalità della storia narrata e il filosofico messaggio infuso dal film. Noi, dal canto nostro, proveremo ad avallare questa tesi, spiegando il finale di questo capolavoro. Buona lettura!

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Arrival: la trama

Dodici astronavi aliene, soprannominate gusci, calano lentamente sulla terra, creando il panico tra le popolazioni del globo. Ignorando il motivo per cui siano arrivate, i politici e gli eserciti si attrezzano come possono per mettersi in contatto con le forme di vita extraterrestri, mobilitando in prossimità dei gusci avamposti militari, in caso di attacco.

Il colonnello dell’esercito degli Stati Uniti, G. T. Weber (Forest Whitaker), offre alla dottoressa in filologia Louise Banks (Amy Adams) il compito di trovare un canale linguistico per comunicare con gli alieni, insieme ad una squadra di esperti, della quale fa anche parte Ian Donnelly (Jeremy Renner), fisico teorico.

Louise è una delle migliori nel suo campo. Dalle prime scende del film, apprendiamo di un grave lutto da cui è stata colpita: sua figlia Hannah è deceduta giovanissima a causa di una grave malattia, e lei è tormentata continuamente dai ricordi. Nonostante tutto, accetta l’incarico e si dirige con il resto della squadra al luogo dove una delle navi è atterrata dallo spazio, nel Montana.

L’incontro con gli alieni di Arrival avviene dentro la loro stessa nave: attraverso un pertugio nello scafo, gli scienziati giungono ad una barriera trasparente che separa l’interno dall’esterno. Dietro di essa, si palesano due enormi creature con molteplici zampe, ribattezzate eptapodi, ai quali vengono dati i nomi di Tom e Jerry. Comunicare tra le due specie sembra impossibile, in particolar modo tramite la parola. Louise, allora, scopre come gli alieni comunichino tramite segni semi-circolari che disegnano con un gas emesso dai loro tentacoli, utilizzando la barriera come lavagna.

In Arrival, Louise e Ian realizzano un vocabolario base per porre semplici domande a Tom e Jerry, utilizzando i loro stessi segni e interpretando le loro risposte. Un giorno, quello che ottengono dagli alieni, è una parola criptica: “offrire arma“.

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Lo scopo di Louise e Ian è, adesso, quello di interpretare cosa intendano gli alieni con quella frase: se vogliono offrire un’arma ai terrestri per un qualsiasi motivo; oppure se desiderano che siano i terrestri a fornire loro un’arma. Inizia una corsa contro il tempo, perché il panico si espande velocemente, sia nell’avamposto che nel resto del mondo, con alcuni governi che dichiarano guerra agli eptapodi di Arrival.

Giunti nuovamente nel guscio, i due scienziati chiedono ancora una volta a Tom e Jerry un significato più chiaro sul loro messaggio, ricevendo come risposta una infinita schiera di disegni, apparentemente, incomprensibili. Concentrati nell’osservare i segni, i due protagonisti di Arrival non si accorgono di una bomba pronta a esplodere proprio vicino a loro, innescata ad alcuni soldati paranoici. Solo il tempestivo intervento di Tom salva Louise e Ian da morte certa, spingendoli fuori dalla nave.

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Soccorsa dai militari insieme a Ian, Louise continua ad avere visioni sempre più frequenti di sua figlia scomparsa, chiedendosi, sorprendentemente, chi sia la bambina delle sue visioni. Arrival inizia ad assumere contorni sempre meno nitidi. Intanto, il governo cinese invia un ultimatum al guscio sul suo territorio, minacciando l’attacco se non lascerà il territorio cinese.

Louise cerca risposte, sia al messaggio degli eptapodi, che alle visioni che ormai la tormentano continuamente, scoprendo, grazie a Ian, come la parola “tempo” ricompaia puntualmente nei messaggi che Tom e Jerry avevano mostrato prima dell’esplosione. Ritornata sulla nave di nascosto, apprende da Jerry che Tom sta morendo, probabilmente vittima dell’esplosione. L’alieno, finalmente, rivela il significato del suo messaggio: sono giunti sulla terra per insegnare agli umani il loro linguaggio, perché in futuro il loro mondo sarà sul crollo della distruzione e proprio gli umani dovranno aiutarli a evitare che ciò accada.

L’arma a cui l’alieno di Arrival fa riferimento è proprio la loro lingua: comprenderla è il modo per percepire il tempo in maniera diversa dagli esseri umani, quindi in maniera non lineare, avendo la possibilità di prevedere il futuro. Jerry si conceda da Louise chiedendole di usare proprio questo mezzo per salvare il futuro.

La filologa finalmente ha chiaro il motivo delle sue visioni: dovrà trovare il modo di far cessare l’attacco cinese e, irrimediabilmente, scegliere cosa fare del proprio futuro. La sua futura bambina, infatti, sarà figlia proprio di lei e Ian, come apprenderà in seguito.

Riuscita nella sua missione, al termine di Arrival, Louise sceglierà di vivere la sua vita come ha visto guardando nel futuro, andando incontro al suo destino ma decidendo, comunque, di vivere l’immensa gioia di conoscere sua figlia.

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Arrival: influenze e spiegazione del finale

Apparentemente senza un chiaro svolgimento fino alla rivelazione di Jerry, Arrival dissipa le nubi nella mente dello spettatore sorprendendolo con un’inaspettato ribaltamento del concetto di tempo. Proprio il tempo è il tema chiave della pellicola: gli uomini lo percepiscono in maniera lineare, con la possibilità di procedere solo in avanti attraverso di lui, senza conoscerne il proseguo. Per gli eptapodi è diverso: concepiscono il tempo grazie a dei simboli tangibili, che gli permettono di viaggiare attraverso esso, dandogli la possibilità di guardare il futuro.

La tematica della percezione del tempo era stata già affrontata in un film poco precedente ad Arrival: Interstellar del 2014 (qui una nostra spiegazione del finale), di Christopher Nolan. Verso la conclusione del film, Cooper (Matthew McConaughey) scopre come le entità future della razza umana, con le quali entra in contatto, considerino il tempo come quadrimensionale, potendo andare avanti e indietro a loro piacimento. Grazie a questa scoperta, troverà il modo di inviare un messaggio con il codice morse alla figlia Murph, per aiutarla a salvare l’umanità.

Concetti difficili da elaborare in un film. Eppure, sia Nolan che Villeneuve, riescono nel loro intento, dandoci delle spiegazioni sensate e condivisibili su argomenti dei quali sappiamo pochissimo, fermo restando che la base scientifica sia una cosa e la fantascienza un’altra. In ogni caso, in Arrival, scopriamo come non ci sia un limite al concetto di tempo e di come questo “dono” di guardarci attraverso metta in crisi tutti i nostri piani futuri e scelte.

Anche il mezzo di comunicazione con gli alieni tramite segnali non è nuovo alla storia del cinema. Da Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Spielberg, fino a Signs di Shyamalan, vediamo come la corrispondenza tra esseri umani e alieni conosca mille interpretazioni diverse. Nel primo gli umani comunicano tramite messaggi luminosi; nel secondo sono gli alieni a comunicare il loro imminente attacco con i cerchi nel grano. Arrival è molto più similare al film di Spielberg del 1977, con alieni più propensi alla comunicazione, che all’attacco.

Il tentativo di un linguaggio universale tra umani e alieni è la trasposizione della ricerca di dialogo tra i popoli. Dove le barriere linguistiche dividono, si può sempre trovare il modo di comunicare e cooperare. Un messaggio mai banale e sempre attuale. Dove c’è incomprensione, come in Arrival, l’unica via definitiva sembra essere la guerra. Non conoscere provoca paura e l’unica chiave per superare la tensione è proprio Louise, che con il suo dono porrà fine alla guerra, ma ad un prezzo altissimo.

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Arriviamo, quindi, alla spiegazione del finale di Arrival: perché il personaggio di Amy Adams sceglie di andare incontro al suo futuro, nonostante ne conosca già l’epilogo? Louise è una scienziata, è abituata a pensare in maniera razionale, ad affrontare una problematica e risolverla. Per tutto il film il suo ruolo è distaccato, per poi evolvere verso una concezione più distante dalla scienza e convergente con la filosofia e il significato della vita. Il viaggio che compiamo è l’insieme delle esperienze che viviamo lungo il tragitto, sia dolorose che felici.

Louise sceglie di intraprenderlo perché la gioia di conoscere e vivere una parte di questo percorso con sua figlia Hannah (nome palindromo, in riferimento al concetto di tempo degli eptapodi), è maggiore che immaginare un futuro e non assaporarlo. La sua scelta non è più razionale, ma è dettata dal cuore, simbolo dell’eterna lotta tra queste due entità che cercano di prevalere l’una sull’altra.

Le ragioni che spingono il cuore a scelte irrazionali sono spesso incomprensibili, come la scelta di Louise in Arrival risulta inconcepibile da Ian quando, dopo la morte della figlia, scopre che la moglie avrebbe potuto evitare tutto questo semplicemente non facendo avverare quel futuro. Louise e Ian rappresentano le due correnti di pensiero con cui si identificano gli esseri umani: la scelta di seguire la mente o il cuore.

La maestria di Villeneuve è racchiudere questo concetto nel dialogo finale tra i due protagonisti, in un momento di estremo romanticismo e riflessione, che riassume l’infinita azione di dover fare delle scelte, anche se controcorrente.

Per i motivi che vi abbiamo spiegato in questo articolo, riteniamo che Arrival avrebbe meritato molta più considerazione agli Oscar del 2017, ribadendo che il regista di Dune abbia confezionato un vero e proprio capolavoro.

credits: youtube, Film Passion

Sperando che questa interpretazione di Arrival vi sia piaciuta, vi chiediamo di commentare e farci sapere cosa ne pensate nei commenti!

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