Waterworld: Kevin Costner e la produzione da incubo del cult post-apocalittico

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Waterworld ha ancora i suoi detrattori, anche se molti lo hanno rivalutato: ma sapevate che la produzione di questo cult di Kevin Costner fu davvero terribile, ed ebbe ogni sorta di guai?

Waterworld: la post-apocalisse acquatica

Waterworld rimane uno dei progetti più controversi e criticati di Kevin Costner: oggi un cult, fu tuttavia preso in giro all’epoca e faticò a recuperare l’investimento dimostrandosi un classico esempio di blockbuster mal gestito. Ancora oggi sono noti i numerosi problemi che piagarono la produzione, rendendo la realizzazione del film più complicata che mai.

La trama è nota: nel futuro le calotte polari si sono sciolte (scenario per nulla improbabile, come sappiamo) e la Terra è diventata un mondo marino senza più terre emerse. Un marinaio solitario (Costner) viene coinvolto nella ricerca della leggendaria Dryland, l’ultima terra, scontrandosi nel frattempo con dei banditi del mare e dovendo proteggere una bambina a guardia del segreto, Enola.

Un film scritto e riscritto

Fin dall’inizio la realizzazione del film si dimostrò estremamente difficoltosa. Nato come “copia” della saga di Mad Max, venne ideato nel 1986 ma scartato fino al 1992, quando Kevin Costner e il regista Kevin Reynolds furono accolti nel progetto. Al loro arrivo c’erano già state differenti riscritture, con idee confuse che andavano da un film per bambini a qualcosa influenzato dalla storia di Elena di Troia.

Joss Whedon, proprio lui, venne coinvolto per rimaneggiare la sceneggiatura ma se ne andò affermando che quello che gli veniva chiesto era in pratica aggiungere le idee dello stesso Costner. Il film venne girato alle Hawaii per risparmiare sui costi, ma questo comportò di dover affrontare diverse tempeste di pioggia e venti forti, che disturbarono le riprese e causarono danni sul set per milioni di dollari.

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Mille pericoli

Il set stesso era molto pericoloso, anche per il cast: Jeanne Tripplehorn e Tina Majorin, le due protagoniste femminili, quasi annegarono su un trimarano che stava affondando, e anche il stunt double di Costner rischiò l’annegamento. Inoltre, le riprese dovevano essere interrotte continuamente perché gli attori fossero portati via dal set, che era in mare aperto… per poter andare in bagno.

Le difficoltà si dimostrarono presto innumerevoli, mentre il budget saliva: era difficilissimo filmare senza inquadrare neanche un lembo delle isole vicino al set (in teoria nel mondo del film non esistono neanche isole), e gli attori dovevano mettere continuamente crema solare perché giravano sotto il sole per tutto il giorno. Si giunse alla fine solo con enorme fatica.

Un mezzo flop

Non è finita, perché l’edizione del film originale durava qualcosa come tre ore. Dovette essere tagliato a poco più di due per essere distribuito. Non servì a molto perché venne deriso dai critici e Dennis Hopper vinse anche un Raspberry Award come peggior attore non protagonista nel 1995.

Rivisto oggi, diciamolo, non è così male. I personaggi non sono forse trattati in maniera troppo brillante, alcune delle sequenze d’azione lasciano un po’ a desiderare sfiorando il trash e, dopo quindici anni di film post-apocalittici, oggigiorno non ne possiamo più del tema. Ma non si può negare come, comunque, per l’epoca Waterworld sia stato un film in fondo originale, per non dire in un certo senso “coraggioso”.

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