Sciame: fandom tossico, traumi familiari e violenza insensata | RECENSIONE

Sciame
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Sciame è la nuova serie creata da Donald Glover e Janine Nabers che trovate su Amazon Prime Video: sette episodi intensi da vedere tutto d’un fiato!

Si chiama Sciame (Swarm) la nuova serie che vede il ritorno di Donald Glover alla produzione televisiva, in coppia con la sceneggiatrice Janine Nabers. Sette episodi, disponibili su Amazon Prime Video, che raccontano una storia di violenza grottesca, in bilico tra comedy e drama, con il mondo della musica a far da sfondo inquietante. Per chi ancora non l’avesse vista, tutto quanto segue è chiaramente da considerarsi SPOILER.

Protagonista è Dre (Dominique Fishback), una ragazza timida e problematica che rimane traumatizzata dall’inaspettato suicidio della sorella Marissa. Con lei condivideva un grande amore per la musica della popstar (inventata) Ni’Jah, e quando Marissa scompare Dre tramuta questa passione in un complicato mezzo di elaborazione del trauma, che scatena in lei un bisogno di violenza.

Violenza scatenata e rappresentata (anche acusticamente) dallo “sciame”, il nome informale che assume l’esercito di fan di Ni’Jah, del quale Dre si considera fiera adepta. La ragazza procede quindi ad assassinare a sangue freddo chiunque sui social abbia osato insultare o anche solo esprimere disgusto per Ni’Jah, e collateralmente chiunque intralci la sua furia.

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Il suo comportamento è chiaramente psicotico e affonda in una serie di traumi infantili e familiari, a cominciare dalla sua adozione (che ci viene svelata in seguito) e successivo respingimento da parte della famiglia di Marissa. Un episodio speciale dei sette, parodia di un documentario poliziesco, ci svela tutti questi retroscena.

Dre agisce sullo sfondo di uno spaccato scoraggiante: una società malata tanto quanto lei, fatta di personaggi disfunzionali quando non apertamente perversi, ci trova a tratti simpatetici nei suoi confronti, a tutto l’opposto. La morale nella serie, come in tutti i migliori prodotti narrativi contemporanei, non segue una bussola precisa ma è incerta, imprecisa e indefinita fino all’ultimo.

Intelligente il commento sul fandom tossico che si esprime specialmente tramite social: Twitter, dove i fan della popstar minacciano apertamente la morte di chi non condivide la loro fede; Dre non fa altro che mettere in pratica le minacce. E poi Ni’Jah è chiaramente una parodia di Beyoncé: viene chiamata Queen Bee e si fa riferimento anche a una sorella sottovalutata e più talentuosa (come Solange).

Il finale sorprendente ricalca sulla mitizzazione della figura della popstar come punto di riferimento per le nuove generazioni, orfane di religioni e ideologie. Il motivo per cui youtuber, influencer e divi dello spettacolo sono amati più che mai: costituiscono nuovi idoli da osannare, ammirare e a cui guardare come guide.

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In definitiva Swarm è una serie atipica, a tratti imprevedibile e di sicuro impatto, che cede a una violenza lancinante ma trattenuta e non si risparmia nella rappresentazione di nudi, specie maschili (peni compresi, ma non uno eretto: a quanto pare quello ancora non si può mostrare) e nella creazione di scene esplicite, apertamente provocatorie e spesso perversamente divertenti.

Punto di forza da rimarcare: il personaggio di Eva, la leader di una improbabile setta che si spaccia per “gruppo per l’empowerment femminile” interpretata da Billie Eilish nel suo primo vero ruolo da attrice. Ragion per cui Running Scared, l’episodio quattro, brilla forse come il migliore della serie.

Concludendo, Swarm è un prodotto di qualità che soddisfa tutte le aspettative legate a una produzione targata Donald Glover e mostra come nella serialità di oggi ci sia ancora spazio per ottimi progetti una tantum. Una allegoria complessa e dai toni funesti, da guardare con interesse e cercando di svelarne i significati, come piace a noi.

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