Wild Hearts Recensione: a caccia di Kemono nelle praterie

Wild Hearts, il nuovo titolo di Omega Force, è stato una vera e propria sorpresa: la recensione delle nostre giornate a caccia di Kemono

Wild Hearts Recensione
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Vogliamo mettere subito le mani avanti: prima di Wild Hearts, chi scrive, non aveva mai provato un gioco di caccia, per cui non aspettatevi di trovare il nome di Monster Hunter da qui fino a fine “recensione”. E di fatto, forse, è proprio questo l’aspetto più divertente e affascinante: non avere un metro di paragone e raccontare il nuovo titolo di Omega Force, pubblicato da Electronic Arts, disponibile dal 17 febbraio, senza alcun tipo di influenza.

Qui in redazione siamo grandi fan delle katane, ma, ancora di più, amiamo le katane nei videogiochi. Negli ultimi tre anni, la spada giapponese è stata la nostra principale compagna di viaggio, soprattutto in un paio di opere che reputiamo imprescindibili nella vita: Sekiro: Shadows Die Twice ed Elden Ring (se ve la siete persa, ecco la nostra recensione di Elden Ring), con la Katana Lunavelata che ci ha guidato nelle tortuose vie dell’Interregno fino a endgame inoltrato.

È inevitabile, pertanto, che l’inizio di Wild Hearts ci abbia del tutto rapito, vuoi per quella rappresentazione così curata del Giappone feudale – il Giappone la sua porca figura la fa sempre, c’è poco da fare – che mostra sin da subito un lavoro artistico davvero notevole da parte di Omega Force, vuoi per la katana in dotazione con la quale parte il nostro viaggio alla caccia di gigantesche creature, i Kemono, tra tacchini che hanno mangiato troppo e famelici scoiattoloni volanti, con la bava alla bocca, pronti a tutto pur di farti ragequittare. Eppure, dopo aver mosso i primi passi su Azuma, un’isola dimenticata da Dio, il nostro unico pensiero è stato: “con la katana si può fare un macello assurdo”.

Tante armi a disposizione

Ora, Wild Hearts mette a disposizione otto armi, tutte diverse fra loro, ciascuna con un moveset unico che cambia di volta in volta l’approccio alle battaglie e che richiede molto tempo per essere padroneggiato. C’è l’arco ad esempio, particolarmente utile (e ci mancherebbe altro penserete voi) contro i Kemono alati e più in generale, una volta assorbite tutte le sue peculiarità, diventerà ben presto una delle armi più forti del gioco; c’è un cannone che, come ogni cannone dall’alba dei tempi, spara devastanti missili terra-aria.

Bene, di tutto questo ben di Dio, a noi, non è fregato praticamente nulla. Siamo partiti con la katana e abbiamo concluso Wild Hearts con la katana. Probabilmente avremo faticato il triplo, specialmente contro alcuni boss in cui avrebbe pagato maggiormente una strategia meno aggressiva e incentrata sul combattimento a distanza. Eppure, ammiravamo la leggiadria – le animazioni sono eccezionali – con cui il nostro alter ego virtuale maneggiava l’arma, il conteggio del danno che aumentava sempre più e pensavamo “perché mai dovremmo cambiare stile di gioco?”.

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Un cinghiale enorme quanto un sessanta pollici con un peso che si avvicina incredibilmente a quello di una portaerei, ci viene contro con gli occhi iniettati di sangue. Rotoliamo per evitare l’impatto che ci avrebbe probabilmente spedito fuori dallo schermo; gli andiamo dietro e premiamo Y del controller Xbox per innescare il primo di una lunga serie di fendenti. Si riempie, come per magia, un’apposita barra a suon di affondi e la katana come si allunga, diventando una sorta di frusta iper-affilata che amplifica il range di attacco. Il Kemono attiva la sua seconda forma, ancora più brutale – non sai quanto gli manca prima di crollare al tappeto perchè non hai visibilità della sua salute – e prova a caricarci nuovamente ma noi schiviamo ancora prima di dargli il fatale colpo di grazia.

Il combattimento è rapido, fluido, così veloce che la telecamera stessa si perde spesso il bersaglio condannandoti a ricevere danni il più delle volte immeritati. I pattern di attacco sono numerosi e vanno necessariamente memorizzati per cui non pensate in alcun modo di chiudere la caccia al primo tentativo. Tuttavia, quando pensi di essere a un passo dalla dipartita, ecco che accade l’inaspettato: parte una sontuosa colonna sonora, sufficiente a regalarti quell’energia in più fondamentale per avere la meglio sulla preda.

I fondamentali karakuri

Un altro elemento di notevole spessore del gameplay di Wild Hearts sono i karacuri, costruzioni in legno che possono essere evocate in game per agevolarti le battaglie (previa avere accumulato la giusta quantità di filo di seta): cubi di legno che, se ammassati insieme, consentono di costruire una barriera difensiva oppure pedane a molla con cui schivare gli attacchi dei bestioni. Tutti i karakuri possono poi essere combinati fra loro per ottenere marchingegni più complessi come una mina gigantesca che esplode all’impatto.

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Quando siamo riusciti a gestire al meglio questa meccanica abbiamo liberato il vero potenziale del titolo e capito di starci realmente appassionando a Wild Hearts. A tal proposito, vogliamo raccontarvi di un momento specifico durante lo scontro contro il boss Dorsorubino, una scimmia gigantesca che ricorda la Scimmia Guardiana di Sekiro. Dopo numerosi tentativi andati a vuoto, per tirarlo giù una volta per tutte, abbiamo provato a costruire una torre ammassando tre scatole una sopra l’altra; abbiamo scalato con velocità da ghepardo la nuova costruzione e, una volta arrivati in cima, salto in alto e attacco in picchiata con la katana che ha attraversato il Kemono, dalla testa alle zampe, in tutta la sua poderosa verticalità. Stremata, la scimmia di roccia e fuoco cade a terra facendo tremare tutta Azuma. Da qui in poi, abbiamo letteralmente raggiunto il punto di non ritorno.

Wild Hearts: conclusioni

Dal punto di vista artistico Wild Hearts è un gioiellino da ammirare con la neve, con la pioggia e soprattutto con il sole che brilla luminoso nel cielo. Dal punto di vista prettamente tecnico invece, abbiamo deciso di prediligere la modalità performance per massimizzare al massimo la fluidità negli scontri. La modalità grafica migliora leggermente la qualità complessiva di Wild Hearts regalando un discreto colpo d’occhio che però si scontra inevitabilmente con il gameplay e l’esperienza ludica generale dell’opera.

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Wild Hearts | testato su Xbox Series X

RECENSIONE
VOTO
8
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Avatar di Andrea Baiocco
Amo la birra, il running e i videogiochi. Sogno un'Ipa al pub con Kratos e una scampagnata con Nathan Drake. Parlo di videogiochi anche sul mio sito web Freaking News (https://freaking.news/) e in Podcast su Spotify.
wild-hearts-recensioneWild Hearts mi ha stregato così tanto che dieci minuti liberi erano più che sufficienti per avviare una caccia nella consapevolezza che sarei poi rimasto bloccato per almeno un'altra mezz'ora. Game, set e match. Un gioco di caccia davvero ben costruito e appagante che vi regalerà grandi soddisfazioni.