Le band musicali più sottovalutate di sempre, Parte 4 [LISTA]

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Scopriamo quali sono state alcune delle band più sottovalutate nel corso degli anni, ascoltiamole e proviamo a rivalutarle

Accendiamo ancora una volta i riflettori su quelle band che nel corso degli anni sono state sottovalutate dal pubblico mainstream e dall’industria musicale nel suo complesso. Band che sono state offuscate dalle big del momento, ma non perché avessero meno talento. Semplicemente non hanno avuto lo stesso impatto o la stessa radiodiffusione.

Avrebbero meritato di più? Si poteva dare più enfasi al loro contributo musicale? Proviamo a dare una nuova chance di ascolto a queste band! Come abbiamo fatto per le altre parti di questa rubrica presenteremo una band per decennio (dagli anni ’60 in poi) evidenziandovi una canzone rappresentativa e un album che potrete rivalutare o sentire per la prima volta se vi fosse sfuggito.

Anni ’60 – The Zombies

Gli Zombies sono stati una band magnifica dal punto di vista vocale, compositivo e strumentale. Odessey & Oracle, il loro album uscito nel ’68, è assolutamente da rivalutare. I loro arrangiamenti vocali ricordano la musica corale del 18° secolo. Il loro singolo Time of the Season arrivò terzo nelle classifiche pop statunitensi.

In quel periodo però dovettero fare i conti con un certo quartetto di Liverpool che stava conquistando il mondo. Ma a differenza dei Beatles, quasi nessuno oggi ricorda i loro nomi o come si vestivano o portassero i capelli. Quindi oggi potremmo sentire una loro canzone ed apprezzarla senza riconoscerli in una fotografia.

Nel 1964 la loro canzone She’s Not There divenne un successo mondiale, tanto che fu ripresa 50 anni dopo, ovvero nel 2014, per farne uno spot di Chanel con Keira Knightley. Nel 2016 il brano entrerà nella Hall of fame Award. Per qualsiasi amante della musica non sarà difficile carpire la bravura e il talento di questa band sottovalutata.

Brano consigliato: Time of the Season
Album consigliato: Odessey & Oracle

Anni ’70 – King Crimson

Un solo aggettivo li descrive al meglio: unici. L’album In the Court of the Crimson King è definito la culla del progressive rock come genere.  All’interno si trovano canzoni maestose, potenti, brutali e stridenti, non c’era mai stato nulla così prima di loro. Una band che negli anni ha evoluto il suo sound, anche a motivo dei continui cambi di formazione. Capitanati dal genio di Robert Fripp sperimentano rock psichedelico, folk, heavy metal, new wave, influenzando molti artisti moderni.

Insieme a loro negli anni ‘70 altre band stavano cercando di elevare il rock fuori dalle piste da ballo e dal semplice intrattenimento, Moody Blues e Procol Harum, ad esempio, che però riusciranno a godere di una fama maggiore. Nonostante siano stati una band sottovalutata i King Crimson hanno saputo dimostrare che un musicista elettrico non ha nulla da invidiare ad uno classico.

I King Crimson sono stati dei maestri nel ricucire insieme generi diversi in maniera spregiudicata e irriverente, talvolta anche troppo in anticipo sui tempi. Il loro era un sound che richiedeva di essere ascoltato con attenzione e compreso. Una caratteristica che poteva risultare a livello commerciale poco appetibile e che potrebbe aver contribuito a farli finire nel calderone delle band sottovalutate anziché in quello delle più apprezzate.

Brano consigliato: 21st Century Schizoid Man
Album consigliato: In the Court of the Crimson King

Anni ’80 – Tears for Fears

Gli anni ’80 sono stati ricchissimi di mode e tendenze diverse, e hanno visto la nascita di una scena musicale incredibile. Scena che però iniziava già a guardarsi alle spalle trasformando le sonorità che arrivavano dal ventennio precedente. Una band, fra diverse, che non ottenne mai il giusto riscontro in quegli anni furono i Tears for Fears, band sottovalutata che fece tanta bella musica.

I Tears for Fears sono stati un duo britannico composto da Roland Orzabal e Curt Smith (oggi la band è ancora in attività, ma si è sciolta e riformata più volte). Molti ricorderanno il loro brano più celebre: Mad World. Canzone che arrivo all’orecchio di molti grazie al film cult Donnie Darko che conteneva però la versione rivisitata da Gary Jules.

Una splendida cover che fece conoscere ed apprezzare al grande pubblico uno dei gioiellini di questa band sottovalutata. Guidati da un synth pop accattivante e contagioso i Tears for Fears incisero brani come Shout e Everybody Wants to Rule the World, dischi che ebbero molto successo e che ancora oggi vengono riproposti come cover da grandi artisti. Spesso paragonati ai più famosi Joy Division, ma non raggiunsero mai quel grado di popolarità.

Canzone consigliata: Sowing the Seeds of Love
Album consigliato: The Hurting

Anni ’90 – Mudhoney

Per molti versi questa band è stata l’atto grunge definitivo. Nel loro EP di debutto Superfuzz Bigmuff è presente un sound garage anni ‘Sessanta’60 iniettato di volume e veleno. Il loro look a base di jeans strappati e camicie di flanella divenne un po’ il simbolo di quella generazione di rocker che stava arrivando dietro di loro e che li avrebbe oscurati.

I Mudhoney sono stati una band che ha cercato di mantenere sempre intatta la purezza del suo stile rock and roll selvaggio. Mentre cercavano di mantenere fede ai loro valori il successo delle band affini esplodeva e loro restavano una nota a piè di pagina. La prima vera e propria band grunge veniva sottovalutata a favore delle nuove star.

Pensate che uno dei primi a definire e usare il termine grunge (che significa in pratica sporco, sudicio, ruvido) è stato proprio Mark Arm, cantante dei Mudhoney agli inizi degli anni ’80. Poi nel ’94 arrivò la terribile notizia del suicidio di Kurt Cobain e contemporaneamente si alzò un’ondata di hardcore melodico (Green Day, Offspring, Rancid) che spostò l’attenzione del pubblico e cambiò le carte in tavola. Nel ’95 il loro disco My Brother the Cow venne a dir poco ignorato.

Cosa che non fece piacere alla casa discografica (la Warner all’epoca) che non intende rinnovare con loro. Problema che non scalfì minimamente la band che si concentrerà sui live e su altri lavori in studio. A riprova del fatto che sono stati una band sottovalutata, oggi i Mudhoney sono ancora in attività. E sono capaci di fare esattamente quello che sanno fare meglio, ovvero, essere i portabandiera più fedeli dello spirito grunge di Seattle.

Brano consigliato: Touch Me I’m Sick
Album consigliato: Piece of Cake

Anni ’00 – Susan Tedeschi Truck Band

Pur essendo una band di dodici elementi non vengono notati spesso dal grande pubblico. Il Santa Barbara Indipendent (testata giornalistica americana) ha usato la giusta parola per definirli: epici. Aggettivo sicuramente abusato, ma che riferito ad una band moderna dovrebbe far riflettere. La suddetta band sottovalutata è composta da Susan Tedeschi (voce e chitarra) e da suo marito Dereck Trucks (chitarra). Insieme a loro altri dieci musicisti danno vita a un sound blues rock fusion da paura.

Nel 2012 hanno vinto un Grammy Award come miglior album blues (Revelator). Nonostante questo, rimangono ancora un po’ nell’ombra rispetto ad altri artisti blues rock come gli Allman Brothers Band o Stevie Ray Vaughan che hanno molta più notorietà e menzioni. Il loro ultimo disco I Am the Moon è un disco quadruplo. Ma quante persone oggi sono disposte ad un ascolto così importante?

Difficile dirlo viste le modalità di ascolto odierne, non più basate sull’ascolto ad alta fedeltà ma sullo skippare brani a rotazione su un cellulare. Come può una band di questa portata entrate nel cuore di una generazione che negli ultimi vent’anni ha consumato brani usa e getta? Difficile emergere se non per una nicchia, ancora presente e solida, per fortuna, che si rende conto di quanto questa sia davvero una band sottovalutata.

Brano consigliato: Made Up Mind
Album Consigliato: Revelator

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A cura di Alice Corleto