The Menu, i lati oscuri della cucina a 5 stelle [recensione]

The Menu è una dark comedy a tinte thriller che ci trasporta su un'isola privata per un'esperienza culinaria indimenticabile

The Menu
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Se assumiamo come punto di riferimento le uscite cinematografiche più recenti, potremmo dire che The Menu è un Triangle of Sadness in salsa culinaria. Facendo leva sul talento di attori straordinari come Ralph Fiennes, Anya Taylor-Joy e Nicholas Hoult, la pellicola diretta da Mark Mylod ci racconta la degenerazione dell’universo gastronomico, irrimediabilmente corrotto dai dettami della becera ricchezza.

The Menu, la trama

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Lo chef Julian Slowik, interpretato da Ralph Fiennes in The Menu

Una giovane coppia riesce ad ottenere l’ambita prenotazione per un lussuoso ristorante situato su un’isola privata da sogno. I due ragazzi e altri ospiti facoltosi saranno testimoni di un inedito percorso degustativo appositamente ideato per loro da Julian Slowik, chef di fama internazionale. ll cuoco e la sua brigata hanno in serbo per i commensali una serata ricca di sorprese tutte da scoprire.

The Menu, la recensione

La cornice fiabesca

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Anya Taylor-Joy e Nicholas Hoult, protagonisti di The Menu

Fin dalle primissime sequenze che ci vengono mostrate, il mondo dipinto in The Menu emana un inconfondibile tanfo di ricchezza e mediocrità. Quando un uomo comune decide di consumare un pasto fuori da casa, raggiunge la destinazione in macchina, con i mezzi pubblici, o magari a piedi. I ricchi signori protagonisti della vicenda, invece, raggiungono un’isola paradisiaca a bordo di un lussuoso piroscafo, sul quale iniziano a consumare avidamente i piccoli omaggi introduttivi dello chef.

Una volta arrivati a destinazione, lo spettacolo che si presenta dinnanzi agli occhi dei facoltosi ospiti è un vero e proprio miracolo curato nei minimi dettagli. Come per ogni locale d’alto livello che si rispetti, l’esperienza culinaria non inizia all’interno della sala da pranzo o da cena, ma parte innanzitutto dalle radici. Il punto di partenza, infatti, è costituito da un tour dell’isola che ci mostra un ecosistema naturale autosufficiente, che rifornisce l’Hawthorn con materie prime di grande pregevolezza.

Lo scopo alla base della stupefacente visita guidata è quello di far entrare fin da subito gli ospiti all’interno di un’avvolgente narrazione che non comprende esclusivamente l’aspetto gastronomico, ma abbraccia ogni elemento afferente al mondo che permea questa realtà. Una volta entrati a contatto con l’ambiente circostante, i luoghi di lavorazione delle materie prime e gli angusti spazi riservati al personale, il quadro che ne viene fuori è un connubio di tradizione mista ad avanguardia, natura incontaminata e cura maniacale per i dettagli.

Una cucina fin troppo concettuale

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Una delle sofisticate portate del menù ideato dallo chef Julian Slowik

Uno dei principali aspetti ferocemente destrutturati per mezzo della sferzante satira che impregna The Menu sta indubbiamente nella trasformazione del cibo da sostanza a concetto. Il menù elaborato dal genio malato di Julian Slowik è un concentrato di simboli e metafore. Maniacalmente cucito su misura per ognuno dei ricchi ospiti, il percorso degustativo che viene progressivamente servito ci parla in maniera spietata dell’esasperata operazione intellettuale alla base della haute cuisine.

La sofisticata cronaca intessuta lungo l’intero arco narrativo della pellicola dipinge un panorama fatto di rinomati cuochi per i quali l’esperienza culinaria deve distaccarsi dal vile consumo di un pasto, per farsi degustazione ed esplorazione. La necessità fisiologica di cibarsi e il piacere animalesco che ne deriva non sono altro che una componente minoritaria in confronto allo studio, alla tecnica, alla filosofia che elevano la gastronomia a vera e propria forma d’arte contemporanea.

L’unica cosa che lo chef vuole riservare ai commensali è una vera e propria esperienza, in cui a far da padrone è l’elaborazione di un ricercato sistema retorico. L’irrisoria consistenza di portate volontariamente costruite per sottrazione cozza in maniera tragicomica con ricercate presentazioni concettuali, impregnate di storia, scienza e filosofia. È così che una cena stellata si trasforma in un brutale gioco, la cui costruzione del senso è affidata ai commensali, componente ricercata e per questo non commutabile.

Il registro simbolico-metaforico su cui il film gioca, infatti, ricava la propria linfa dalla specificità degli ospiti e dei membri della brigata. Ciascun piatto risulta irrimediabilmente intrecciato al vissuto dei presenti in sala, nonché a quello dei principali collaboratori dello chef, a tal punto da creare una sequela culinaria fatta d’inconfessabili segreti e peccati estremamente perniciosi. Ogni elemento fa parte di uno show che non può essere compromesso.

L’era dei live cooking

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Lo chef sussurra a Tyler il prossimo compito da eseguire

In aggiunta alle mirabolanti presentazioni imbastite dallo chef e dalla sua brigata, il servizio di ogni pietanza viene scandito visivamente da una grafica che richiama alla mente in maniera chiara gli stilemi dei live cooking. La dovizia di particolari con cui le portate vengono accuratamente descritte nelle puntate degli show culinari viene derisa in malo modo, attraverso l’inserimento di dettagli testuali grotteschi e spesso macabri, che nulla hanno a che fare con le vivande.

Tuttavia, la feroce critica inflitta da The Menu ai diffusissimi programmi di cucina viene incarnata in maniera chiara da Tyler, emblema degli effetti negativi conseguenti alla spettacolarizzazione dell’universo gastronomico. Per cominciare da un aspetto di natura socio-economica, il personaggio interpretato da Nicholas Hoult risulta fin dalle prime battute un corpo completamente irrelato rispetto ai compagni di viaggio, indubbiamente contraddistinti da una posizione ben più elevata rispetto alla mediocrità del giovane ospite.

Tyler non rientra affatto in quella ristrettissima cerchia di individui talmente facoltosi da potersi permettere esose cene d’alto livello, ma fa parte della stragrande maggioranza della popolazione che di norma non potrebbe permettersi altro, se non sognare ad occhi aperti davanti alla televisione. Hoult interpreta brillantemente un giovane invasato che ha forgiato la propria fallace conoscenza su show televisivi, ritenendo presuntuosamente di aver sviluppato raffinate competenze in materia, e che sarebbe disposto a tutto pur di ricevere attenzioni dal falso mito dello chef perfettamente esemplificato da Slowik.

A dar voce all’incredulità dello spettatore troviamo Margot, figura che durante l’intero arco narrativo assolve al compito di interpretare i fatti per ciò che sono realmente. Lontana da ogni forma di servilismo, la misteriosa figura impersonata da Anya Taylor-Joy è la vera nemesi di Tyler, in quanto critica ferocemente e a più riprese l’inconsistenza dell’artefatto mondo confezionato per i commensali, deride con nonchalance l’effimera inconsistenza della cucina gourmet e desacralizza sfacciatamente l’aura divina costruita intorno alla figura dello chef.

Un mondo al collasso

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Lo chef e i suoi ospiti assistono ad una macabra esibizione

Oltre a criticare specificamente la degenerazione di una cucina sempre più vicina all’arte e conseguentemente sempre più lontana dalla sua essenza primigenia, The Menu porta a galla i lati oscuri di un mondo ormai non più sostenibile. In tal senso, la figura dello chef Julian Slowik sembra dare sostanza alla celeberrima frase tratta da Il Cavaliere Oscuro: O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo.

Il dispotico capo di brigata ci viene superficialmente mostrato come un tremendo direttore di un’orchestra che si muove all’unisono, guidata in maniera militaresca con gesti secchi e perentori. Il cuoco di fama internazionale mette in atto un atteggiamento brutale, assolutamente mortificante nei riguardi dei suoi sottoposti, lietamente inclini ad essere continuamente vessati dal proprio guru, nonostante costui frustri ogni loro aspettativa senza la minima cura.

Ma la personalità ossessionata, egocentrica e dittatoriale dello chef non è aprioristicamente malvagia, in quanto risulta essere la nefasta somma dei lati più corrotti di questo mondo. Slowik diventa lo specchio di un mondo fatto di critici in grado di consacrare e demolire a proprio piacimento un ristorante, di ricchi commensali che frequentano abitualmente lussuosi ristoranti senza apprezzare minimamente l’esperienza che vivono, soltanto per propagandare agli occhi altrui un consolidato status symbol.

È così che un uomo sinceramente entusiasta vede spegnersi lentamente la propria fiamma e si trasforma in un concentrato di atteggiamenti nevrotici, al servizio di un mestiere che da passione si è trasformato in mera tecnica. In tal senso, con delle citazioni più o meno evidenti a Midsommar, The Menu vuole essere una perversa, grottesca cena purificatrice che riporti al centro della tavola il cibo semplice di un tempo e l’amore più spontaneo che ad esso ci lega.

Una ricetta promossa con riserva

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Primo piano di Margot, interpretata da Anya Taylor-Joy

Se teniamo in considerazione le recentissime dichiarazioni di René Redzepi, pluristellato chef del Noma di Copenaghen, sull’insostenibilità strutturale ormai raggiunta dalla cucina di alto livello, risulta chiaro come The Menu sia per certi versi un film necessario. Puntando su una satira molto schietta, il film ritrae fedelmente il punto di non ritorno a cui siamo giunti, procedendo lungo l’intero arco narrativo in maniera piacevole e scorrevole.

L’efficace regia di Mark Mylod e la sofisticata scenografia sono accompagnate da una sceneggiatura consapevole ed arguta, che si fa troppo verbosa in certe fasi, anziché puntare con maggior convinzione sul registro simbolico. L’elemento più debole risiede forse in alcune sequenze che si spingono eccessivamente sul surreale e in un finale che, se da un lato riesce a trasmettere con forza le proprie intenzioni, d’altro canto non sembra essere equamente supportato dal concreto svolgimento degli eventi.

Al netto di queste considerazioni, The Menu rimane un prodotto estremamente godibile, impreziosito dalla recitazione di un cast ben assemblato e meritevole di ricordarci che la vera gioia culinaria non risiede in freddi esercizi di stile, ma in un sentimento contemporaneamente fisico ed intangibile che fa provare una gioia piena e sincera.

The Menu, il cast

Ralph Fiennes: Julian Slowik

Anya Taylor-Joy: Margot

Nicholas Hoult: Tyler

Hong Chau: Elsa

John Leguizamo: Liebrandt

Janet McTeer: Lillian Bloom

Judith Light: Anne

Reed Birney: Richard

Rob Yang: Brice

Aimee Carrero: Felicity

Paul Adelstein: Ted

Arturo Castro: Soren

Mark St. Cyr: Dave

Rebecca Koon: Linda

Peter Grosz: sommelier

The Menu, il trailer

E voi cosa pensate di The Menu? Per ulteriori news, approfondimenti e recensioni sul mondo del Cinema e delle Serie Tv continuate a seguirci su LaScimmiaPensa.com!

RECENSIONE
Voto:
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Alessio Corsaro
Credo fermamente che la capacità dell'uomo di raccontare e raccontarsi sia il sale della vita. Proprio per questo sono uno studente di Lettere Classiche e al contempo un inguaribile amante della settima arte e della serialità. "The Tree of Life" è il mio manifesto di bellezza, "Il caso Spotlight" racchiude la mia missione, "2001: Odissea nello spazio" la mia idea di sublime.
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