Triangle of Sadness, recensione del film vincitore a Cannes

Dopo il successo ottenuto con "The Square", Ruben Ostlund porta un'altra Palma d'oro a casa grazie a "Triangle of Sadness".

Triangle of Sadness
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Se The Square ha decretato l’ingresso di Ruben Östlund nel panorama dei grandi registi internazionali, Triangle of Sadness rappresenta una solida conferma per il talentuoso cineasta svedese. Il film vincitore della Palma d’oro a Cannes ci riporta sul terreno della black comedy e del politically correct, regalandoci un inquietante affresco sulla ricca, fetida borghesia occidentale.

Triangle of Sadness, la trama

Triangle of Sadness
Carl posa per un casting di moda

Carl e Yaya (interpretata dalla bellissima Charlbi Dean, prematuramente scomparsa soltanto pochi mesi fa) ricevono un prestigioso invito che permette alla giovane coppia di trascorrere una meravigliosa vacanza a bordo di uno yacht di lusso. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, una feroce tempesta si abbatte sulla crociera ed è così che gli eventi prendono una piega decisamente inaspettata.

Triangle of Sadness, la recensione (spoiler)

Il valore totalizzante del denaro

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Una delle scene tratte dal primo capitolo di Triangle of Sadness

Ora a livello semantico, ora a livello tematico, in Triangle of Sadness il denaro assume una valenza assolutamente centrale. Tuttavia, a far da protagonista non è una generica concezione di denaro, quanto il vero e proprio dio Denaro. Il valore concreto e simbolico della moneta permea le vicende lungo l’intero arco narrativo, assurgendo alla funzione di vero e proprio motore immobile attorno al quale ruota ogni cosa.

Il Denaro costituisce il privilegiato argomento di conversazione, un vero e proprio ecomostro in grado di fagocitare ogni tema che non induca a discutere di se stesso. Il lusso attira a sé porzioni di film assolutamente significative, generando delle vere e proprie nevrosi specialmente fra i due protagonisti, Carl e Yaya, uniti esclusivamente dalla ricerca di follower che possano produrre benessere economico. Ritratta nella sua viltà più becera, la ricchezza simboleggia il fine ultimo verso cui ognuno tende in maniera meccanica ed è per questo che definisce in maniera cristallina i tipi umani ritratti dalla pellicola.

Una farsa tragicomica

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Carl scatta un selfie a Yaya a bordo dello yacht

ll secondo capitolo, Lo yacht, ci mostra in maniera esemplare come in questa storia tutto debba mirare alla soddisfazione dei più disparati desideri e delle perversioni dei ricchi privilegiati in nome di un’animalesca frenesia per il denaro. Pur di provare una qualsiasi forma di emozione, gli ospiti dello yacht ricercano qualsiasi escamotage che possa far perdere loro lo status di intoccabili e che possa farli sentire vulnerabili. La crociera di lusso dipinta da Östlund, infatti, somiglia a una patina dorata dietro cui si celano tristezza e un vuoto esistenziale profondo, strettamente connesso all’incapacità di conferire importanza a qualcosa che non abbia un intrinseco valore economico.

Che volto ha il capitalismo più selvaggio? Triangle of Sadness ci presenta un mosaico di visi che dimostrano come la grassa opulenza non possa essere rappresentata come un male fisicamente riconoscibile, anzi. L’esempio più emblematico di tale visione è impersonato da due anziani tremebondi, i quali sostengono di essere padroni di “industrie produttrici di oggetti ad alta specializzazione ingegneristica che esportano la democrazia”. Dietro la sagoma di due dolci vecchietti si cela la violenza più maligna del capitalismo, indorata da espressioni che trasudano un odore stantio di politicamente corretto.

La cena del capitano

Triangle of Sadness
La cena del capitano

La tanto agognata cena del capitano costituisce indubbiamente l’acmé della vicenda messa in scena da Östlund. Il massimo trionfo del lusso, tuttavia, si trasforma presto in uno psicodramma collettivo da cui nessuno dei ricchi ospiti può sfuggire. I frenetici movimenti dalla macchina da presa sembrano trasportarci a bordo della nave, teatro di un malessere sempre più montante che cozza violentemente con le cerimoniose presentazioni delle meravigliose portate culinarie.

Gli opulenti protagonisti vengono messi completamente alla berlina, visti nella loro inconsistenza esistenziale che li rende dei corpi ridicoli in balia della forza della natura, unico agente che sfugge persino al controllo dei padroni del mondo. Tuttavia, nonostante la situazione disperata, gli ospiti della crociera continuano imperterriti ad ingozzarsi in maniera turpe e a bere champagne, perché non conta essere in pericolo di vita; la cosa più importante è esserlo dentro un recinto dorato che possa esemplificare ancora una volta il loro status.

La vera forza dell’essere umano risiede volutamente nelle dipendenti della nave. Sottopagate e sfruttate in maniera indiscriminata, queste donne dimostrano di avere molto più onore di quei vili ricchi di cui puliscono silenziosamente i trasbordanti liquami, disgustosi prodotti della vigliaccheria capitalistica.

Un epilogo debole

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Scena tratta dall’ultimo capitolo di Triangle of Sadness, L’isola

L’ultimo capitolo di Triangle of Sadness ne rappresenta, a nostro avviso, la parte più debole. Il naufragio che mette i ricchi a contatto forzato con la natura più selvaggia risulta essere un cliché già visto nella storia del Cinema e mal si lega alla vicenda precedentemente trasposta. Oltre a ciò, la parte finale sembra essere manchevole di alcuni nessi logici e porzioni di racconto fondamentali, come il destino toccato alla maggior parte degli ospiti in seguito alla feroce tempesta.

Tuttavia, anche la sezione conclusiva della storia ci lascia delle intuizioni interessanti. Östlund prosegue nell’opera di progressiva destrutturazione dei ricchi capitalisti, i quali si trovano a contatto con una natura selvaggia di cui appaiono completamente in balìa. In una totale inversione di ruoli, che se qualche ora prima costituiva un’agognata perversione diventa adesso un’incontestabile realtà, ogni logica di potere preesistente diventa nulla e priva di senso.

Ciò a cui diamo valore economico è totalmente arbitrario, frutto di una mera costruzione occidentale che Triangle of Sadness, pur con qualche passaggio claudicante, riesce a polverizzare con risultati soddisfacenti.

Triangle of Sadness, il cast

Harris Dickinson: Carl

Charlbi Dean: Yaya

Woody Harrelson: Capitano Thomas Smith

Vicki Berlin: Paula

Henrik Dorsin: Jorma Björkman

Zlatko Burić: Dimitrij

Jean-Cristophe Folly: Nelson

Iris Berben: Therese

Dolly De Leon: Abigail

Sunnyi Meles: Vera

Amanda Walker: Clementine

Oliver Ford Davies: Winston

Arvin Kananian: Darius

Carolina Gynning: Ljudmila

Ralph Schicha: Uli

Camilla Läckberg: se stessa

Triangle of sadness, trailer ufficiale

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